I cronisti fiorentini e la scelta del volgare Una nota
- Type de publication : Article de collectif
- Collectif : Les Chroniques et l’histoire universelle. France et Italie (xiiie-xive siècles)
- Auteur : Zabbia (Marino)
- Pages : 237 à 247
- Collection : Rencontres, n° 537
- Série : Civilisation médiévale, n° 46
I cronisti fiorentini
e la scelta del volgare
Una nota
In due passi del De vulgari eloquentia (I, ix, 11 e I, x, 2) Dante ha individuato nel latino – che permette di conoscere le gesta degli antichi – e nella lingua d’oïl – per la sua facilità e piacevolezza – gli idiomi in cui erano composte le opere storiografiche1. L’Alighieri, mentre scriveva quelle affermazioni, non pensava alle cronache cittadine che erano state redatte numerose e in latino nei comuni italiani dalla metà del secolo xii, ma alle storie dell’antichità romana e, molto probabilmente, alle compilazioni sia altomedievali sia più recenti in latino – come il Chronicon di Martino Polono – oltre che ai testi in francese stilati nel primo Duecento che godettero presto di larga circolazione pure in Italia, come Les Faits des Romains o l’Histoire ancienne jusqu’à César2. I commentatori del De vulgari eloquentia individuano in entrambi i passi, e nel secondo in particolare, un debito di Dante con Brunetto Latini e ritengono molto probabile che nel secondo di quei brani l’Alighieri avesse in mente anche il Tresor perché accostano il dantesco « faciliorem ac delectabiliorem vulgaritatem » che giustifica l’uso del francese al « plus delitable et plus comune a touz languaiges » utilizzato da Brunetto con lo stesso fine verso il 12653.
238Ai commentatori del De vulgari eloquentia non è sfuggito il fatto che parole analoghe – « lengue franceise cort parmi le monde et est la plus delitable » – compaiono anche nelle Estoires de Venise composte da Martino da Canal negli anni Settanta del Duecento4. Martino forse conobbe il Tresor che ebbe larga e rapida fortuna, ma è probabile che la sua scelta del francese – di questo autore però si sa veramente troppo poco – fosse dipesa, piuttosto che dal modello fiorentino, dall’influenza di testi storiografici prodotti sia in originale sia attraverso volgarizzamenti già dai primi anni del Duecento nell’Oriente crociato con il quale Venezia era in stretto rapporto. Dante non ebbe modo di leggere le Estoires de Venise, un testo che circolò pochissimo, conosceva però bene il Tresor e, forse, in De vulgari eloquentia I, x, 2 ha pensato anche alla cronaca universale contenuta nel primo libro dell’enciclopedia di Brunetto5.
Il breve profilo di storia redatto da Brunetto in francese incontrò notevole fortuna e, oltre a essere veicolato dai numerosi manoscritti del Tresor, fu all’origine di nuove compilazioni6. Segno di questo favore è anche il fatto che nessuna delle altre parti del Tresor ricevette un simile 239numero di interpolazioni : sia nei codici in francese sia nelle traduzioni italiane la compilazione fu accresciuta con alcune continuazioni e anche arricchendo il testo con altre notizie7. Tuttavia le aggiunte ospitate da quelle revisioni non hanno mutato la natura del profilo che ha mantenuto sempre l’impronta di storia universale che gli aveva dato Brunetto, e non si è mai aperto ad accogliere note di cronaca cittadina neppure recente8. Sul finire del xiii secolo, quindi, a Firenze e più in generale in Toscana – probabilmente la prima stesura in toscano del Tresor venne realizzata a Pisa – il volgare italiano si affiancava al francese come lingua di testi di storia universale prima di diventare, accanto al latino, la lingua delle cronache cittadine.
Nei primi anni del Trecento, quando Dante mise mano al De vulgari eloquentia – il trattato si ritiene composto tra il 1302 e il 1305 – l’ingresso del volgare fiorentino nelle compilazioni di storia universale era un processo ancora in svolgimento, ma importanti passi in quella direzione erano già stati compiuti e di lì a breve – poco dopo il 1312 – Dino Compagni avrebbe composto la sua splendida Cronica, tutta volta alla registrazione dei fatti recenti9. Negli anni precedenti – dai Settanta del xiii secolo – si era avuta una storiografia fiorentina in volgare che prediligeva la storia universale : subito dopo la stesura dell’originale in latino, vi erano state almeno due traduzioni in fiorentino del Chronicon di Martino Polono, una piuttosto fedele all’originale che funse da punto di partenza per una cronaca erroneamente attribuita a Francesco Petrarca, l’altra, con qualche aggiunta, ad opera del giudice Pietro Bonfante. Qualche anno dopo – nell’ultimo decennio del secolo – un’altra traduzione di Martino servì come asse portante per la compilazione di una 240cronaca in cui note di storia locale trovavano posto in un contesto di storia universale10. Negli anni Novanta del Duecento cominciò anche la grande stagione dei volgarizzamenti di opere storiografiche latine dell’antichità nel volgare fiorentino e la prima opera resa accessibile a un più largo pubblico furono le Storie contro i pagani di Orosio, uno dei pilastri della cultura storiografica medievale, tradotte dal giudice Bono Giamboni11. In quegli anni si tradusse la cronaca universale di Isidoro di Siviglia12, ma nessuno pensava di investire impegno nel volgarizzamento delle cronache cittadine scritte in latino – prassi di cui in tutto il corso del basso medioevo italiano si possono riscontrare solo rari e tardi casi13. Invece fu volgarizzata già nel Duecento la Chronica de origine civitatis Florentie, il cui rimaneggiamento toscano più noto, il Libro fiesolano, risale probabilmente agli stessi anni in cui fu composto il De vulgari eloquentia14. La Chronica de origine è un testo dal livello culturale modesto, rientra però in quel canone di opere in cui si parla della storia di Troia e di Roma diffuso dai volgarizzamenti e come tale fu utilizzata anche da Brunetto nel Tresor, che, venendo incontro al gusto del tempo, dedicò qualche attenzione alla fondazione di Firenze.
La sezione storiografica del Tresor richiama la compilazione di storia universale che trova posto nella vita di papa Pelagio I contenuta nella Legenda aurea di Iacopo di Varazze15. Le similitudini tra la sintesi di 241storia presente nella Legenda aurea e quella ospitata nel Tresor – due opere coeve – sono note agli studiosi, ma meritano maggiori attenzioni perché questi brevi testi, così fortunati entrambi, mostrano quale fosse la principale richiesta culturale in ambito storiografico diffusa nelle città italiane. A quanto sappiamo in base agli studi più recenti, sia la cronaca universale di Brunetto sia quella di Iacopo sono opere originali, compilazioni condotte dai due autori su una base di fonti che ancora non individuiamo con precisione anche se è probabile che, al tempo in cui pose mano alla versione ampliata della Legenda, Iacopo conoscesse già il Chronicon di Martino Polono16. L’indipendenza di queste due brevi compilazioni da modelli già definiti costituisce un aspetto di rilievo soprattutto se consideriamo quanto il Tresor come la Legenda aurea per molte pagine riprendano le loro fonti con poche modificazioni. A ciò si aggiunga che pure della Legenda aurea sono disponibili almeno due volgarizzamenti toscani del Trecento, anche se pare che queste versioni dell’opera non ebbero fortuna, o almeno non diedero vita a una tradizione manoscritta paragonabile a quella del Tresor toscano17.
Gli anni in cui si procedette alle traduzioni dal latino all’italiano – i volgarizzamenti veri e propri – coincisero con quelli in cui alcune opere storiografiche redatte in francese vennero tradotte nei volgari italiani. L’ultimo quarto del Duecento è probabilmente il periodo in cui fu realizzata la versione toscana dei Faits des Romains, anche se i più antichi testimoni di questa traduzione risalgono all’inizio del xiv secolo18, e negli stessi anni si procedette pure alla traduzione in toscano dell’Histoire ancienne jusqu’à César19. Il volgare toscano – che già aveva raggiunto alti livelli culturali nella prosa di metà xiii secolo e naturalmente anche nella poesia del secondo Duecento – alle soglie del Trecento è ormai in grado 242di offrirsi come lingua scritta efficace anche per i cronisti cittadini e come tale viene impiegato con sempre maggiore frequenza a Firenze prima e poco dopo in altre città toscane20. I cronisti fiorentini che scrivevano all’inizio del xiv secolo sentivano probabilmente con maggior forza il peso dei modelli trasmessi dai volgarizzamenti piuttosto che quello delle compilazioni duecentesche in latino e quindi inserirono con naturalezza la storia universale nel testo delle loro opere in volgare.
Anche nelle altre città italiane le fortunate compilazioni di storia universale della seconda metà del Duecento interagirono con la cronachistica cittadina, ma di norma questo incontro coinvolse autori laici di cronache e compilazioni in latino dovute a frati francescani e soprattutto domenicani21. Unicamente a Firenze, oltre a portare contenuti e tecniche storiografiche, le sintesi favorirono l’affermazione del volgare e nel quadro cittadino il rilievo assunto dal Tresor, a mio avviso, ha contribuito direttamente a questa affermazione, non solo perché l’autorevole notaio è stato il primo a Firenze a usare un volgare per scrivere di storia, ma anche perché soltanto la sezione di storia universale contenuta nell’opera di Brunetto ebbe una larga e solida diffusione di contro ad altri tentativi tutti molto meno fortunati. Ma, oltre a constatare la larga circolazione di quest’opera in francese e in toscano, possiamo fare qualche sondaggio nelle cronache posteriori per vedere se le notizie raccolte nelle pagine di Brunetto sono state recepite dagli altri cronisti. In questa direzione è inevitabile il confronto con la Nuova cronica di Villani in cui la memoria storiografica di Firenze venne codificata22.
243Già Francis Carmody si era mosso in questa direzione e nella sua edizione del Tresor sono indicati in nota tutti i passi dell’opera di Brunetto che ricompaiono in quella di Villani23. Poiché la Nuova cronica riporta più dettagli e maggiori informazioni a proposito di episodi che sono presenti anche nel Tresor, lo studioso americano ha ipotizzato che tali coincidenze non derivino dalla diretta dipendenza di Giovanni dal Latini ma si debbano a una fonte comune ai due testi ora perduta. L’ipotesi di Carmody, generalmente accolta anche in studi recenti, non è inverosimile : Brunetto che per tanta parte della sua opera dipese da testi già disponibili a Firenze alla metà del Duecento – basti ricordare il debito con il Liber de regimine civitatum di Giovanni da Viterbo che segna il terzo libro del Tresor – avrebbe utilizzato anche una cronaca che circolava in città prima della diffusione dell’opera di Martino Polono e questa sintesi, oggi perduta, sarebbe stata ancora disponibile al tempo del Villani. Ma il confronto tra la Nuova cronica e le versioni toscane del Tresor dimostra come l’ipotesi di Carmody sia infondata : i rapporti tra le due opere, infatti, non mutano aspetto nelle pagine che mancano nell’originale francese.
Qualche esempio può essere utile per chiarire la situazione e portare anche un piccolo contributo alla ricostruzione delle fonti della Nuova cronica. Converrà partire con un passo di storia universale che contiene un singolare errore – Bosone di Vienne che da re di Provenza diventa re di Puglia – di cui non trovo traccia nelle cronache che avrebbero potuto essere fonte di Brunetto (ma di quale codice, ad esempio, del Pantheon di Goffredo da Viterbo egli disponesse non sappiamo)24.
Ecco il testo originale secondo l’edizione curata da Beltrami :
Cil Loys vesqui en son empire II anz ; et quant il fu deviez il ne laissa que une fille qui fui mariee au roi de Puille. Lor vint a Rome Charle Chauve le roi de France et fue empereor un an. Mes por que les guerres crurent diversement en Ytalie, laissa Charles Chauves l’empire de Rome a Loys le Juene, qui estoit fiz a sa niece, la feme au roi de Puille de cui l’estoire parole ci devant25.
244Il passo fu modificato già nella stesura in francese che Carmody suppone d’autore e Beltrami invece ritiene apocrifa :
Cil Loys vesqui en son empire II ans. Et quant il fu deviés il ne laissa k’une fille ki fu mariee au roi de Puille. Lors vint a Rome Karle Chauf le roi de France et fue empereor mains de II ans. Mais por çou ke les guerres crurent diversement en Ytalie, et ke li empereour ki estoient françois n’aidoient mie les romains contre les lombars et contre les autres ki les damagoient sovent et menu, avint il ke par sentence de romains la dignité de l’empire fu tolue as françois et revint as ytaliiens ; dont li premiers fu Loys le joene, ki estoit fiz au roi de Puille et de sa feme, ki fu filie Loys, de cui l’estoire parole ci devant26.
Dalla versione francese più ampia dipende il volgarizzamento toscano α pubblicata da Marco Giola :
Luis visse in del suo imperio meno di due anni, e quando elli passò di vita non lassò se non una figluola che ffue maritata allo rei di Pullia. Allora venne a Roma Carlo, ched era rei di Francia, e ffue imperadore meno di III anni. Ma però che lle guerre crevveno diversamente in ‘Talea, e che l’imperadori ched erano Franceschi non aiutavano di neiente li Romani contra li Lumbardi e contra li altri che lli danmeggiavano, e questo vedeano bene elli, unde male d’avenne loro che, per sentensia dei Romani, la dignitade de lo ’nperio fue tolto loro e ritornò ai Taliani ; unde lo primo fue Lois lo Giovane ched era figliuolo del rei di Pullia e de la sua mollie che ffue filliola de lo ’nperadore Luis, di cui la storia a pparlato dinansi27.
Così infine si legge in Giovanni Villani :
E perché [i Franceschi] non poteano aiutare la Chiesa e’ Romani dalle ingiurie e forze de’ possenti Lombardi, sì ordinaro per dicreto che.lla degnità dello ’mperio non fosse più de’ Franceschi, ma tornasse al’Italiani. E ’l primo imperadore italiano fu Luigi figliuolo del re di Puglia, nato per madre della figliuola di Luigi secondo imperadore che fue de’ Romani e re di Francia, onde adietro è fatta menzione28.
245Per comprendere questo passo è necessario proporre anche la principale fonte di Giovanni, Martino Polono :
Istius tempore ceperunt Ytalici imperare. Exempto enim imperio a Francis, fertur ad Ytalicos secundum sentenciam Romanorum, quia Francigene non adiuvabant Romam contra Longobardos rebellantes et multa ipsis iniurias inferentes, propter quam causam tempore istius Lodoyci dividi cepit imperium29.
Nella versione più ampia il sintetico testo della nota originale del Tresor è arricchito, in maniera abbastanza confusa, con informazioni provenienti dal Chronicon di Martino che ormai circolava ampiamente a Firenze in originale e volgarizzato. Ricorrendo probabilmente a un volgarizzamento, il Villani ha ripreso quasi alla lettera la cronaca universale del domenicano che riporta i fatti correttamente (i possenti Lombardi sono da identificare con i duchi di Spoleto e papa Benedetto IV fu tra i fautori di Ludovico III di Provenza). Vi ha però aggiunto – e poteva trarla solo dal Tresor – l’inverosimile notizia per cui Ludovico III sarebbe stato figlio del re di Puglia e ha terminato la nota con un rinvio a quanto « adietro è fatta menzione » che – pur essendo una formula di rimando consueta nell’opera di Giovanni – non trova sicura conferma nella Nuova cronica, ma piuttosto ripropone la chiusa della notizia nel Tresor.
Ancora maggiore vicinanza al Tresor si riscontra nelle pagine della Nuova cronica dedicate a Manfredi30. Queste informazioni mancano nella stesura originale della compilazione di Brunetto, compaiono però nella versione in francese ritenuta apocrifa da Beltrami e nelle traduzioni, dove l’attenzione per l’Italia meridionale si rivela anche con la presenza in un codice che conserva il Tresor in toscano della Leggenda di Messer Gianni da Procida, confluita poi in forma sintetica nella Nuova cronica31. Alla fine del Duecento a Firenze si era ormai codificato il racconto della fine 246degli Svevi nella forma che la traduzione del Tresor nella redazione α pubblicata da Giola e il Fioretto di croniche degli imperadori trasmettono con qualche variante, ma che altre opere di poco precedenti – come la cronaca di Tommaso Tosco – ancora ignoravano. L’omicidio di Borello d’Anglona, ad esempio, non compare nella continuazione del Tresor francese, ma lo si trova sia nella versione italiana, sia nel Fioretto. Lo stesso vale per il bel racconto del tradimento di Riccardo di Sanseverino, conte di Caserta, a Ceprano che dal Tresor toscano sembra sia confluito nell’opera di Villani, e per la descrizione del comportamento assunto da Manfredi quando ormai la sconfitta definitiva gli fu chiara e la morte da valoroso in battaglia gli parve l’unica soluzione rimasta. Basta il confronto puntuale di un solo luogo per comprendere il carattere del rapporto tra la Nuova cronica e le continuazioni del Tresor. Scelgo un passo presente solo nel Tresor toscano in cui la forma, impreziosita dall’uso del discorso diretto, è più curata che nelle altre pagine :
E quando elli fue al ponte a Ciperana, ed elli vi trovò lo conte di Chaçerta e lo conte Giordano che doveano guardare lo passo con du’ milia cavallieri. E quando doveano vietare lo passo, e llo conte di Chaçerta li lassò passare dicendo al conte Giordano : « Quando ne fino passati alquanti, el noi ne faremo quello che noi vorremo ». E quando ne furono passati alquanti, el conte Giordano disse : « Fieriamo. Nonde lassiamo piò passare ». E ’l conte di Chaçerta disse : « Non este tempo, ché troppo ne sono passati », e girò co la sua schiera e andosine in Chaçerta. E questo non fece se non per tradimento perch’elli aveva certa convensione col papa che ‘l dovea fare lassare quella terra ched elli tenea32.
Questa la versione della Nuova cronica :
Avenne che giunto il re Carlo con sua oste a Fresolone in Campagna, iscendendo verso Cepperano, il detto conte Giordano che a quello passo era a guardia, veggendo venire la gente del re per passare, volle difendere il passo ; il conte di Caserta disse ch’era meglio a lasciarne prima alquanti passare, sì gli avrebbono di là dal passo sanza colpo di spada. Il conte Giordano credendo che consigliasse il migliore, aconsentì, ma quando vide ingrossare la gente, ancora volle assalirgli con battaglia ; allora il conte di Caserta, il quale era nel trattato, disse che lla battaglia era di gran rischio, imperciò che troppi n’erano passati. Allora il conte Giordano veggendo sì possente la gente del re, abandonarono la terra e ’l ponte, chi dice per paura, ma i più dissono per lo trattato fatto da re al conte di Caserta, imperciò ch’egli nonn-amava 247Manfredi, però che per la sua disordinata lussuria per forza aveva giaciuto colla moglie del conte di Caserta, onde da llui si teneva forte ontato, e volle fare questa vendetta col detto tradimento33.
Nella Nuova cronica la causa del tradimento di Riccardo dipende dalla violenza che Manfredi avrebbe fatto alla moglie del conte – che Villani sembra non sapere fosse sorella del re – mentre nel Tresor toscano si rimanda a più verosimili accordi tra il Sanseverino e il papa. Ma, tolto questo dettaglio pur non irrilevante che dipende dai sentimenti ghibellini che segnano l’anonima continuazione, le due opere trasmettono la medesima versione dei fatti al punto che il Villani, in genere bene informato, non conosce il nome del conte di Caserta. Giovanni era solito riprodurre le sue fonti con qualche aggiustamento formale ; non si può quindi affermare senza ombra di dubbio che qui dipenda direttamente dal Tresor toscano, certo però che la versione offerta dalla Nuova cronica somiglia più a questa che a tutte le altre conservate.
Nelle continuazioni della storia universale ospitata nel Tresor di Brunetto la storia universale si evolve e, grazie anche al ruolo di Federico II, diventa con naturalezza storia del regno svevo e angioino. Il ruolo prima di Manfredi e poi di Carlo d’Angiò nelle vicende fiorentine era ben chiaro a Brunetto che dopo Montaperti fu esiliato e che con i vicari angioini collaborò. Non sappiamo con sicurezza se proprio a lui si devono le pagine del Tresor che raccontano quelle vicende, ma l’influenza della sua compilazione, continuata e tradotta nell’ultimo quarto del Duecento, ancora si sente nelle pagine della grande sintesi di Villani. E il ruolo pratico – da « deniers contans » – che alla storia universale ha assegnato Brunetto, riconoscendone l’utilità per l’uomo di governo, si continua ad avvertire nelle numerose note in cui Giovanni ribadisce come le vicende fiorentine possano essere comprese solo se inserite in un quadro di storia universale.
Marino Zabbia
Dipartimento di Studi storici
Università di Torino
1 L’attenzione su De vulgari eloquentia I, x, 2 è stata richiamata già da Ernesto Monaci : cf. Storie de Troja et de Roma altrimenti dette “Liber ystoriarum Romanorum”, testo romanesco del secolo xii preceduto da un testo latino da cui deriva, edito con note e glossario da Ernesto Monaci, Roma, Società romana di storia patria, 1920 (Miscellanea della R. Società romana di storia patria, 5), p. XXIV.
2 Su Dante lettore di Orosio e Martino Polono piuttosto che di cronache cittadine ha scritto una pagina definitiva Arsenio Frugoni, « Manfredi per Dante : lettura del Canto III del Purgatorio », Incontri nel medioevo, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 389-409, a p. 403-404.
3 Rimando solo a due autorevoli edizioni recenti che per i passi in questione ripropongono lo stesso testo : cf. Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, a cura di Enrico Fenzi con la collaborazione di Luciano Formisano e Francesco Montuori, Roma, Salerno Editrice, 2012 (Nuova edizione commentata delle opere di Dante, volume 3), p. 68-69 ; e Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, a cura di Mirko Tavoni, Milano, Mondadori, 2017 (Oscar classici, 85), p. 110-114.
4 Martin da Canal, Les estoires de Venise, cronaca veneziana in lingua francese dalle origini al 1275, a cura di Alberto Limentani, Firenze, Olschki, 1972 (Civiltà veneziana. Fonti e testi, 12), p. 2. Su questo autore cf. da ultimo Serban Marin, « A Chanson de Geste in the 13th Century Venice : the Chronicle Written by Martino da Canal », Medieval and Early Modern Studies for Central and Eastern Europe, 2 (2010), p. 71-122.
5 La sezione storiografica si può leggere in Brunetto Latini, Tresor, a cura di Pietro G. Beltrami, Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni, Torino, Einaudi, 2007, cap. 19-93, p. 37-127. Pietro G. Beltrami, « Per il testo del “Tresor” : appunti sull’edizione di F. J. Carmody », Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di lettere e Filosofia, s. III, 18/3 (1988), p. 961-1009, a p. 975-978, non ritiene si debbano a Brunetto i cap. 94-98 del Tresor e decide di non pubblicarli nell’edizione da lui curata (cf. Brunetto Latini, Tresor […], ed. cit., p. XXIII). Si possono leggere in Li livres dou tresor de Brunetto Latini, édition critique par Francis James Carmody, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1948 (University of California Press Publications in Modern Philology, 22), p. 75-81.
6 Come, ad esempio, il Fioretto di croniche degli imperadori, testo di lingua del buon secolo ora per la prima volta publicato a cura di Leone Del Prete, Lucca, Tipografia dei figli di G. Rocchi, 1858. Sull’argomento è ancora insostituibile Adolfo Mussafia, Sul testo del “Tesoro” di Brunetto Latini, Vienna, Imperiale regia tipografia di corte e di stato presso il figlio di Carlo Gerold, 1869, poi in Tohr Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, a cura di Rodolfo Renier, Firenze, Le Monnier, 1884, p. 279-390, in particolare alle p. 343-366, ma vedi ora Filippo Pilati, « Le continuazioni storiografiche nei mss. dei Fatti di Cesare », in questo volume.
7 Sulle traduzioni toscane del Tresor vedi Marco Giola, La tradizione dei volgarizzamenti toscani del “Tresor” di Brunetto Latini. Con un’edizione critica della redazione α (I.1-129), Verona, QuiEdit, 2010, con la sezione storiografica che è continuata sino alla morte di Carlo I nel 1285, edita alle p. 272-343.
8 Sulle caratteristiche della sezione storiografica del Tresor vedi Maria Teresa Rachetta, « Sulla sezione storica del “Tresor” : Brunetto Latini e l’“Histoire ancienne jusqu’à César” », Medioevo romanzo, 62/2 (2018), p. 284-311 ; e Ead., « Brunetto Latini, la storia universale e la letteratura francese di matrice erudita del primo xiii secolo », Dante e la cultura fiorentina. Bono Giamboni, Brunetto Latini e la formazione intellettuale dei laici, a cura di Zygmunt Barański, Theodore J. Cachey e Luca Lombardo, Roma, Salerno editrice, 2019 (La navicella dell’ingegno, 8), p. 101-132.
9 Ma è con un richiamo alle opere storiografiche dell’antichità – le « ricordanze dell’antiche istorie » – che l’opera si apre. Cf. Dino Compagni, Cronica, a cura di Davide Cappi, Roma, Carocci, 2013 (Classici, 28), p. 31.
10 Sulla fortuna della cronaca di Martino Polono volgarizzata a Firenze nel Duecento è intervenuto di recente Davide Cappi, « Strategie autoriali nelle cronache volgari del Trecento », Scrivere storia nel medioevo. Regolamentazione delle forme e delle pratiche nei secc. xii-xv, a cura di Fulvio Delle Donne, Paolo Garbini e Marino Zabbia, Roma, Viella, 2020, p. 113-131.
11 Su questo volgarizzamento vedi da ultimo Enrico Faini, « Uno nuovo stato di felicitade. Bono Giamboni volgarizzatore di Orosio », Dante e la cultura fiorentina […], op. cit., p. 61-78 ; e Id., « Vegezio e Orosio : storia, cavalleria e politica nella Firenze del tardo Duecento », Storia sacra e profana nei volgarizzamenti medioevali. Rilievi di lingua e di cultura, a cura di Michele Colombo, Paolo Pellegrini, Simone Pregnolato, Berlin-Boston, De Gruyter, 2019, p. 237-254.
12 Cf. Matteo Luti, « Un nuovo volgarizzamento del “Chronicon maius” di Isidoro di Siviglia (Firenze, BNC, Magl. XXXVIII 127) », Carte romanze, 7/1 (2019), p. 11-59.
13 Uno, di grande rilievo, riguarda la Toscana : che il volgarizzamento della cronaca pisana di Bernardo Maragone risalga alla metà del Trecento è opinione di Alfredo Stussi riportata da Maria Luisa Ceccarelli Lemut, « Bernardo Maragone “provisor” e cronista di Pisa nel xii secolo », Medioevo Pisano. Chiesa, famiglie, territorio, Pisa, Pacini, 2005 (Percorsi, 13), p. 121-144, a p. 142.
14 Cf. Colette Gros, « La plus ancienne version de “Il libro fiesolano” (La Légende des origines) », Letteratura italiana antica, 4 (2003), p. 11-28.
15 Iacopo da Varazze, Legenda aurea, edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 1998 (Millennio medievale, 6), vol. II, p. 1256-1282.
16 Per qualche cenno a proposito dell’opera di Iacopo cf. Giovani Paolo Maggioni, Ricerche sulla composizione e sulla trasmissione della “Legenda aurea”, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1995 (Biblioteca di medioevo latino, 8), p. 74, 86 et 96.
17 Cf. Speranza Cerullo, I volgarizzamenti italiani della “Legenda aurea”. Testi, tradizioni, testimoni, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2018 (Archivio romanzo, 34), in particolare p. 119-160.
18 Cf. Li fatti de’ Romani. Edizione critica dei manoscritti Hamilton 67 e Riccardiano 2418, a cura di David P. Bénéteau, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2012 (Studi e ricerche, 108), p. 14-15.
19 Per le traduzioni dell’Histoire ancienne jusqu’à César cf. Luca Di Sabatino, « Per l’edizione critica dei volgarizzamenti toscani dell’“Histoire ancienne jusqu’à César” (Estoires Rogier) : una nota preliminare », Carte romanze, 4/2 (2016), p. 121-143.
20 Sulla cronachistica universale in volgare nella Firenze d’inizio Trecento vedi Elisa Brilli, « Firenze, 1300-1301. Le cronache antiche », Reti Medievali. Rivista, 17/2 (2016), p. 113-151. Per maggiori dati sulla situazione in Toscana cf. Cecilia Iannella, « Pisa, secc. xiii-xiv : autori, modelli, testi, testimoni », Scrivere storia nel medioevo […], op. cit., p. 97-112.
21 Cf. le ancora imprescindibili osservazioni di Girolamo Arnaldi, « Andrea Dandolo doge-cronista », La storiografia veneziana fino al xvi secolo. Aspetti e problemi, a cura di Agostino Pertusi, Firenze, Olschki, 1970 (Civiltà veneziana. Saggi, 18), p. 127-268, a p. 178-182.
22 Per un primo quadro sulle fonti del Villani vedi Marino Zabbia, « Prima del Villani. Note sulle cronache universali a Firenze tra l’ultimo quarto del Duecento e i primi anni del Trecento », Le scritture della storia. Pagine offerte dalla Scuola nazionale di studi medievali a Massimo Miglio, a cura di Fulvio Delle Donne e Giovanni Pesiri, Roma, Istituto storico italiano per il Medioevo, 2012 (Quaderni della Scuola nazionale di studi medievali, 1), p. 139-162 ; qualche osservazione sul tema anche in Zabbia, « Villani, Giovanni », in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2020, vol. 99, p. 333-338.
23 Cf. anche Francis James Carmody, « Latin Sources of Brunetto Latini’s World History », Speculum, 11/3 (1936), p. 359-370, in particolare le conclusioni a p. 370.
24 In questo passo del Tresor la confusione è aumentata dal fatto che Ludovico III di Provenza probabilmente è scambiato con suo nonno Ludovico II, che in alcune fonti è detto Ludovico il Giovane.
25 Brunetto Latini, Tresor […], ed. cit., p. 122. Si può ipotizzare che in qualche passaggio della tradizione di memorie storiche l’intitolazione a dux Italie che Bosone ha in alcuni documenti, sia diventata prima dux e poi rex Apulie, considerando che con Apulia si può indicare l’Italia. Davide Cappi – che ringrazio per questa e per tante altre indicazioni – mi segnala che nel volgarizzamento di Martino Polono tramandato dal manoscritto Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 552, di norma Langobardus viene reso con Pulliese.
26 Li livres dou Tresor de Brunetto Latini […], ed. cit., p. 71.
27 Giola, La tradizione dei volgarizzamenti toscani […], op. cit., p. 323-324.
28 Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di Giuseppe Porta, Parma, Fondazione Pietro Bembo-Guanda, 1990 (Biblioteca di scrittori italiani), vol. I, p. 152.
29 Martini Oppaviensis Chronicon pontificum et imperatorum, edidit Ludewicus Weiland, Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, 22, Hannoverae, Impensis Bibliopolii Aulici Hahniani, 1872, p. 463.
30 L’edizione del Tresor curata da Giola porta elementi nuovi alla ricostruzione proposta in Marino Zabbia, « Manfredi di Svevia nella cultura storiografica delle città italiane tra Due e Trecento », Scritti per Isa. Raccolta di studi offerti a Isa Lori Sanfilippo, a cura di Antonella Mazzon, Roma, Istituto storico italiano per il Medioevo, 2008 (Nuovi studi storici, 76), p. 897-914, a cui comunque rimando per un quadro generale.
31 Cf. Cronache volgari del Vespro, a cura di Marcello Barbato, Roma, Istituto storico italiano per il Medioevo, 2012 (Fonti per la storia dell’Italia medievale. Rerum Italicarum Scriptores, serie terza, 10), p. 11 e 210.
32 Giola, La tradizione dei volgarizzamenti toscani […], op. cit., p. 337.
33 Giovanni Villani, Nuova cronica […], ed. cit., p. 413-414.
- Thème CLIL : 4027 -- SCIENCES HUMAINES ET SOCIALES, LETTRES -- Lettres et Sciences du langage -- Lettres -- Etudes littéraires générales et thématiques
- ISBN : 978-2-406-11909-8
- EAN : 9782406119098
- ISSN : 2261-1851
- DOI : 10.48611/isbn.978-2-406-11909-8.p.0237
- Éditeur : Classiques Garnier
- Mise en ligne : 15/12/2021
- Langue : Italien
- Mots-clés : Florence, chroniques, langue vernaculaire, français, latin, Trésor, Storie contro i pagani, Martino Polono, Faits des Romains, Histoire ancienne, Giovanni Villani