Storia universale e retorica volgare nell’Histoire ancienne jusqu’à César
- Type de publication : Article de collectif
- Collectif : Les Chroniques et l’histoire universelle. France et Italie (xiiie-xive siècles)
- Auteur : Rachetta (Maria Teresa)
- Pages : 37 à 61
- Collection : Rencontres, n° 537
- Série : Civilisation médiévale, n° 46
Storia universale
e retorica volgare nell’Histoire ancienne jusqu’à César
L’Histoire ancienne jusqu’à César (da ora in poi Histoire ancienne) è la più antica cronaca universale composta in un volgare romanzo1. Redatta tra il 381214 e il 1230, è dedicata a Roger IV, castellano di Lille2. Nonostante sia rimasta incompiuta, l’Histoire ancienne ha conosciuto a partire dall’ultimo quarto del xiii secolo una grandissima fortuna manoscritta nelle aree di cultura letteraria francese dell’Europa e del mediterraneo orientale. La notorietà di questo testo e la funzione che esso ha ricoperto nella diffusione del francese in Italia è testimoniata da Dante, che nel De vulgari eloquentia lo menziona tra le grandi prose in lingua d’oïl come « Biblia com Troianorum Romanorumque gestibus compilata3 ». Negli ultimi anni l’Histoire ancienne ha attirato l’attenzione degli studiosi soprattutto per quanto riguarda la sua circolazione, in Francia e fuori di Francia4. In questo contributo vorrei concentrarmi su un momento della storia del testo meno frequentato, ovvero la sua composizione. In particolare analizzerò degli indizi che permettono di seguire il tortuoso percorso 39intellettuale dell’autore e di individuare nella prima sezione dell’Histoire ancienne, costituita da un volgarizzamento della Genesi integrato e compilato con fonti varie fonti esegetiche e nota come Genèse, quanto rimane di un originario progetto con caratteristiche molto diverse da quelle assunte dall’opera nel prosieguo della redazione. Questo primo progetto prevedeva una storia biblica unificata da un modello genealogico che doveva ripercorrere il lignaggio della Vergine attraverso una serie di medaglioni biografici dei patriarchi. L’ultima parte della sezione Genèse, corrispondente grosso modo alle vite dei patriarchi Giacobbe e Giuseppe, è stata composta prima che questo progetto venisse accantonato e presenta delle caratteristiche uniche : in primo luogo dipende largamente, nei contenuti come nelle forme discorsive, dalla versione latina delle Antiquitates Judaicae di Flavio Giuseppe ; in secondo luogo si distingue per la sua prosa che ricerca l’enfasi e l’espressività attraverso l’uso, in alcuni casi insistito, dell’omoteleuto. La prosa dell’Histoire ancienne è talvolta intessuta di sintagmi rimanti, altre volte di versi veri e proprî ; a partire da questo particolare aspetto formulerò delle ipotesi sui modelli volgari e sull’influenza collaterale della cultura latina nelle scelte stilistiche operate dall’autore (sia quelle provvisorie che quelle definitive).
Quando ho intrapreso questa ricerca mi sono posta una domanda : con quali mezzi e in che misura l’autore dell’Histoire ancienne è stato uno storico e un retore volgare ? Per « storico » intendo, in questo contesto, una figura intellettuale esercitata nella comprensione, la critica e l’armonizzazione delle fonti storiche, nonché nella ricerca di un senso nella sequenza dei fatti (tutte attività che, pure talvolta in economia di mezzi e metodi, sono al centro della trasmissione attiva del sapere storico in tutte le epoche – anche se non in tutti gli ambienti). Per « retore volgare » intendo invece qualcuno che abbia esercitato uno sforzo intellettuale verso l’elaborazione di strategie linguistiche e testuali adatte a trasmettere contenuti complessi in maniera efficace in una lingua priva di una tradizione consolidata.
La mia domanda nasce dalla consapevolezza dell’unità intima tra ricostruzione del passato e retorica che è una caratteristica costante della narrazione della storia in tutte le culture antiche e medievali. Partendo da questa nozione condivisa, ho tentato di fare un passo avanti, di scomporre il problema in unità inferiori, e di analizzare i dati per capire come la sinergia tra divulgazione del sapere storico e intrattenimento poteva 40configurarsi nel contesto specifico della produzione volgare del primo del xiii secolo. La questione non è scontata, perché l’Histoire ancienne è un esempio molto tipico di come a quell’epoca l’ambizione di parlare e scrivere con eleganza ed efficacia non si risolveva nell’imitazione dello stile di quei classici antichi che per primi avevano stabilito la pertinenza della storia alla retorica. Si tratta di un’opera in tutto medievale, quasi anticlassica, e quindi modellata su un’idea di efficacia comunicativa che non può essere dedotta da dottrine generali di stampo classico.
L’Histoire ancienne è stata un’opera pionieristica. La sua redazione ha determinato un salto di qualità nella tradizione francese, introducendo nuovi contenuti (per esempio la storia romana), nuove strutture di pensiero (la storia universale), ma anche una testualità imponente per estensione, complessità dell’intreccio e varietà dei temi trattati. Il suo autore doveva quindi avere una certa confidenza con i soggetti storici e le fonti (acquisita mediante una frequentazione intensa con i testi latini). D’altra parte, queste competenze disciplinari potevano essere tutto sommato secondarie, ed egli poteva essere piuttosto un professionista della ri-codificazione testuale le cui competenze nel campo della traduzione potevano esercitarsi su argomenti di vario tipo. Quest’ultima eventualità sarebbe molto coerente con l’idea (del tutto probabile e largamente accettata) per la quale l’autore dell’Histoire ancienne sarebbe lo stesso Wauchier de Denain di cui conosciamo diverse tradizioni di vite di santi (un genere sì para-storiografico, ma profondamente diverso per forme e fini dalla storiografia antica volgarizzata nell’Histoire ancienne)5.
I risultati che presento in queste pagine riguardano quindi in primo luogo la complessità dell’attitudine e della formazione dell’autore della prima cronaca universale in volgare, e i modi in cui nella sua opera interagiscono visione della storia e ambizioni formali. Ma questa indagine ha anche delle implicazioni più ampie che riguardano soprattutto l’influenza sull’autore dell’Histoire ancienne dei modelli offerti dalla cultura letteraria di poco precedente o contemporanea : il modello storiografico sacro ed ecclesiastico, la didattica in volgare, i modelli letterari sviluppatesi in ambito latino.
41Unicità e personalità
dell’autore dell’Histoire ancienne
Un discorso sulla personalità dell’autore dell’Histoire ancienne presuppone naturalmente che si tratti di un autore solo, e non di più individui responsabili di sezioni diverse successivamente compilate insieme oppure di continuazioni progressive di un nucleo più antico. La possibilità di interventi diversi non può essere esclusa del tutto, ma esistono elementi per ritenere che il testo sia stato ideato e composto da una sola persona. Prima di tutto, una dichiarazione esplicita. Nel prologo in versi che apre l’opera, infatti, l’autore rivendica la responsabilità completa della sua opera e racconta come la sua attività (e forse la sua stessa impresa di traduzione, con la reputazione che essa gli stava guadagnando) avessero scatenato invidie e inimicizie nei suoi confronti :
S’il [scil. Dio] veut en romans dou latin
Li cuic si traire lonc la letre
Que plus ne mains n’i sera metre
Por qu’envie m’en laist en pais
Qui a maint home kierche fais6.
A tale dichiarazione si aggiungono dei dati interni. I più evidenti concernono la presenza uniforme in tutte le sezioni di elementi stilistici e discorsivi che sembrano rilevanti perché caratteristici dell’Histoire ancienne : la presenza di inserti in versi a contenuto morale e i frequenti interventi del narratore. Questi ultimi comprendono sia brevi allocuzioni formulari all’indirizzo del lettore (del tipo : segnors, segnors et dames, prevalentemente a inizio di periodo o paragrafo), sia più sostanziose prese di parola che servono ad articolare i contenuti del testo (richiamando quanto 42già detto o anticipando quanto si dirà) o a introdurre glosse dottrinali o morali. Nella seconda categoria rientrano sia traduzioni di interventi del narratore già presenti nelle fonti, che vengono semplicemente ricalcati nella traduzione, sia interventi originali. Tali elementi discorsivi sono in effetti molto meno presenti nelle altre storie in prosa francese del primo xiii redatte in ambienti vicini a quello dell’Histoire ancienne7. Non credo però che ad essi vada attribuito un valore probante forte, perché talvolta sono semplici calchi delle fonti latine e anche (direi soprattutto) perché sono tratti facilmente imitabili da un eventuale continuatore attento a produrre un testo in linea con un eventuale nucleo antico.
L’elemento più significativo a favore dell’unitarietà dell’Histoire ancienne risiede nel fatto che la struttura complessiva del testo deriva dalla manipolazione di un canovaccio narrativo basato sulle Historiae adversos paganos di Orosio, mediante la scomposizione dei contenuti dei singoli libri del testo latino e l’interpolazione di materiali differenti secondo dinamiche accrescitive (nel caso delle sezioni di storia biblica, tebana, troiana e della vicenda di Enea), sostitutive (per quanto riguarda la sezione alessandrina, per la quale altre fonti sostituiscono il terzo libro di Orosio) e integrative (per esempio per quanto riguarda la storia romana, dove Orosio è sistematicamente completato con Paolo Diacono)8. A dispetto della sua articolazione e del gran numero di fonti impiegate, la compilazione dell’Histoire ancienne risponde ad un disegno preciso, coerente, e in definitiva semplice. Anche nel caso in cui diversi individui siano intervenuti nella sua composizione, essi devono aver agito secondo un piano chiaramente fissato dal primo autore. A questo punto, considerata la dichiarazione iniziale e in subordine l’uniformità stilistica, l’ipotesi più probabile è che una tale opera sia stata condotta da un individuo solo.
Cosa possiamo sapere del profilo e degli obiettivi intellettuali di questo autore ? La prima operazione da compiere per rispondere a questa 43domanda è distinguere con chiarezza l’autore dal narratore da lui costruito. Come vedremo subito, nelle sezioni in versi e in quelle in prosa il narratore dell’Histoire ancienne produce due situazioni comunicative molto diverse, ma nessuna delle due corrisponde in alcun modo a una genuina proiezione testuale della personalità dell’autore.
Le moralizzazioni in versi costituiscono gli interventi del narratore più corposi. Accade in queste sezioni che la voce del narratore e quella dell’autore coincidano (per esempio nel prologo, dove si legge l’unico riferimento esplicito al committente). Questa però non è la regola, e anzi il narratore delle sezioni in versi ha normalmente dei caratteri molto artificiali. Nell’epoca che precede la redazione dell’Histoire ancienne la prosa era utilizzata in francese in misura limitata, e il pubblico aveva familiarità molto maggiore con le forme in versi, anche nel campo della letteratura storica e catechetica9. Introducendo le sezioni in versi l’autore dell’Histoire ancienne otteneva due effetti importanti. In primo luogo riconnetteva la sua opera, benché fortemente innovativa, alle forme e ai contenuti della letteratura morale. Inoltre, costruiva una situazione descrivibile come « qui e ora », basata su una voce narrativa marcata come contemporanea e partecipante a una dimensione orale (per l’uso del verso in sé ma anche per via delle strutture allocutive dirette, con abbondanza di pronomi e verbi alla prima e alla seconda persona). L’architettura complessiva dell’Histoire ancienne è basata sull’adozione della prosa. Questa, anche se occasionalmente può ricalcare stilemi orali, esisteva in funzione della trasmissione libraria ed era percepita come erudita e legata alla tradizione latina. Questo aspetto, insieme alla mole inusitata dell’opera, doveva colpire molto il 44pubblico contemporaneo. La voce narrativa delle sezioni in versi invece utilizza un registro più antico e ben sperimentato nella letteratura volgare della generazione precedente. Essa introduce l’innovazione rappresentata dalla prosa in maniera graduale e mediata, mettendo in scena un interprete dotato di autorità che parlando secondo i modi tradizionali della didattica volgare introduce un adattamento sperimentale di testi antichi e difficili.
Questa autorità è presentata essenzialmente come di natura morale. I contenuti delle sezioni in versi sono per lo più variazioni sul tema, generalissimo, della brevità e caducità della vita. Su ventuno brani, solo gli ultimi due (§ 958 e § 1007) contengono dei cenni espliciti alla realtà contemporanea, rispettivamente un attacco ai Templari e una trattazione dei rischi morali implicati dal denaro che comprende un riferimento alla compromissione dei Cistercensi con esso10. È solo all’altezza della redazione della sezione Rome II, quindi, che l’autore dell’Histoire ancienne ha deciso di sfruttare le moralizzazioni versificate anche per esprimere intenti polemici e così di rompere, episodicamente, il discorso generalissimo e vago del narratore moralista. L’attitudine normale di questo narratore è distante e catechetica ; i suoi interventi non commentano direttamente i fatti narrati, ma si limitano a enunciare i vantaggi della rettitudine di fronte a Dio (e, nelle sezioni di storia pagana, a ricordarne in un certo senso l’esistenza). Questo atteggiamento gli vale nelle rubriche di Paris, Bibliothèque Nationale de France, f. fr. 20125 il titolo di maistre11. La limitatezza e ripetitività del suo insegnamento sono più che sufficienti a concludere che si tratta di un maestro fittizio, costruito da un autore la cui riflessione innovativa non si esercita sulla morale. Quindi, se da un lato si può legittimamente dire che l’Histoire ancienne (e in particolare il suo originale perduto) è una narrativa storica episodicamente moralizzata, dall’altro l’intento moralizzatore non è né il suo fine né la sua ragione di esistere. Al contrario, si tratta di una strategia per la costruzione dell’autorità del narratore, che nel prologo e nelle altre sezioni in versi assume le movenze rassicuranti del moralista 45per poi condurre il pubblico nei territori ignoti e lontani della storiografia in prosa e del mondo pagano degli antichi12.
Sulle apparizioni dell’autore nelle sezioni in prosa mi soffermerò nelle pagine che seguono, perché concernono soprattutto commenti metatestuali. Per quanto riguarda il narratore, gli elementi di commento in chiave morale presenti nella prosa sono minimi, e non di grande respiro. È significativo, ad esempio, come manchi del tutto una dimensione escatologica : dopo aver raccontato dell’ebbrezza di Noè il narratore identifica in questo episodio le ragioni di un costume specifico, quello di ammonire i ricchi signori alla moderazione nel bere portando le mani al tovagliolo per evitare che essi assumano atteggiamenti degni di biasimo o di vergogna :
Segnors, por ceste aventure de Noé qui ensi se descovri par trop boire s’agenoillent encore li escuier et li sergant a la table dou riche home, et quant il boit si metent et tienent lor mains a la nape. Et c’est senefiance que au riche home soviegne de Noé et qu’il tant ne boive qu’il en ait blasme ne vergoigne13.
In questo tipo di interventi l’istanza morale è spicciola e quotidiana, molto diversa da quella delle moralizzazioni in versi. Dal nostro punto di vista è interessante notare come il narratore possa occasionalmente assumere la posizione di educatore dei costumi laici e nobiliari, ma di nuovo si tratta di aspetti accessori che hanno la stessa funzione di accreditamento delle sezioni in versi.
Il narratore della prosa dell’Histoire ancienne è, nella grande maggioranza dei casi, ricalcato su quello delle fonti latine. Per questo motivo è in genere molto difficile indagare la formazione storica dell’autore. Da un lato, egli era sicuramente uno storico « passivo », nel senso che era in grado di comprendere abbastanza bene, armonizzare e tradurre fonti complesse di storia antica. È meno chiaro se fosse uno storico « attivo », ovvero capace di vagliare criticamente le fonti. Questa abilità 46esigerebbe una conoscenza di tali fonti e dei loro contenuti precedente e indipendente dall’atto della compilazione e traduzione. Normalmente i contenuti dell’Histoire ancienne ricalcano fedelmente quelli delle fonti, e quindi non forniscono informazioni in questo senso. Un’eccezione riguarda però la prima menzione di Semiramide, la regina assira che regna dopo la morte del marito Nino e che passerà alla storia per la sua inclinazione al vizio. Nino è il primo re degli Assiri ; con il suo regno si apre nella tradizione cronografica cristiana la seconda età del mondo e iniziano le tavole genealogiche del Chronicon di Eusebio, una fonte di primissimo piano nell’Histoire ancienne. Che Semiramide non fosse stata una buona regina e fosse priva di senso morale doveva essere un’informazione accessibilissima a chiunque si interessasse di storia antica a livello non amatoriale. In Orient I (in particolare ai § 374 e 375), l’Histoire ancienne si sofferma sull’immoralità della regina, ma in Genèse, quando Semiramide viene incidentalmente menzionata nel contesto di una sincronia genealogica, se ne parla come una « buona signora », che governò rettamente fino a che rimase in vita e che rispettava l’opinione dei suoi consiglieri :
Et le regne de Caldee ot aprés lui [scil. Nino] la roine Semiramis sa feme, qui le governa mout bien si come bone dame tant com ele fu en vie. Et par le bon conseill des haus barons et par lor grans forces n’en fu onques la dame amenuisee d’onor, de terre, ne de richesce14.
L’autore dell’Histoire ancienne coglie qui l’occasione per espandere il testo della fonte parlando di Semiramide come una buona regina, ma non si rende conto di introdurre così facendo una inesattezza e di preparare una contraddizione. In prima battuta, questo passo testimonia come egli ignori una informazione accessibilissima. Da questo punto di vista, va precisato, l’autore dell’Histoire ancienne non si segnala per una carenza particolare rispetto al suo tempo, dato che uno spazio professionale socialmente riconosciuto per lo studio della storia pagana ancora non esisteva. Quello che è particolarmente interessante però è che la sua formazione avanzata di storico è avvenuta contestualmente all’atto di compilazione e traduzione, e che quindi il testo dell’Histoire ancienne riflette una fisionomia intellettuale in divenire. Come vedremo nel paragrafo che segue questa dinamica investe in maniera molto importante 47l’architettura generale dell’opera e il modello di narrazione, che solo in un momento avanzato della composizione assume i caratteri di quella che noi chiamiamo « storia universale ».
L’opera in fieri
Storia della salvezza e storia universale
Il testo conservato dell’Histoire ancienne si apre con una sezione di storia biblica i cui confini corrispondono esattamente a quelli della Genesi (Genèse) e prosegue con una compilazione basata sul testo di Orosio che giunge alla vita di Giulio Cesare. Il prologo in versi presenta un piano dell’opera che si estende oltre il testo esistente, e che prevedeva i seguenti contenuti : il popolamento della Francia (scil. la leggenda della migrazione di Francione e delle stirpi troiane) ; la vita di Cristo, le peregrinazioni degli apostoli, le vite dei santi e dei martiri ; gli imperatori romani, particolarmente il primo cristiano (scil. Costantino) e i successivi ; il primo re cristiano di Francia (scil. Clodoveo) ; le invasioni di Vandali, Goti e Unni in Francia ; l’espansione dei Normanni ; infine il popolamento delle Fiandre e le gesta dei suoi abitanti :
Des quels gens Flandres fu puplee
Vos iert l’estoire bien contee :
Com se proverent, quel il furent,
Com il firent que fere durent.
Ce vos sera trestout retrait
Tot si a point et tot a trait
Que qui voudra raison entendre
Petit i avra a reprendre15.
Il prologo è stato probabilmente redatto al termine della redazione delle sezioni conservate, quando l’autore dell’Histoire ancienne ha deciso 48di farla circolare. Il progetto di una storia universale che nella sua ultima parte si chiuda verso una storia locale pertiene quindi allo stato redazionale definitivo nei fatti, non nelle intenzioni. È interessante notare come il cambio di rotta verso la storia particolare (in termini anacronistici, « nazionale ») promesso dall’autore dovrebbe avere luogo immediatamente, nella primissima parte di un eventuale « secondo volume » dell’Histoire ancienne, con la storia del popolamento della Francia. Due sono gli aspetti ulteriori da sottolineare. Il primo riguarda la delimitazione linguistica e la matrice testuale di questo particolarismo, che unisce le genealogie dei re di Francia alla storia normanna e poi delle Fiandre : linee narrative la cui unità storica e istituzionale è tutt’altro che pacifica, ma che sono accomunate dalla loro rilevanza per comunità di lingua francese entro le quali già circolavano testi volgari su alcuni di questi argomenti (il Rou di Wace, ma anche le prose genealogiche che stavano confluendo nelle compilazioni dell’Anonimo di Béthune). Il secondo riguarda la forte discrepanza tra queste promesse di localismo e gli effettivi contenuti del testo che il prologo andava ad introdurre, nel quale i cenni ad elementi locali sono pochi, sparsi, e non conducono univocamente alla realtà del dominio d’oïl, ma descrivono una geografia mediterranea molto ampia che comprende l’Italia (Roma e la Sicilia), la Grecia, l’Egitto e la Palestina. Altre sezioni annunciate nel prologo, su tutti la vita di Cristo, degli apostoli, dei santi e dei martiri, individuano un programma più tradizionalmente orientato alla storia ecclesiastica. Quest’ultimo tipo di impostazione, secondario nel progetto esposto nel prologo, sembra invece aver influenzato molto significativamente altri due progetti testuali, precedenti da un punto di vista cronologico, di cui sono rimaste tracce nel testo di Genèse.
Poco dopo aver narrato del rapimento di Enoch dal mondo, l’autore dell’Histoire ancienne aggiunge quanto segue : « Nostre Sires si l’eslist et mist en Paradis ou il est encore en vie, et i ssera jusqu’a la venue d’Antecrist dont la veritez vos ert bien contee et dite ainz que l’estoire faille » (§ 17.3). Sembra quindi che a questa altezza, molto precoce, l’autore intendesse comporre una storia della salvezza dotata di una completa architettura escatologica, che doveva comprendere un racconto dell’Apocalisse e della fine dei tempi. Un simile progetto non era estraneo agli orizzonti del pubblico francese del tempo : intorno ai primi anni del xiii secolo un autore noto come Évrat aveva dedicato alla contessa 49Maria di Champagne una riscrittura della Genesi in ottosillabi (nota come Genèse) nella quale gli eventi della storia dei patriarchi vengono sistematicamente interpretati in chiave escatologica, con un continuo movimento tra il piano della storia e quello della profezia16. Qui il piano dell’autore dell’Histoire ancienne sembra prevedere una narrativa lineare, ma l’evocazione di questa dimensione (che è del resto quella continuamente implicata nelle sezioni in versi) doveva richiamare alla mente del pubblico dei contenuti e una visione della storia noti anche attraverso la catechesi e intellettualmente rassicuranti.
Più avanti, alla fine della sezione Genèse, l’autore prende parola nel noto passo in cui dichiara che l’inserzione della storia della caduta di Troia dipende da una richiesta esplicita del suo patrono Roger de Lille. Egli aggiunge però che dopo aver trattato la storia troiana tornerà a quella degli ebrei, perché è in seno a questo popolo che nascerà la Vergine e si incarnerà il Cristo :
Or seroit drois et mesure que je avant des fiz Israel, c’est de la lignee les fiz Jacob, vos deisse et contasse avant, et continuasse l’estorie coment et par quele ochoison il issirent d’Egypte, et comant et par quel grant paine il conquisterent la terre de Chananee. Mes non ferai ore, ains dirai premerement des paiens qui adonques regnerent et comencerai au meaus que je porrai des rois et des regnes trosques a la destruction de Troies, quar si le veut, ce me samble, et comande mes sires. Et lores aprés ce, revendrai et repairerai as Ebrius coment il issirent d’Egypte, quar d’aus est et doit estre plus droiturere et plus amee l’estorie quar il en nasqui et issi la Dame gloriouse qui porta et alaita en terre le Sauveor dou munde17.
A questa altezza il progetto complessivo è sempre quello di una storia sacra, ma questa volta vengono forniti dei dettagli ulteriori sui contenuti previsti, ovvero una storia del popolo d’Israele (che doveva comprendere almeno l’Esodo e i Libri dei Re) che desse un’idea della connessione genealogica tra i patriarchi e la Vergine e che sfociasse nella storia del Nuovo Testamento. Una simile operazione aveva dei precedenti sia nella letteratura francese (nella diffusa Bible di Herman de Valenciennes) sia nell’iconografia (nel motivo dell’albero di Iesse)18. Da un punto di vista contenutistico e strutturale, una composizione 50di questo genere prevedeva una serie di biografie di quei giusti la cui genealogia costituiva la continuità tra le rivelazioni veterotestamentarie e l’avvento di Cristo.
A partire dalla seconda sezione, Orient I, quando il testo delle Historiae adversos paganos diventa la spina dorsale della narrazione, l’Histoire ancienne acquisisce spiccatamente il carattere di una storia dei pagani. Al termine della sezione Troie, l’autore prende nuovamente la parola per annunciare un cambio di soggetto e il passaggio alla storia romana, che qualifica come « la materia per la quale tutta questa storia fu cominciata » : « De ce ne vos voil or plus dire ains voil revenir a la matere por cui tote ceste choze et ceste hystorie fu comencee, c’est de Rome et des Romains et de lor ovres, et coment la cités fu primes comencee » (§ 587.13). Questa affermazione può sembrare stupefacente e in contraddizione con le affermazioni autoriali precedenti, ma lo è molto meno di quanto sembra, perché la storia dell’impero romano è parte integrante del modello di storia collettiva della salvezza imposto dalle Historiae adversos paganos. In sostanza, dal punto di vista della concezione della storia, l’autore dell’Histoire ancienne ha operato uno spostamento all’interno del sistema di pensiero trasmesso da Orosio. Se si fa astrazione dall’elemento locale e ci si attiene a quello universale, la concezione della storia sottesa al prologo dell’Histoire ancienne riflette fedelmente quella orosiana nel coniugare storia dell’impero e storia della Chiesa. Dal punto di vista invece della logica compositiva e del progetto testuale il cambiamento di rotta è importantissimo, e coincide con l’abbandono di un progetto di storia sacra genealogica e biografica i cui residui, come andremo subito a vedere, si trovano nei paragrafi finali della sezione Genèse.
51La prosa rimata nell’Histoire ancienne
Influenze latine e volgari
Come abbiamo appena visto, alla fine della sezione Genèse l’autore enuncia il progetto testuale di tipo genealogico molto differente da quello che poi metterà effettivamente in atto nel resto dell’opera. La vita del patriarca Giuseppe, che chiude Genèse, è stata evidentemente composta con in mente questo piano, e probabilmente non è un caso che essa si distingua in maniera importante dal punto di vista stilistico e discorsivo sia da quelle che la precedono che da quanto segue. Una prima peculiarità significativa riguarda la grande frequenza di lunghi ed elaborati discorsi diretti, derivanti delle Antiquitates Judaicae di Flavio Giuseppe. Nella prima parte di Genèse l’opera di Flavio Giuseppe era stata utilizzata solo come fonte accessoria e spesso tramite la mediazione dell’Histoira Scholastica di Pietro Comestore. Dando peso a questa fonte, l’autore dell’Histoire ancienne sta qui perseguendo un disegno preciso di innalzamento stilistico. Qui di seguito fornisco un esempio di adattamento, tratto dal discorso in cui Giuseppe rivela ai fratelli la sua identità.
Antiquitates, II, vi, 9 |
Histoire ancienne, § 339-340.2 |
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1 |
Non ergo videatur vos contristare quam adversus me malignam protulistis sententiam, nec poenitentia vos eius afficiat quando ad impleri non potuerunt quae fuerant cogitata. |
« Or vuell je ausi que vos obliés tot et metés ariere ceau forfait que vos par non savoir feistes, quar tot fu fait por le voloir de Deu que ne laisse mie a emplir le mauvaise ovre si com ele fu aprimes porpensee et devisee. » |
2 |
Exultantes ergo in his quae a deo facta sunt, |
« Or vos esleeciés et esjoissiés de ce que Deus nos a fait par sa grande largesce, quar il ne deguerpist onques ceaus qui le reclaiment et apelent et en lui ont fiance ». |
52
3 |
ite haec nuntiantes patri ne etiam pro vestra consumptus solicitudine splendorem meae felicitatis obscuret ; si antequam ad meum veniens ultum prasentiumque rerum, potius hac luce privetur. |
Vos en irés ariere et repairerés a nostre pere e dirés de ce que vos avés veue l’aventure. Et quant vos li avrés raconté e dit que je sui encor en vie, sains e haitiés e a grant segnorie, amenés le sa a moi et si repairerés avec lui tuit ensamble. |
4 |
Ipsum ergo vestrasque coniuges liberos quoque, et cunctam cognationem sumentes huc migrare. |
et si amenés avec vos vos femes et vos enfans e tote vos lignee. |
5 |
Non enim absentes bonorum meorum oportet esse mihi carissimos in super et fame annis adhuc quinque mansura. |
quar bien sachés que je ne vuell mie estre riches e vos soiés povre, et asasés e vos aiés famine, quar la destrece e la besoigne durera encore .v. ans tote pleniere. |
Non solo la traduzione è fedele (l’unico elemento soppresso riguarda, nel terzo segmento, la paura di Giuseppe che i suoi fratelli non trovino Giacobbe in vita), ma è anche occasionalmente amplificata (si veda il secondo segmento). Sia l’atteggiamento traduttivo generale che l’inclusione dei discorsi sono elementi in forte controtendenza rispetto alla tecnica che l’autore dell’Histoire ancienne adotterà nel seguito dell’opera.
Sempre nella sezione finale di Genèse si rileva un altro elemento peculiare : un gusto a tratti ostentato per l’omoteleuto che produce delle lunghe serie di ripetizioni foniche. Di nuovo, nulla del genere si riscontra nella prima parte di Genèse. Di seguito alcuni esempi, con enfasi sulle parole interessate :
Segnor, et ce fu fait por oster les sospoissons et les doutances qu’eles n’alassent as masles d’autres semblances, qu’eles n’estoient de quoi peust venir entr’aus aucune discordance19.
Il prist verges verdes de poupelier et d’amandelier et de plasne, si les pela par lués et osta l’escorche. Et puis les estacha et mist ou tans que les bestes aloient au masle la ou eles abevroient, si que quant eles venoient a l’aigue por boivre qu’eles ses verges vaires veoient. Et quant eles bevoient, l’ombre de ces verges en l’aigue ausi esguardoient. Et quant eles arestoient et li masle as femeles aloient entre ces verges tostans estoient20.
53Quant Jacob oï ces noveles il fu un petit en doutance, ne mie por ce qu’il n’eust bone fïance es angeles qui li avoient fait semblance de socors et d’aïe, mes totes voies li cuers, qui charneaus estoit, fu un petit en effreance21.
Establirent et deviserent qu’il esgarderoient que cil de la cité feroient et celeberroient lor festes qu’il de lor deus faisoient. Il seroient en porveance et garni de lor armes. E quant cil de la vile avroient beu et mangié, et il por lor grant laste endormi seroient, il lor corroient sus et ocirroient et le roi ausi et son fiz et toz les autres que ja un seul n’en espargneroient22.
Je m’esveillai adonques por l’effreance ne ne me rendormi mie. Ains me levai a la jornee, si mandai et assamblai les sages homes de tot mon roiaume qu’il de ces visions me feissent entendre esclairance. Ne me seurent rien dire ne n’en puis avoir par eaus conoissance. Or te pri je, Joseph, que tu le m’esclaires et si en met fors mon cuer de tristor et d’errance23.
La tendenza a ricercare la rima nel testo in prosa è confermata anche dalla forma delle dittologie sinonimiche contenute nelle allocuzioni al lettore, che sono elementi particolarmente interessanti dal punto di vista formale perché « vuoti » da quello contenutistico. Le forme oés e entendés, per esempio, sono utilizzate in Genèse solo insieme, nella dittologia rimante oés et entendés. Nelle sezioni successive questa e altre dittologie rimanti contenenti le stesse forme si alternano a loro varianti modificate al fine di attenuare o eliminare l’omoteleuto (per esempio oés et poés entendre e poés oïr et entendre) o a dittologie non rimanti (per esempio poés entendre et savoir). Ancora più interessante è il caso di una dittologia più rara come dire et descrire, esclusiva in Genèse, che nelle altre sezioni si alterna a dittologie non rimanti sul tipo di conter et descrire24.
54Nei passi citati sopra l’omoteleuto si presenta in posizioni sintattiche varie, ma la fine di un sintagma è sempre una posizione coperta. Nel primo e nel secondo i membri dell’omoteleuto occupano solo sedi finali di sintagma ; nel terzo, nel quarto e nel quinto occorrono sia in fine di sintagma che al centro. La distribuzione del primo tipo si ritrova anche in delle brevi sequenze che compaiono sporadicamente in Rome II : « Segnor et dames, sachés que entre ces princes ot mout ocis d’autres gens sans nulle doutance, mais mout plus i perdi Sertorius que Pompeius ains la definance » (§ 1191.1) ; « Et si vos ai recontees les batailles de pluisors autres gens qui adonques ausi as romains se combatoient, dont les batailles ne furent consommees. Si se furent ces batailles que nos clamons citeaines definees » (§ 1196.3-4).
Riassumendo : l’autore dell’Histoire ancienne evita normalmente l’omoteleuto, come è consueto nella prosa antico francese. In alcuni luoghi della sezione finale di Genèse sperimenta invece un’insistenza sugli stessi suoni, producendo lunghe serie di omoteleuti che compaiono alla fine come al centro dei sintagmi. In Rome II, episodicamente, riprende una struttura già sperimentata in Genèse, con brevi serie di ripetizioni posizionate solo a fine sintagma. Questo tipo di configurazione produce in maniera naturale la massima enfasi sulla ripetizione, evidenziata dalla pausa sintattica successiva ai singoli elementi dell’omoteleuto.
Il modello di prosa al quale l’autore dell’Histoire ancienne sembra tendere in questi passi è codificato nella stilistica latina a lui contemporanea, e in particolare da Giovanni di Garlandia. Nella Parisiana poetria, egli dedica un paragrafo esemplificativo allo stile isidoriano, definito come particolarmente adatto a muovere a pietà o a letizia : « In stilo Ysydoriano […] distinguntur clausule similem habentes finem secundum leoninitatem et consonanciam : et uidentur esse clausule pares in sillabis quamuis non sint25 ». Nelle parole di Giovanni la definizione di stile isidoriano prevede quindi che la rima o l’assonanza ricadano alla fine dei sintagmi, creando l’impressione che tali sintagmi siano parisillabi sebbene non lo siano. Se si tiene in conto che nella versificazione ritmica medievale unità sintattica e di verso in genere coincidono, se ne deduce che lo 55stile isidoriano si distingue dalla composizione in versi per l’assenza del parametro dell’isosillabismo (mentre con la versificazione narrativa e argomentativa condivide gli altri due parametri definitori : l’omoteleuto e la coincidenza tra le unità definite da questo e le unità sintattiche). A partire da questa definizione è chiaro che anche una ripetizione con soli due elementi si può definire come prosa rimata, a patto che questi si trovino alla fine dei rispettivi sintagmi. Giovanni di Garlandia fornisce anche un esempio concreto, dal quale traggo un estratto :
Quidam prius trascendunt Logicam quam per preuiam cerpant Gramaticam ; prius montes scandunt Quadruuii quam per ualles incedant Triuii. Volant ad astra nec pennas possident, implumes adhuc casum non preuident. In pilleo Mineruam sacram qui iactitat, in anulo claro Galienum predicat26.
Confrontando questo esempio con i passi dell’Histoire ancienne citati si nota che le rime desinenziali (tipologia nella quale ricadono la maggior parte degli esempi del testo francese) sono ammesse da Giovanni, ma anche che il modello concreto da lui fornito prevede solo rime accoppiate a formare distici, e non le lunghe serie che troviamo in Genèse. Entro la casistica dell’Histoire ancienne i passi tratti da Rome II sono quelli che più si avvicinano agli esempi della Parisiana Poetria.
Quando non evita l’omoteleuto, quindi, l’autore dell’Histoire ancienne adotta una tecnica che condivide i principi base con la prosa latina isidoriana. In Genèse la sua realizzazione è poco controllata e distante dalla codificazione, e questo si spiega bene con il fatto che la prosa aperta alla ripetizione fonica è una possibilità che in forme diverse è esistita durante tutta la storia del latino. L’autore dell’Histoire ancienne può aver trovato i suoi modelli in fonti differenti da Giovanni di Garlandia, non necessariamente normative. Quello che mi preme sottolineare è però come questa possibilità stilistica fosse contemplata anche dalla contemporanea teorizzazione di ambiente universitario come particolarmente adatta a ottenere effetti emotivi, i quali sicuramente dovevano essere ricercati da un autore volgare che indirizzava la sua opera a un pubblico ampio di non letterati.
Le analogie tra l’Histoire ancienne e i precetti della Parisiana Poetria non si esauriscono in questo parziale parallelo. Come abbiamo visto sopra, l’autore della cronaca francese designa la sua opera come una 56hystorie (§ 587.13). Nella terminologia tecnica medievale il latino historia ha una storia complessa, spesso distante dagli usi concreti, nella quale può talvolta designare tutte le composizioni che prevedessero un narratore27. Giovanni di Garlandia restringe però la materia alla storia remota e fornisce una definizione formale di historia abbastanza precisa :
De Historia. Hystoria est res gesta ab etatis nostre memoria remota ; hanc si quis tractuerit, ut uitet vicium, premittat propositionem, inuocationem, narrationem ; ut utatur illo colore rhetorico qui dicitur Transicio, et est color per quem animus auditoris per premissam narrationem percipit futura28.
La definizione prevede la presenza di alcuni elementi : la propositio, ovvero l’anticipazione della materia trattata ; l’invocatio, ovvero la dedica a una divinità o a un patrono umano ; la narratio, ovvero il racconto degli avvenimenti ; infine, le transitiones, ovvero gli espliciti richiami a quanto è già stato narrato che permettono al pubblico di comprendere cosa verrà narrato in seguito. Gli elementi elencati da Giovanni di Garlandia si ritrovano tutti nell’Histoire ancienne. La propositio è naturalmente il prologo in versi nella sua interezza ; l’invocatio è, nel prologo, la dedica a Roger de Lille29 ; di transitiones si trovano esempi innumerevoli nel corso della prosa30.
Questi elementi non provano che l’Histoire ancienne sia stata composta secondo i precetti di Giovanni di Garlandia, in primo luogo perché Giovanni è il sistematore e il critico di dottrine precedenti, e i suoi precetti intendono codificare una modernitas letteraria cristiana che trova le sue radici nella tradizione patristica. Si può dire, però, e questo 57non è privo di importanza, che se esiste una narrativa storica francese del primo xiii che adotta stilemi comparabili a quelli prescritti dalla tradizione universitaria e fissati nella Parisiana Poetria tra il 1218 e il 1249, quella è l’Histoire ancienne31. Se, come credo sia probabile, il suo autore ha conosciuto una qualche teorizzazione latina, ne ha utilizzato le indicazioni scientemente e selettivamente, adattandone i principi alla situazione comunicativa specifica del volgare.
A questo punto, prima di concludere, occorre dedicare dello spazio a dei dati ulteriori che permettono di affrontare il problema del rapporto dell’Histoire ancienne con la tradizione francese precedente. Uno spunto in questa direzione ci viene da dei passaggi in versi molto brevi e in genere impaginati come prose nei manoscritti. Si tratta di brevi passi gnomici, in cui la prosa sfuma nell’ottosillabo. Qui di seguito fornisco due esempi, dei quali il secondo caso presenta anche una caso di prosa rimata :
Segnors, vos qui oés et entendés, ce ne fu mie des cors qui sunt ore que li roi et li conte et haut home tienent as Noëls et as Pasques et as Pentecostes,
Quar on n’i a mais c’un soul jor,
Tot soulement de bon sojor.
Lendemain samble tot bruine.
Ensi trespasse tost et fine,
E qui ne seit donques o traire,
Assés a a plaindre et a faire32.
La li coru il [scil. il console] sore a bataille qui asses tost fu definee, car li conceles Carbo n’avoit pas tant gent com Pompeius avoit, ne de combatre si entalentee.
Quar gens qui fuit quant est ratainte,
Est assés tost morte et estainte.
Et si n’i a fors que l’escorce
Quant perdut a et cuer et force33.
L’unico altro esempio che ho rintracciato di un simile uso del verso in contesto prosastico proviene dai sermoni francesi studiati da Michel Zink. Nella traduzione dell’omelia 57 di Aimone d’Auxerre che si 58legge nel codice Paris, Bibliothèque de Arsenal, 2083, per esempio, Zink segnala la traduzione in distici di due passi che rimano anche nell’originale latino, per sottolineare dei passaggi cruciali nel contesto dell’esortazione e dell’insegnamento. A « Sed audierunt docentem, qui venerunt apprehendere innocentem », corrisponde « Mais cil oïrent ensaignant / ki estoient venu penre l’innocent » ; a « Implere debeo dispensationem meam, et sic pervenire at passionem meam », corrisponde « Ju doi remplir ma dispensation / et ensi venir a ma passion ». Le altre inserzioni in versi presenti nel corpus contengono spesso proverbi, o si concentrano in sezioni topiche del sermone come la chiusura, nella quale l’insegnamento viene riassunto e confermato. Non mancano occasionali ricerche di un vero e proprio lirismo, ma la maggior parte del corpus attesta che il verso è una strategia enfatica orientata alla persuasione34.
Per dare un contesto più ampio a questo confronto è utile scorrere gli altri due casi noti di prosa punteggiata di versi nella letteratura francese medievale. Il primo, che precede l’Histoire ancienne di qualche decennio, viene dalla traduzione dei Quatre livres des reis, un testo probabilmente anglonormanno ma non ignoto sul continente e anche inserito nella Bible d’Acre, la compilazione biblica di metà xiii redatta nei territori d’Oltremare dove anche l’Histoire ancienne veniva copiata. Qui di seguito un estratto della sezione rimata, con enfasi sulle parole interessate :
Cil respundi : « Uns huem Deu est en cité, huem est de grant nobilité. Saciez que quanque il dirrad senz faillance avendrad. Pur çó en alum jesque la, par aventure il nus aveiera ». Saül respundid : « Ore seit, al prudume en irrum. Íço que ert que nus li porterum ? Nus n’avum ne pain ne el que á honur li poïssum presenter ». Respundi li altres : « Jo ái ící alques d’argent. De çó li frum nostre present, e frad nus alcun adrecement ». Respundi Saül : « Mult as bien dit ». Cume il munterent le munt ú fud la cite, meschines truverent ki pur ewe alerent35.
Se si confrontano i Quatre livres des reis con le sezioni dell’Histoire ancienne in cui sono inseriti dei versi (e con la versificazione gnomica ed enfatica dei sermoni) si rilevano soprattutto differenze. I versi dei Quatre livres sono narrativi, non gnomici o persuasivi. È anche interessante notare come le rime 59si ripetano a coppie, formando dei distici, in maniera del tutto comparabile con l’esempio di prosa isidoriana fornito da Giovanni di Garlandia. I sintagmi delimitati dai membri dell’omoteleuto sono però qui isosillabici. Evidentemente, il contesto di produzione e copia dei Quatre livres doveva essere tale da produrre e soprattutto trasmettere versi metricamente corretti. Questa è una capacità non scontata nell’ambito insulare da cui provengono sia il testo che il manoscritto, e dice molto sull’ambizione di questa traduzione e sulla cura esercitata da coloro che l’hanno trasmessa. Nell’ultima frase la rima ravvicinata tra truverent e alerent ricorda l’accumulazione nei passi in prosa della sezione Genèse dell’Histoire ancienne, ed è in effetti non con le inserzioni in versi, ma con la prosa rimata della cronaca universale che i Quatre livres possono essere confrontati per quanto riguarda l’effetto fonico sortito dalle ripetizioni. I Quatre livres des reis, ammesso che fossero noti all’autore dell’Histoire ancienne, potrebbero aver rappresentato un modello di prosa con omoteleuto che egli può aver tentato di imitare nella sezione finale di Genèse, ma senza avere la perizia necessaria.
Il secondo esempio proviene dai Faits des Romains, coevi all’Histoire ancienne e anche loro cruciali nell’affermazione della prosa di grande respiro nella cultura francese del primo xiii. Le differenze tra l’Histoire ancienne e i Faits sono notevolissime : dal punto di vista formale, nei Faits il narratore è infinitamente meno ingombrante ; dal punto di vista contenutistico-culturale, i Faits traducono fedelmente fonti classiche (che comprendono Cesare, Sallustio e Lucano). Occasionalmente, anche nei Faits dei versi compaiono nella prosa :
Assaracus li dist :
« Sire compainz, qui vos a fet bouchier ?
Mout bien savriez un porceau depecier. »
Levus s’en rist, si ra feru Disdier.
Si soavet li rest le hanapier
Que le cervele li fist dou test voidier.
Assaracus, qui tint sa mace,
Aïde a descombrer la place.
.v. en ocist en pou d’espace.
L’un apeloit l’en Ciriace.
Celui froissa et nés et face
Assaracus en cele chace36.
60Non solo si tratta di nuovo di versi narrativi, ma di due brevi lasse (la prima di decasillabi, la seconda di ottosillabi) che descrivono un episodio di scontro militare. In tutto il corpus esaminato i Faits des Romains sono l’unico testo in cui l’uso del verso, tra l’altro rarissimo, rivela una competenza attiva da parte dell’autore nel campo della versificazione narrativa secondo i modelli della canzone di gesta. Non a caso, i versi occorrono nel racconto della presa pompeiana di Phycunta, un avamposto fortificato in Cirenaica, a cui nella Pharsalia sono dedicati solo due versi (IX, 39-40) e che il traduttore francese sviluppa in una lunga scena epica. Assaracus, Disdier e Ciriace, i tre combattenti menzionati, sono creazioni del traduttore francese.
Gli esempi di amplificazione delle fonti latine tramite la descrizione di battaglie campali sono numerosi nell’Histoire ancienne. Sia il suo autore che quello dei Faits sono consapevoli che queste descrizioni sono attese e apprezzate dal pubblico volgare. A differenza dei Faits, però, l’autore dell’Histoire ancienne non introduce dei personaggi assenti nelle fonti. Nelle sezioni di storia biblica e orientale antica il fatto che le fonti non raccontino di exploit bellici individuali è spiegato dall’autore con l’assenza della pratica del combattimento a cavallo nella tecnica militare di queste epoche remote : « Ne truis en l’estorie les nons de ceaus qui bien le firent, quar n’i ot sor les chevaus encontre perilous, ni joste de lance de fraisne par aatine faite ne entreprise » (§ 79.2). Per quanto riguarda le sezioni di storia romana, invece, non ci sono dubbi che i consoli siano cavalieri per pratiche e mentalità, ma l’autore dell’Histoire ancienne si astiene comunque da interpolazioni del tipo di quelle dei Faits. L’influsso esercitato dalla canzone di gesta (sia a livello contenutistico che a livello formale) sui Faits è quindi assente dall’Histoire ancienne, e l’autore di quest’ultima non impiega la lassa, la tecnica d’elezione della letteratura epica e di molta narrativa storico-bellica in versi (soprattutto alessandrini) del xii secolo.
I Faits sono il frutto di una dinamica di ricezione della cultura latina molto polarizzata : da un lato, le fonti appartengono alla letteratura classica e pagana ; dall’altro, l’adattamento è aperto alle pratiche di interpolazione molto spinte che erano state il marchio di fabbrica degli adattamenti in francese del xii secolo (in primo luogo i romans d’antiquité). 61Nel sistema che sottende all’Histoire ancienne, al contrario, i due poli della fonte e dell’adattamento sono molto più prossimi : entrambi cristiani e fondamentalmente solidali dal punto di vista della visione del mondo. La competenza dell’autore dell’Histoire ancienne sembra in effetti essersi formata proprio nell’ambito di una cultura della traduzione nella quale le fonti (soprattutto patristiche) e i prodotti sono molto vicini dal punto di vista dei valori e della visione del mondo da essi implicati : una tradizione formatasi a partire da una produzione di stampo catechetico e didattico-religioso che, da un punto di vista formale, si riconosceva nell’ottosillabo e nei primi esperimenti di prosa, occasionalmente rimata (traduzioni bibliche e sermoni).
Questa tradizione, costruita tra il xii e il primo xiii secolo, sembra avere una sua continuità basata sul rapporto costante tra l’espressione volgare e i modelli latini patristici, sfruttati direttamente o mediati dalla ricezione contemporanea di ambito latino (anche di matrice universitaria). Cosa ancora più interessante, non è una tradizione conservatrice e chiusa all’innovazione. Al contrario, un autore formatosi al suo interno come quello dell’Histoire ancienne ha potuto introdurre delle innovazioni eclatanti come la prosa di grande respiro e dei contenuti del tutto inediti in volgare. Soprattutto, ha potuto negoziare con il suo pubblico l’apertura del canone storiografico cristiano alla materia pagana di Tebe e Troia. In questo modo, egli ha determinato l’immissione dei prodotti e dei valori della produzione profana della generazione precedente nella nuova erudizione volgare del xiii secolo.
Maria Teresa Rachetta
Scuola Superiore Meridionale
– Napoli
1 Questo saggio è uno dei risultati del progetto The Values of French Language and Literature (King’s College London, da ora in poi TVOF), finanziato dalla European Research Commission e diretto da Simon Gaunt ; l’équipe è composta, oltre che da chi scrive, da Simone Ventura, Hannah Morcos, Henry Ravenhall, Natasha Romanova, con la collaborazione di Paul Caton, Ginestra Ferraro e Geoffroy Noël (ulteriori informazioni e gli output digitali del progetto si trovano all’indirizzo www.tvof.ac.uk [consultato il 25/02/2020]). In questo saggio presenterò alcuni aspetti particolari di una ricerca più ampia che è parte integrante del mio volume in lavorazione, Historical Knowledge and Vernacular Rhetoric. French Historical Narratives in the Mediterranean Network (1150-1230). Un ringraziamento speciale va a Francesco Montorsi per avermi permesso di discutere le mie ricerche nel contesto del bel convegno zurighese per essere ormai da qualche anno un interlocutore per me preziosissimo. L’Histoire ancienne è un testo di dimensioni imponenti ; negli studi moderni (a partire da quelli di Marc-René Jung, che su questo punto ha rivisto una prima proposta di Paul Meyer) si è imposta una divisione in undici sezioni : Genèse (I), Orient I (II), Thèbes (III), Grecs et Amazones (IV), Troie (V), Eneas (VI), Rome I (VII), Orient II (VIII), Alexandre (IX), Rome II (X) e Jules César (XI). Nel corso degli ultimi decenni alcune di queste sezioni sono state oggetto di edizione : The Heard Word : A Moralized History. The Genesis Section of the Histoire ancienne in a Text from Saint-Jean d’Acre, ed. by Mary Coker Joslin, University (Miss.), Romance Monographs, 1986 (sezione I) ; Histoire ancienne jusqu’à César (Estoires Roger), éd. par Marijke De Visser-van Terwisga, Orléans, Paradigme, 1995-1999 (sezioni II-IV) ; Marc-René Jung, La légende de Troie en France au Moyen Âge, Basel – Tübingen, Francke, 1996, p. 358-430 (sezione V) ; L’Histoire ancienne jusqu’à César ou Histoires pour Roger, châtelain de Lille, de Wauchier de Denain. L’histoire de la Perse, de Cyrus à Assuérus, éd. par Anne Rochebouet, Turnhout, Brepols, 2015 (sezione VIII) ; L’Histoire ancienne jusqu’à César ou Histoires pour Roger, châtelain de Lille de Wauchier de Denain ; L’Histoire de la Macédoine et d’Alexandre le Grand, éd. par Catherine Gaullier-Bougassas, Turnhout, Brepols, 2012 (sezione IX). Nel contesto di TVOF stiamo preparando una edizione digitale completa del testo secondo la lezione di due codici di notevole importanza storica e spesso elevata qualità testuale : Paris, Bibliothèque Nationale de France, f. fr. 20125 (il testimone più conservativo della cosiddetta « prima redazione ») e London, British Library, Royal 20 D 1 (il testimone più antico e probabilmente l’archetipo della « seconda redazione », una riscrittura prodotta a Napoli a metà del Trecento). Sulle diverse « redazioni » dell’Histoire ancienne si veda Richard Trachsler, « L’Histoire au fil des siècles. Les différentes rédactions de l’Histoire ancienne jusqu’à César », Transcrire et/ou traduire. Variation et changement linguistique dans la tradition manuscrite des textes médiévaux. Actes du congrès international, Klagenfurt 15 – 16 novembre 2012, éd. par Raymund Wilhelm, Heidelberg, Winter, 2013, p. 77-95 ; sulla tradizione manoscritta della seconda redazione si veda ora Luca Barbieri, « La versione “angioina” dell’Histoire ancienne jusqu’à César : Napoli crocevia tra cultura francese e Oriente latino », Francigena, 5 (2019), p. 1-26, e Id., « La solitude d’un manuscrit et l’histoire d’un texte : la deuxième rédaction de l’Histoire ancienne jusqu’à César », Romania, vol. 138 (2020), p. 39-97.
2 Per la datazione si veda Francesco Montorsi, « Sur l’intentio auctoris et la datation de l’Histoire ancienne », Romania, 134 (2016), p. 151-168.
3 Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, I, x, 2, ed. a cura di Mirko Tavoni, Milano, Mondadori, 2017, p. 110. Per una messa a punto relativa a questa identificazione, praticamente obbligata (dato che nessun altro testo francese noto risulta compatibile con la descrizione dantesca) ma non sempre accettata nella bibliografia e nei commenti al De Vulgari, si veda ora Federico Rossi, « Dante e le ambages cavalleresche », Critica del testo, 22/1 (2019), p. 67-107 (71-72).
4 Cito solo alcuni dei contributi più recenti dedicati alla diffusione manoscritta dell’Histoire ancienne : Fabio Zinelli, « Au carrefour des traditions italiennes et méditerranéennes. Un légendier français et ses rapports avec l’Histoire Ancienne jusqu’à César et les Faits des romains », L’agiografia volgare. Tradizioni di testi, motivi e linguaggi. Atti del congresso internazionale (Klagenfurt, 15-16 gennaio 2015), a cura di Elisa De Roberto e Raymund Wilhelm, Heidelberg, Winter, 2016, p. 63-131 ; Anne Rochebouet, « De la Terre Sainte au Val de Loire : diffusion et remaniement de l’Histoire ancienne jusqu’à César au xve siècle », Romania, 134 (2016), p. 166-200 ; Matteo Cambi, « Note sull’Histoire ancienne jusqu’à César in area padano-veneta (con nuove osservazioni sul ms. Wien, ÖNB, 2576) », Forme letterarie del Medioevo romanzo : testo, interpretazione e storia, XI Congresso della Società Italiana di Filologia Romanza, a cura di Antonio Pioletti e Stefano Rapisarda, Soveria Mannelli, Rubettino, 2016, p. 145-161 ; Craig Baker, « La version vulgate de l’Histoire ancienne jusqu’à César », Revue belge de philologie et d’histoire / Belgisch Tijdschrift voor Filologie en Geschiedenis, 95 (2017), p. 745-772.
5 Si veda Paul Meyer, « Wauchier de Denain », Romania, 32 (1903), p. 583-586, e id., « Versions en prose des Vies des pères », Histoire littéraire de la France, 33 (1906), p. 254-232.
6 § 1, vv. 266-270. Qui e di seguito cito il testo dell’Histoire ancienne sulla base dell’edizione a cura dell’équipe di TVOF : The Histoire ancienne jusqu’à César : A Digital Edition, a cura di Hannah Morcos, Simon Gaunt, Simone Ventura, Maria Teresa Rachetta, Henry Ravenhall, Natasha Romanova e Luca Barbieri ; con il supporto tecnico di Paul Caton, Ginestra Ferraro, Marcus Husar, and Geoffroy Noël (ISBN : 978-1-912466-15-3). Online all’indirizzo http://www.tvof.ac.uk/textviewer/ (consultato il 02/11/2020). Sia in questo caso che in quello degli altri testi citati riproduco le convenzioni grafiche adottate dagli editori.
7 Per esempio, i Faits des Romains, le varie versioni della cronaca dello Pseudo-Turpino, o le due cronache dell’Anonimo di Béthune (ovvero i testi che compongono il canone critico stabilito nel seminale Gabrielle M. Spiegel, Romancing the Past. The Rise of Vernacular Prose Historiography in Thirteenth-Century France, Berkeley – Las Angeles – Oxford, University of California Press, 1993) non presentano moralizzazioni in versi e sono molto più parchi per quanto riguarda gli interventi del narratore.
8 Per maggiori dettagli si veda il mio « Per una storia della cultura volgare francese. La narrativa storica (1150-1260) » negli atti del XII Convegno della Società Italiana di Filologia Romanza (S.I.F.R.), La filologia romanza e i saperi umanistici II, Roma, 3-6 ottobre 2018 (in corso di stampa).
9 Per una storia della progressiva adozione della prosa in diversi settori della letteratura antico francese si veda Brian Woledge – H. P. Clive, Répertoire des plus anciens textes en prose française depuis 842 jusqu’aux premières années du xiiie siècle, Genève, Droz, 1964, in particolare le p. 18-43 per quanto riguarda il contesto continentale. Non è facile ricondurre gli ottosillabi morali dell’Histoire ancienne a un modello specifico nel campo della letteratura didattica, ma questo a mio parere solo perché tale letteratura (o meglio, l’insieme dei testi che possono avere anche un’intonazione didattica, magari episodica) non ha un metro specializzato d’elezione : impiega il couplet di metri vari, diverse forme strofiche, talvolta la lassa. In couplet di ottosillabi è comunque la produzione, ampia e molto fortunata, di Gautier de Coincy. Per la varietà metrica nella letteratura non lirica antico-francese, in particolare nell’ambito dell’agiografia, si veda Stefano Maria Cingolani, « Conservazione di forme, adattamento e innovazione. Note preliminari sulla metrica della letteratura religiosa francese fra xi e xiii secolo », Cultura Neolatina, 45 (1985), p. 23-44.
10 Molte delle sezioni in versi si possono leggere in Histoire ancienne […], ed. cit., De Visser-van Terwisga, t. 2, p. 291-308 ; a una considerazione approfondita della tradizione emerge però che anche i manoscritti migliori dell’Histoire ancienne presentano, nelle sezioni in prosa, tracce di dérimage in luoghi a cui nell’originale dovevano corrispondere ulteriori, brevi, sezioni in versi.
11 Cf. § 34, 49 e 85.
12 Si veda Emma Campbell, « The Time of Translation in Wauchier de Denain’s Histoire des moines d’Égypte », Florilegium, 31 (2014), p. 1-29, per uno studio di come lo stesso autore (se si crede all’attribuzione di Paul Meyer) o comunque un autore molto vicino a quello dell’Histoire ancienne per epoca e sensibilità si comporti alle prese con la traduzione di un autore cristiano moralmente accreditato a priori come il Postumiano pseudo-autore delle Historiae Monachorum di Rufino, a cui il traduttore si sovrappone nella situazione comunicativa.
13 § 34.1.
14 § 102.1.
15 § 1, v. 243-250. Da questi passi del prologo deriva la fortunata interpretazione dell’Histoire ancienne come un’opera intesa alla celebrazione della gloria della contea di Fiandra nel contesto dell’opposizione all’espansione della corona negli anni del regno di Filippo Augusto, recentemente messa seriamente in discussione da Francesco Montorsi ; si veda Montorsi, « Sur l’intentio auctoris […] », art. cité.
16 Wil Boers, La Genèse d’Évrat, 4 vol., Brive-la-Gaillarde, Ver Luisant, 2002 ; id, « La Genèse d’Evrat », Scriptorium, 61 (2007), p. 74-149 ; Anna Maria Raugei, « La Genesi di Evrat : un problema di doppia redazione », Studi mediolatini e volgari, 54 (2008), p. 179-210.
17 § 370.1.
18 Si veda Arthur Watson, The Early Iconography of the Tree of Jesse, London, Oxford University Press – Humphrey Milford, 1934.
19 § 205.1.
20 § 206.8.
21 § 220.3.
22 § 230.2-4.
23 § 298.5-6.
24 Riporto qui i dati relativi allo spoglio completo, precisando che non ritengo si possano trarre da essi conclusioni ulteriori rispetto a quelle da me formulate sopra (soprattutto non conclusioni circa la frequenza, visto che le sezioni sono di estensione molto variabile). Per oés et entendés, Genèse : oés et entendés (6 volte) ; Orient I, nessuna occorrenza ; Thèbes : oés et poés entendre ; Grecs et Amazones : poés oïr et entendre, poés entendre et savoir ; Troie : nessuna occorrenza ; Eneas : entendés et oés ; Rome I : oés et entendés (3 volte) ; n’entendés ne ne cuidés, sachés bien et entendés, esguardés et entendés ; Orient II : oés et entendés (3 volte) ; Alexandre : oés et entendés (2 volte), com vos oés et com vos poés entendre, com vos oés et poés entendre, poés oïr et entendre (3 volte), poés avoir oï et entendu ; Rome III : vos ci oés et poés entendre ; sachés et entendés (2 volte). Per dire et descrire, Genèse : dire et descrire (3 volte) ; Orient I : descrire et dire ; Thèbes : descrire et dire, au reconter et au descrire ; Grecs et Amazones : deviser et descrire ; Troie : nessuna occorrenza ; Eneas : conter ne descrire ; Rome I : conter et dire ; Orient II : conter et dire ; Alexandre : a descrire ne de dire, conter ne descrire ; Rome II : descrire ne dire ; conter ne descrire, dire et conter, raconter ne dire (7 volte), dire ne deviser.
25 The Parisiana Poetria of John of Garland, ed. by Traugott Lawler, New Haven – London, Yale University Press, 1974, p. 106. Sullo stile isidoriano si veda Karl Polheim, Die Lateinische Reimprosa, Berlin, Weidmannsche, 1925, p. 432-435.
26 The Parisiana Poetria, ed. cit., p. 108.
27 Per lo studio del sistema dei generi mediolatini da un punto di vista di teoria poetologica si veda Päivi Mehtonen, Old Concepts and New poetics. Historia, Argumentum, and Fabula in the Twelfth-and Early Thirteenth-Century Latin Poetic of Fiction, Helsinki, Societas Scientiarum Fennica, 1996. Per un punto di vista più generale si veda anche l’ormai classico Bernard Guénée, Histoire et culture historique dans l’Occident médiéval, Paris, Aubier-Montaigne, 1980, p. 18.
28 The Parisiana Poetria, ed. cit., p. 100.
29 « Qui verité aime et retient / As comans Damedeu se tient : / Je n’i veull fors verité dire. / Longue en iert assés la matire / Qu’en pensee ai contier a plain / Por qu’il plaise le chastelain / De Lisle, Rogier, mon segnor, / Cui Deus doint santé et honor, / Joie, paradis en la fin » (§ 1, v. 257-265).
30 Un solo esempio : « Bien erent deceu et avule quant de Deu ne se reconoissoient qui avoit lor ancestres guaris et salvés, si com vos avés oï ariere, par le grant doloive ens en l’arche tres adonc, et devant ce assés comencierent les foles errances qui puis furent bien maintenues » (§ 83.2).
31 Per la datazione si veda The Parisiana Poetria, ed. cit., p. XIV.
32 § 744.5-7.
33 § 1183.6-7.
34 Si veda Michel Zink, La Prédication en langue romane avant 1300, Paris, Champion, 1976, p. 271-276 (per le citazioni p. 275).
35 Li quatre livre des reis, kritisch herausgegeben von Ernst Robert Curtius, Dresden, Niemeyer, 1911, p. 17.
36 Li Fet des Romains, éd. par Louis-Ferdinand Flutre et Kornelis Sneyders de Vogel, Paris – Groningue, Droz – Wolters, 1937, t. 1, p. 578-579 ; Paul Meyer, « Les premières compilations françaises d’histoire ancienne. – I. Les Faits des Romains. – II. Histoire ancienne jusqu’à César », Romania, 14 (1885), p. 1-81, p. 30.
- Thème CLIL : 4027 -- SCIENCES HUMAINES ET SOCIALES, LETTRES -- Lettres et Sciences du langage -- Lettres -- Etudes littéraires générales et thématiques
- ISBN : 978-2-406-11909-8
- EAN : 9782406119098
- ISSN : 2261-1851
- DOI : 10.48611/isbn.978-2-406-11909-8.p.0037
- Éditeur : Classiques Garnier
- Mise en ligne : 15/12/2021
- Langue : Italien
- Mots-clés : Langue vernaculaire, modèles, composition, Genèse, prose rimée, style, sources, auteur