Comptes rendus
- Publication type: Journal article
- Journal: Revue des études dantesques
2018, n° 2. varia - Author: Maślanka-Soro (Maria)
- Pages: 177 to 184
- Journal: Dante Studies
Sabrina Ferrara, La parola dell’esilio. Autore e lettori nelle opere di Dante in esilio, Firenze, Cesati editore, 2016.
La problematica legata alla ricezione di un’opera letteraria gode di un crescente interesse e occupa sempre più spazio nel campo della ricerca. Penso alla ricezione intesa non solamente nel senso di traduzione o reinterpretazione intertestuale/intersemiotica, bensì a quella iscritta in un testo trattato come sistema comunicativo, con dei ruoli «orchestrati» da chi scrive, tra i quali si distinguono quelli di autore, narratore e personaggio agente e un dovuto spazio viene concesso a chi è destinato a ricevere il messaggio, soprattutto il lettore, esplicito o implicito, e – se previsto – il dedicatario. Superata ormai la tendenza a trattare un’opera letteraria come priva di un’intenzionalità interna, tendenza caratterizzatasi dalla «morte dell’autore», ritorna l’interesse per la componente autobiografica, ma con rinnovati metodi di ricerca. Questa prospettiva è particolarmente promettente nel caso di un autore come Dante, il quale, come dimostra Sabrina Ferrara nel suo recente libro La parola dell’esilio. Autore e lettori nelle opere di Dante in esilio, orienta la lettura dei suoi scritti, a volte tramite l’auto-esegesi, ma in ogni caso con l’aiuto di indicatori interni, aspettandosi come auctor dai propri destinatari (coevi o meno) una corretta decodificazione dei contenuti grazie a un sistema di codici che lui e loro possiedono in comune.
Lo studio di Ferrara si presenta come coronamento delle sue ricerche dedicate in gran parte a una problematica dantesca finora piuttosto trascurata dalla critica o, meglio, affrontata in maniera più o meno parziale, circoscritta in genere alla Commedia, con una distinzione tra Dante-autore e Dante-personaggio, in vari contributi che tuttavia non appaiono esaustivi. Eppure, come si può evincere dalla lettura delle 318 pagine della monografia in questione (364, se aggiungiamo la bibliografia e l’indice dei nomi, dei luoghi e delle opere anonime), molto dense e raffinate stilisticamente, il «viaggio» metapoetico attraverso la variegata produzione letteraria dell’Alighieri, in continua evoluzione, con l’occhio diretto sul suo incessante «dialogo» (come autore e come 178narratore) con reali o potenziali destinatari, diventa un’avventura non meno drammatica e coinvolgente, non meno «vera» del viaggio mimetico del suo personaggio. L’Autrice svolge la sua indagine prendendo in considerazione quasi tutte le opere dantesche, ad eccezione delle Rime e della Vita Nova, opere giovanili, composte prima dell’esilio, ma in alcuni casi cronologicamente indeterminate, concentrate prevalentemente sulla tematica amorosa (in evoluzione), a volte di complessa e controversa interpretazione, non prive di uno sperimentalismo retorico e espressivo.
Nel suo itinerario critico Ferrara adotta un approccio cronologico ai testi, escludendo però da esso l’opus magnum, evolutivo nelle sue fasi di composizione, ma molto compatto nell’intreccio narrativo e nei significati che si compenetrano reciprocamente. Vengono proposti in genere due piani di lettura, determinati dall’autore (p. 22): uno denotativo (che corrisponde al primo livello di interpretazione) e l’altro connotativo (che comprende l’esegesi e la decodificazione della visione e dell’ideologia dell’autore).
Nonostante l’Autrice non perda mai di vista la prospettiva storicistica, occorre notare l’interdisciplinarità del suo studio ovvero il ricorso a strumenti propri della teoria letteraria, linguistica e teoria della comunicazione che assicurano precisione a un discorso prevalentemente analitico.
L’esilio di Dante, come giustamente viene a più riprese sottolineato nel libro, ha avuto un impatto notevole sulla sua vita e produzione letteraria, segnando «uno spartiacque esistenziale e letterario tra un “prima” e un “dopo”» (p. 14). L’esilio ha fatto maturare la sua riflessione critica, costringendolo a rielaborare finalità personali e aprendolo a quelle collettive, nel senso di farsi «voce» del pensiero e volontà di una collettività che nei suoi scritti subisce un’evoluzione da municipale a universale. Tutto questo non rimane senza conseguenze sul cambiamento dello statuto personale e autoriale nelle sue opere e sull’organizzazione del testo in vista di nuove strategie retoriche e funzioni del linguaggio.
Lo studio consta di tre parti intitolate rispettivamente Il poeta-profeta, La Commedia, Epilogo latino, delle quali ciascuna è divisa in capitoli e sottocapitoli il cui assetto cronologico permette di seguire il funzionamento e lo sviluppo di varie categorie comunicative e le loro relazioni.
Il materiale analitico della prima parte è composto dell’epistolografia (con l’esclusione della lettera a Cangrande) e trattatistica. La singolarità 179di alcune lettere dantesche consiste nel fatto che pur trattando di argomenti di interesse collettivo o addirittura essendo scritte a nome di una collettività (come ad esempio la prima, indirizzata a Niccolò da Prato da parte di uno dei conti Romena e della «Universitas partis Alborum de Florentia»), contengono opinioni quasi programmatiche di carattere personale. L’Autrice dimostra come nelle prime lettere (I-IV) Dante crea e sviluppa il proprio mito di «exul inmeritus» in una progressione evolutiva che da «personaggio» (la cui immagine viene suggerita nel corpo dell’Ep. I e II) passa a «mittente» (il sintagma compare nell’intitulatio dell’Ep. III). In entrambi i ruoli, la sua immagine acquista una esemplarità di chi subisce una sorte profondamente ingiusta che si oppone alla verità, ma che nei tempi rei diventa l’unica possibile. In un’analisi puntuale e precisa dell’Ep. III destinata a Cino da Pistoia che sta per partire in esilio, accompagnata da un sonetto responsivo di carattere stilnovista, si ribadisce che «la semantica di “exul”, riflette […] il proponimento da parte del redattore […] di ricollegarsi alla tradizione romana la quale non rinviava solo a una procedura di esclusione da parte dell’autorità costituita, ma altresì all’idea di un allontanamento intenzionale» (p. 41-42). Inoltre si sottolinea anticipatamente l’evoluzione di questo sintagma che più tardi, soprattutto nella Commedia assumerà il significato universale, vicino a quello biblico secondo cui la vita terrestre è un esilio rispetto a quella celeste (p. 42).
Passando all’analisi dei due trattati quasi coevi, il Convivio e il De vulgari eloquentia, l’Autrice mette l’accento sul fatto che Dante vi tenta di costruire la propria immagine di filosofo e di studioso che integrano quella dell’esule. Il problema comunicativo nel primo scritto si presenta come complesso, data la necessità della distinzione tra i lettori delle canzoni allegoriche («vivanda») e quelli della prosa che ne costituisce il commento («pane»), nonché l’identificazione categoriale dei lettori delle canzoni (p. 61). Dai suoi destinatari Dante esclude i litterati, cioè i letterati professionisti corrotti e perciò privi di una vera nobiltà – che nella classifica proposta dall’Autrice fanno parte della categoria dei «non-destinatari» (p. 68) –, rivolgendosi invece, nel desiderio di trasmettere loro una conoscenza fondata sulla verità, ai «destinatari annunciati» (p. 70) ignari del latino, ma in possesso di una virtù individuale e di una nuova nobiltà. Si tratta prima di tutto dei nobili signori delle città d’Italia settentrionale e altrettanto nobili governanti di comuni italiani, 180atti a costituire una nuova classe dirigente, colta e istruita «in saggezza e in prudenza» (p. 76), capace di «garantire la felicita e il benessere dei loro soggetti» (p. 75). Ferrara distingue ancora un gruppo di «lettori-antagonisti» (p. 76), impliciti e immaginati, pronti a ostacolare le idee di Dante.
Nel secondo trattato, pure esso incompiuto, l’obiettivo primario è, come risaputo, quello della necessità di elaborare il volgare illustre, una lingua letteraria comune «italiana», sovra-municipale e unitaria (il cui archetipo viene suggerito da Dante), capace di competere con il latino e diventare uno strumento ideale della comunicazione. Sabrina Ferrara riesce, tra l’altro, a dimostrare convincentemente l’esistenza di un forte legame tra il trattato filosofico e quello linguistico, in quanto la teoria linguistica esposta nel primo nasce dallo stesso anelito dantesco all’unità politica, già esposto nel Convivio. Vi si cela pure il desiderio di affermare la propria identità culturale, dopo aver perso quella municipale per via dell’esilio.
Il carattere naturale del volgare lo pone al di sopra del latino, tesi che in qualche modo si oppone a quella della superiorità del latino nel trattato filosofico. Per l’Autrice la nobiltà del volgare viene però ridimensionata dalla redazione in latino, giustificata dalla scelta dei destinatari, disposti non favorevolmente all’uso della lingua volgare, i «lettori-antagonisti» del Convivio, ai quali l’autore si propone come guida illuminante (p. 91) con l’intento di «discretionem […] lucidare illorum qui tanquam ceci ambulant per plateas» (DVE I i 1). Inoltre, viene studiato il rapporto tra l’autore e il lettore che a livello formale si manifesa negli appelli al lettore, figura retorica sfruttata più abbondantemente nella Commedia, ma già presente nei due primi trattati con l’obiettivo ben preciso di polarizzare l’attenzione dei lettori su determinate questioni oppure di guidare coloro (poeti e letterati) che sono favorevoli al suo progetto linguistico di nobilitazione del volgare, nello sforzo di parteciparvi attivamente.
I rapporti di comunicazione assumono un’importanza particolare negli scritti prettamente politici: la Monarchia e le lettere prodotte nello stesso periodo della sua composizione. Dopo aver illustrato la questione della controversa datazione del trattato politico, che le permette di esprimere il proprio parere in proposito (p. 106), Sabrina Ferrara si sofferma più a lungo sul funzionamento della struttura comunicativa in tutti questi testi, a cominciare dalla Monarchia, osservando che la scelta del latino 181vi è motivata dalle categorie di destinatari ben precise e dichiarate (gli ecclesiastici, il pontefice, i nobili e potenti signori), nonché dall’evoluzione della missione dell’autore che si rivolge non più ai destinatari italici, ma a tutta l’umanità per indicarle la migliore forma di governo. La formula linguistica adottata presuppone dei lettori colti e risulta utile nel definire lo statuto autoriale, disposto a creare «un rapporto di reciprocità e d’interdipendenza tra il supremo potere politico e sé stesso quale rappresentante esemplare degli intellettuali» (p. 111). Aspirando a un riconoscimento di sé non solamente come guida politica, ma come autorità la cui parola di verità scaturisce da Dio, Dante si propone come latore di un messaggio profetico mirato ad «apportare una soluzione globale al traviamento del mondo […] che avrebbe garantito la pace per l’affermazione dell’umanità» (p. 114). L’Autrice individua nella sua puntuale, penetrante analisi, la figura del lettore che, nelle intenzioni dell’autore sarebbe capace di «decodificare il messaggio criptato e sottinteso» (p. 115); si tratterebbe dell’umanita traviata a cui sono destinate delle verità «mai rivelate» prima, di stampo più etico che politico, innanzitutto l’idea di unità del genere umano, la soluzione sine qua non per assicurare il benessere della persona umana. L’esame dei rapporti comunicativi nella Monarchia prosegue con un’ulteriore distinzione dei destinatari in quelli che risultano avversari laici e religiosi dell’Impero, oltre che quelli chiamati «lettori-complici» (p. 125), bisognosi di essere orientati verso l’adesione ai suoi argomenti. Infine, viene indicato il destinatario privilegiato nella persona del pontefice.
Un simile spirito profetico e dottrinale si fa sentire nelle tre epistole politiche, V, VI, VII che, nel giudizio dell’Autrice «svolgono il ruolo di manifesto politico e morale con tutte le implicazioni che sono dettagliate nel trattato latino» (p. 140). A livello di comunicazione, oltre alla conoscenza dei codici: referenziale, linguistico e categoriale, Dante costruisce un codice intertestuale che richiede dal decodificatore l’attivazione di un «decriptaggio particolare» (ibidem). Perfino le epistole «d’occasione», VIII, IX e X, redatte in nome della contessa Gherardesca, contengono un linguaggio criptato in cui l’autore esprime la propria devozione alla causa imperiale. Il ruolo prettamente pubblico svolge invece la lettera XI ai cardinali riuniti in conclave dopo la morte di Clemente V nel 1314, dove Dante non si pronuncia unicamente in suo nome, ma anche a nome di altri delusi della situazione all’interno della Chiesa.
182La delusione causata dal fallimento della missione imperiale di Arrigo VII segna una nuova tappa nella vita di Dante che si allontana quasi definitivamente dalla vita pubblica. I primi sintomi di questa delusione si osservano nella Commedia, dove, tra l’altro, si affina l’immagine profetica, già apparsa nelle epistole, assumendo la forma di scriba Dei.
La costruzione narrativa del poema si presenta, nella prospettiva adottata nel libro, come complessa dal punto di vista del sistema comunicativo tripartito che prevede la presenza di Dante in quanto auctor, narrator e agens. Quest’ultimo, pur conservando la dimensione storica dell’exul inmeritus, funziona come modello e esempio per l’umanità smarrita, bisognosa di indicarle un iter per recuperare la vera felicità. La figura narratoriale rende possibile il racconto del viaggio di Dante-personaggio, rifaccendosi, fin dall’inizio, alla propria memoria, oltre che al proprio talento e alle Muse, simbolo dell’ispirazione dall’alto; ma è anche il chiaro segnale del legame che Dante-autore – il quale conferisce forma letteraria a questo itinerario verso la salvezza – intende stabilire con la precedente tradizione epica nel senso di una continuazione, anche se profondamente innovativa.
Se il personaggio di agens si trova in continua evoluzione morale e conoscitiva, così che, ricorrendo alla terminologia narratologica, si può parlare di una «distanza narrativa» tra lui e il narratore che non subisce un processo evolutivo, «ancorato», com’è, «nel passato del ricordo e della memoria» (p. 170), tale processo tocca all’auctor, a livello intellettuale e personale, come giustamente ribadisce l’Autrice, mostrando nella sua analisi «come l’auctor sia il supporto della comunicazione e che ogni atto comunicativo che passa attraverso il narratore abbia come orizzonte intimo la costruzione poetica e autoriale» (p. 172).
Nel primo canto vengono indicate, nell’interpretazione suggerita da Ferrara, «le chiavi di lettura del poema svelate dal suo personaggio» (p. 179). Infatti, fin dal primo canto dell’Inferno viene introdotto non solo il tema del percorso di salvezza del pellegrino, bensì parallelamente pure quello poetico dell’autore: tramite la coppia Virgilio-Dante il poeta suggerisce la natura (didattica e metaletteraria) del rapporto che legherà l’auctor ai suoi lettori. Inoltre, tramite il personaggio di Virgilio e le allusioni classiche e bibliche (al viaggio di Enea e quello di san Paolo) nel canto successivo, e, più avanti nel canto IV, Dante-autore conferisce alla sua Commedia una dimensione poetica finora sconosciuta alla tradizione 183culturale a lui nota (accanto all’antica, anche quella medievale), innalzandola ad un livello superiore (quanto al contenuto e la forma stilistica) di lettura, come un’opera in cui il massimo livello artistico rimane in funzione della trasmissione delle più alte verità. Tali chiavi ermeneutiche sono poi applicate alla lettura delle parti più significative per la distribuzione dei ruoli comunicativi nell’Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Nei tre ampi capitoli dedicati alla Commedia, vengono analizzati rispettivamente: il rapporto con il lettore nei prologhi e appelli, «la comunicazione muta» che si manifesta in diversi «luoghi» e «non-luoghi» dell’aldilà, dove il discorso autoriale si fa sentire attraverso il carattere figurativo, a volte fortemente simbolico, di vari elementi dello spazio e, infine, il viaggio dell’auctor, inteso come un percorso metaletterario parallelo a quello dell’agens maturato negli incontri con i suoi maestri e poeti-amici, terminato con il superamento della tradizione classica e quella volgare e il raggiungimento del pieno statuto di scriba Dei nell’allusa somiglianza con Davide, cantore di Dio. Il lettore, nel compito della comprensione del testo dantesco, compito reso complesso per il suo carattere fortemente connotativo che necessita una corretta decodificazione della visione dell’auctor, viene guidato da quest’ultimo tramite diversi indici esegetici, concettuali o estetici disseminati nel testo. Arrivato alla fine del poema dovrebbe aver acquisito una nuova consapevolezza anche riguardo al carattere evolutivo del percorso poetico di Dante, come ha convincemente dimostrato Sabrina Ferrara.
L’ultimo capitolo, intitolato «Epilogo latino», è dedicato a tre scritti, contemporanei alla redazione del Paradiso, diversi quanto al genere e stile, ma legati insieme da uno stesso discorso autoriale. Nell’Epistola a Cangrande si osserva una bipartizione stilistica (genere epistolare/testo dedicatorio), la quale implica la moltiplicazione dell’autore e la molteplicità dei lettori: se a Dante come destinatore della lettera corrisponde il destinatario nella persona di Cangrande, entrambi «si riconoscono nell’autore-dedicatore del Paradiso e nel lettore-dedicatario» (p. 317). Nel gruppo di lettori impliciti, ostili all’amicizia tra il signore di Verona e il poeta, nonché al suo opus magnum, incapaci di decodificare correttamente i reali significati della poesia dantesca, Sabrina Ferrara individua i destinatari del discorso didattico e polemico tenuto a Verona, la cui formulazione scritta costituirà la Questio de aqua e terra, identificati nel pubblico accademico. La concezione della Commedia viene inoltre 184difesa in un paio di lettere latine sotto forma di egloghe dal contenuto allegoricamente cifrato, che sono una palese dimostrazione delle sue capacità di versificatore latino e inoltre permettono a Dante di affermare la propria autorevolezza in quanto poeta «volgare». Questo originale scambio epistolografico fu composto in risposta all’invito del maestro di retorica bolognese, Giovanni del Virgilio, di abbandonare la scrittura in volgare per dedicarsi a un poema in latino d’argomento classicheggiante. Secondo il del Virgilio l’imitatio degli antichi assicurerebbe a Dante un riconoscimento del suo talento da parte del pubblico accademico e l’incoronazione poetica. L’Autrice sottopone questa corrispondenza poetica a una puntuale e fine analisi, delineando i ruoli comunicativi, soffermandosi pure su alcune questioni meno esaminate, come il posto che «il poeta fiorentino occupa nel mondo intellettuale della sua epoca» e «la ricezione della sua opera in volgare per l’ultima parte ancora in fieri» (p. 290), sottolineando il carattere programmatico e funzionale del genere bucolico di ispirazione chiaramente virgiliana, inaugurato da Dante nell’epoca moderna.
Alla fine di questa sommaria presentazione si può constatare che il libro di Sabrina Ferrara è riccamente documentato e che l’autrice dimostra una eccellente padronanza dell’argomento e una sicurezza nel portare avanti il complesso discorso sui ruoli comunicativi nell’opera dantesca. Nonostante essi non sempre siano di facile attribuzione, l’analisi, molto approfondita, si distingue per la precisione terminologica nel definirli e interpretarli, nonché nel dimostrare una continua evoluzione dei detti ruoli, particolarmente di quello autoriale e nel trovare le corrispondenze tra diverse opere dantesche. La bibliografia effettivamente sfruttata è molto abbondante, ma l’Autrice, facendo riferimenti alle proposte altrui, offre non di rado le proprie interpretazioni o soluzioni a singole questioni.
Maria Maślanka-Soro
- CLIL theme: 4027 -- SCIENCES HUMAINES ET SOCIALES, LETTRES -- Lettres et Sciences du langage -- Lettres -- Etudes littéraires générales et thématiques
- ISBN: 978-2-406-09544-6
- EAN: 9782406095446
- ISSN: 2556-756X
- DOI: 10.15122/isbn.978-2-406-09544-6.p.0177
- Publisher: Classiques Garnier
- Online publication: 09-08-2019
- Periodicity: Annual
- Language: French