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Classiques Garnier

L’Histoire ancienne jusqu’à César e le sue ricompilazioni in Toscana

  • Publication type: Article from a collective work
  • Collective work: Les Chroniques et l’histoire universelle. France et Italie (xiiie-xive siècles)
  • Author: Di Sabatino (Luca)
  • Abstract: L’étude porte sur la circulation de l’Histoire ancienne en Italie. Sont abordées les particularités propres aux versions françaises du texte transmises par les témoins produits dans les ateliers pisano-génois. La contribution analyse ensuite les volgarizzamenti toscans, avec une attention particulière pour les manuscrits dans lesquels la traduction de l’Histoire ancienne est accompagnée ou interpolée avec d’autres textes historiographiques, ce qui amène à la création de nouvelles compilations.
  • Pages: 129 to 146
  • Collection: Encounters, n° 537
  • Series: Medieval civilization, n° 46
  • CLIL theme: 4027 -- SCIENCES HUMAINES ET SOCIALES, LETTRES -- Lettres et Sciences du langage -- Lettres -- Etudes littéraires générales et thématiques
  • EAN: 9782406119098
  • ISBN: 978-2-406-11909-8
  • ISSN: 2261-1851
  • DOI: 10.48611/isbn.978-2-406-11909-8.p.0129
  • Publisher: Classiques Garnier
  • Online publication: 12-15-2021
  • Language: Italian
  • Keyword: Italie, Toscane, ateliers pisano-génois compilation, traduction, réception, Faits des Romains, Fatti di Enea
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LHistoire ancienne jusquà César
e le sue ricompilazioni in Toscana

In questo contributo intendo soffermarmi su due aspetti della ricezione toscana dellHistoire ancienne : il primo è lassetto che il testo attribuito a Wauchier de Denain doveva presentare quando pervenne ai volgarizzatori toscani, il secondo è invece rappresentato dalle modalità con cui lopera, tradotta in Toscana, venne successivamente tràdita e fruita, attraverso combinazioni e ricompilazioni. Partirei da alcune coordinate introduttive sulla circolazione italiana di questa narrazione storiografica. La tradizione manoscritta dellHistoire ancienne (dora innanzi HA) documenta ampiamente la presenza del testo in area italiana. Abbiamo infatti codici di origine pisano-genovese, codici di area padana e veneta, e un manoscritto napoletano (il codice di Londra, British Library, Royal 20 D I). Sarà forse utile, prima di passare in veloce rassegna il testimoniale, fornire un elenco dei manoscritti del testo francese che verranno citati, con le relative sigle1 :

C = Carpentras, Bibliothèque Inguimbertine, 1260, fine xiii-inizio xiv sec.

Ch = Chantilly, Musée Condé, 726, fine xiii sec.

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F = Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3982, inizio xiv sec.

P = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 20125, terzo quarto del xiii sec.

P3 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 168, 1375-1385

P10 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 686, 1330 circa

P12 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 821, inizio xiv sec.

P13 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 1386, inizio xiv sec.

P16 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 9685, fine xiii-inizio xiv sec.

P25 = Parigi, Bibliothèque nationale de France, n.a.fr. 6774, seconda metà del xiv sec.

T1 = Tours, Bibliothèque Municipale, 953, fine xiii-inizio xiv sec.

Vat = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 5895, fine xiii sec.

Per larea settentrionale (padano-veneta), un manoscritto assai significativo è P10, di probabile origine bolognese : lHA è trascritta integralmente, secondo la forma “lunga” comunemente nota come versione α della prima redazione2. Dopo lHA, senza soluzione di continuità, è copiata la prima parte dei Faits des Romains, comprensiva di prologo e di breve sintesi sulle vicende dei primi monarchi di Roma antica ; lincipit dei Faits è marcato da una iniziale istoriata (c. 424 ro). Situazione differente in P3, anchesso probabilmente bolognese, ma mutilo e contentente solo lHA fino alla prima sezione romana. Anche in un altro manoscritto settentrionale, Ch, il testo dei Faits segue immediatamente quello dellHA, è comprensivo di prologo ed è aperto da una grande iniziale riccamente miniata (c. 175 ro). Ancora, il codice P12, probabilmente 131lombardo, contiene alcune porzioni dellHA, inframezzate però a molti altri materiali di argomento classico, sia narrativo che sapienziale, in prosa e in versi, che costituiscono una sorta di compilazione antologica. Il manoscritto P25, invece, esemplato forse in area veneta, unisce parte del Roman de Troie alla sezione romana dellHA. In breve : la tradizione padano-veneta dellHA è caratterizzata da una spiccata tendenza al rimontaggio dei testi, creando delle nuove compilazioni, come ha già rilevato Matteo Cambi3.

Diverso è però il caso della tradizione pisano-genovese : qui lHA, anche se quasi sempre incompleta (abbiamo solo due manoscritti con testo pressoché integrale, F e P13), viaggia in solitaria, non accompagnata da altri testi. I codici pisano-genovesi sono raggruppabili in due famiglie : una è formata dai testimoni C, P16, il già citato F e Vat, cui si può forse aggiungere T1 (latore delle sole sezioni troiana ed eneadica), simili anche dal punto di vista iconografico ; laltra famiglia è costituita dal solo codice P13. Questi due gruppi appartengono a due rami diversi dello stemma costruito da Marijke de Visser-van Terwisga, e divergono sensibilmente sia da altri testimoni della cosiddetta versione β, di cui fanno parte, sia tra loro4.

Nella tradizione dei volgarizzamenti italiani notiamo una situazione ugualmente variegata. Escludo qui i manoscritti veneti, su cui vertono le ricerche di Matteo Cambi5. Se limitiamo lo sguardo alle traduzioni toscane, notiamo che sono tràdite da manoscritti che spesso le accompagnano ad altri testi. Il testimoniale è infatti costituito dai codici :

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Can = Oxford, Bodleian Library, Canonici 121, xiv sec.

Ga = Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi 88, prima metà del xiv sec.

Ham = Berlino, Staatsbibliothek, Hamilton 67, databile al 1313

N1 = Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II I 146, metà del xiv sec.

N2 = Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II IV 36, inizio del xv sec.

N3 = Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, II IV 107, seconda metà del xiv sec.

Pant = Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, San Pantaleo 10, fine xiv-inizio xv sec.

Ricc = Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1311, datato 1439

ZB = versione attribuita a Bencivenni, attualmente in collezione privata, prima metà del xiv sec.

Can, ZB, N1 e Ga trasmettono solo lHA o alcune sue parti. Il testimone N2 contiene in successione una parte dellHA e i Fatti di Enea, seguiti da alcuni componimenti in versi, copiati in un secondo momento. Situazione simile in Pant, che contiene HA e Fatti di Enea. Il codice N3 reca un sunto dellHA, ma la prima parte, relativa alla Genesi, è tratta dal cosiddetto Fioretto di Bibbia, di cui sono noti altri testimoni, utilizzato anche da Antonio Pucci come fonte per il suo Libro di varie storie. Il manoscritto Ham, che è in realtà la prima metà di un codice vergato nel 1313 da Lapo di Neri Corsini (la seconda parte è il Riccardiano 2418), unisce ampie porzioni delle sezioni romane dellHA ai Fatti dei Romani e ad altri testi volgari su Roma antica. Il codice Ricc fonde infine brani dellHA a materiali di altra origine, su cui ci soffermeremo in seguito.

Ricordo rapidamente che questi manoscritti dellHA sono raggruppabili in almeno due famiglie. Una, più compatta, comprende i codici N1 e Ga, e dipende da un testo francese quasi identico a quello testimoniato dal manoscritto P13 ; il codice Ham reca un testo rimaneggiato, ma pare avere punti di contatto con questo primo gruppo. Laltra famiglia comprende tutti gli altri manoscritti ed è invece vicinissima, per lezioni e sezioni contenute, agli altri manoscritti pisano-genovesi del testo oitanico6.

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Vediamo qualche esempio che permetta di cogliere le differenze tra queste versioni, confrontando il testo del codex optimus P con le due famiglie pisano-genovesi, rappresentate rispettivamente da C e P13. Cito dalla sezione VII, che segue la storia di Enea ; riporto anche i passi dei volgarizzamenti corrispondenti ai testi francesi7.

P : Aprés regna as Assirieins Teutenus .xl. ans. Ou tens cestui funda Ascanius, li fiz Eneas, la cité dAlba, dont Albaniein orent a non li peuple, quar bien sachés que cil de Laurente orent a non Latin por le roi Latinus qui fu lor sire, et cil dAlbe Albaniein, et Romain cil de Rome quant la cités fu fundee. Puis regna en Assire Tineus .xxx. ans. (c. 177 vob)

C : Aprés regna es Assirens Terenus, puis regna es Assiriens Cineus .xxx. ans. (c. 101 vob)

P13 : Aprés regna es Asiriens Tentenus .xl. ans. Au tenz cestui fonda Aschanus la cité dAlbe et furent les jens apellés Albatie. Pueis regna es Assiriens Rincus .xxx. ans. (c. 59 rob)

Can : poi regna in Assire Terrenus, poscia regna in Assire Cineus .xxx. anni. (c. 52 roa)

N1 : Apresso regnò agli Assirieni Tentenus .xl. anni : al tempo di costui fondò Ascamus la città dAlba e fu chiamato quello popolo Albatien. Poi regnò agli Assirieni Rincus .xxx. anni. (c. 100 voa)

Appare evidente come i manoscritti italiani, seguendo la ben nota tendenza della famiglia β, abbrevino il testo di P : soprattutto C (e Can con lui) snellisce il dettato, eliminando del tutto la menzione di Alba Longa ; analogo comportamento è in altri testimoni di β, ad esempio nel padano Ch, mentre lievemente meno sintetici appaiono P13 e il codice fiorentino N1. Un fenomeno diverso si verifica però in un altro punto, nella prima sezione romana : qui rileviamo che il codice C e i suoi affini pisano-genovesi, seguiti dal volgarizzamento di Can, sopprimono una breve digressione sui re persiani, probabilmente con il 134fine di semplificare il racconto8 : la loro narrazione diventa così meno ricca, ma forse più lineare. Questo taglio non è operato nellaltro codice pisano-genovese, P13, né in Ch.

Solitamente è però proprio P13 a presentare una maggiore tendenza allabbreviazione ; lo vediamo nel passo sullo sbarco di Enea in Italia :

P : Quant Eneas et ses gens furent arivé et lor ancres furent getees, il issirent a terre : li pluisor aporterent laigne et si alumerent le fu por lor viandes cuire, et Eneas ala en la forest, a un mout riche temple que Dedalus avoit la fundé tres celui tans que je vos ai conté devant, et ens ou porche estoit tote painte cele estorie dou roi Minos que vos avés oïe. En celui temple prist respons Eneas quil alast a Sebile, qui en cele forest manoit vielle et decrepie, et cele len menroit a infer por veïr larme dAnchisés son pere et de tote sa lignee qui de cest siecle trespassé estoient ; mais tot ce est mesonge, quar onques Eneas en infer ne fu tant com il fust en vie sil ni fust par songes, et aprés sa mort li sambla quil i venist trop tost, quar il a sa volenté ne sen repaira mie ariere. Et qui oïr veut coment il i ala et coment li mena Sebile, si le quiere ou romans dEneas et de Lavine o de Virgile. Quant Eneas se parti []. (c. 159 roa-b)

C : Qant Eneas et ses jens furent arivé, il issirent a terre et Eneas ala en la foreste a un molt riche tenple que Dedalus avoit fondé. En cele tenple prist respost Eneas qil alast a Sebile qi en cele forest menoit viele et crapice, et cele le meiroit (sic) en enfer par veoir lalmes dAchises son pere et de toute sa ligniee qui trepassé estoit, mes ce fu mençonje, et qui le voudra trover sou quiere ou romains dEneas ou en Vergilie. Qant Eneas se parti []. (c. 92 vob)

P13 : Qant Heneas et ses jent furent ensamble il eisirent a terre et Heneas ala e la foreste a un riche temple qe Dydalus avoit fondé. Pueis se parti Heneas []. (c. 49 roa)

Can : (Q)uando Eneas e la sua gente fûr arrivati, elli scesero in terra. Eneas andò nel bosco ad un molto ricco tempio ke Dydalus avea fondato. In quel tempio prese risposta Enea kelli andasse a Sibille, ke in quella foresta dimorava vecchia et viçça, e quella lo menerà in inferno per veder dAnchises suo padre e di tutto suo lignaggio ke trapassati erano, ma questo fu mençogna, e ki l vuol trovar sì cerchi nel ramanzo dEnea o nel Virgilio. Quando Enea si partì []. (c. 41 voa)

N1 : Quando Enea fu aportati, egli iscese in terra, egli e lla sua gente, ed Enea andò nella foresta, a uno ricco tenpio che Dedalus avea fondato. Poi si partì Enea []. (c. 91 voa)

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Anche qui osserviamo come C offra un testo assai scorciato, conservando però tutti gli elementi principali della narrazione ; la sua lezione è pressoché identica a quella di altri codici della versione β. P13 taglia invece in maniera più drastica, e meno felice, perché la menzione del tempio di Dedalo, senza i riferimenti ai responsi oracolari, alla Sibilla e al viaggio agli Inferi, diviene un dettaglio topografico privo di importanza, e non si comprende neppure perché sia stata mantenuta. La narrazione, in questo caso, è impoverita. Ancor più eloquente il caso, di cui ho fatto cenno in altra sede9, di un capitolo sulla Seconda Guerra Sannitica, dove la rubrica di P (c. 196 vo) recita :

Que li conceles Pompeius ne sosa combatre as Sanitieins se fust repairés de Rome.

I codici genovesi, compreso P13, hanno tutti la medesima lezione, con minime varianti : il riferimento è al console Lucio Papirio Cursore (qui « Pompeius ») e al suo ritorno a Roma per chiedere rinforzi contro i Sanniti, evitando lo scontro immediato. Ora, il problema è che nel capitolo introdotto dalla rubrica che ho citato, P13 (e con lui il volgarizzamento di N1) taglia completamente questo episodio e passa direttamente alla battaglia : titolo e capitolo risultano quindi incongruenti tra loro.

Qualche annotazione merita anche la parte iniziale dellHA, giacché, come rileva Maria Teresa Rachetta, lattività di abbreviazione che caratterizza la famiglia β diviene manifesta e pervasiva a partire dalla sezione III, su Tebe10. Alcuni controlli a campione, che ho condotto sul manoscritto C nella sezione I (Genesi), evidenziano in effetti come anche il codice genovese resti piuttosto vicino alla versione lunga di P. Sarebbe interessante conoscere il comportamento della versione di P13, ma questo manoscritto inizia con la sezione tebana. Consultando il codice N1, il cui testo toscano deriva da un affine di P13, si evince, di nuovo, stretta vicinanza con il parigino P : anche per la versione abbreviata testimoniata da P13 e dal volgarizzamento, dunque, il rimaneggiatore pare aver preferito non intervenire sulla parte relativa alla Genesi. La situazione appare leggermente diversa per la sezione II, contenente la storia dellOriente. Qui, il codice N1 (e con lui, con ogni 136verosimiglianza, la sua fonte prossima a P13) reca un testo lievemente scorciato per i cap. 19-20 di P (secondo la numerazione delledizione de Visser11). Scelgo un esempio dal cap. 19 :

P : Adonques funda Sisiphus Ephire, qui or est Corinte apelee. E en celui tans conte on et dist que Frixus et Elles, sa suer, sen fuirent por lor marastre. Et si les enporta uns moutons a un visage dor par mi la mer, andeus ensamble. Mes bien sachés que ce fu fable quil sor un mouton sen alassent, mes il en alerent en une nef ou il ot paint o taillié un mouton doré o signé, et cest ce con en doit meaus croire. Aprés Bellesparis regna en Assyre Lamprides []. (19, 4-10)

N1 : Allora fondò Sisipus Epirre, che orè Chorice. Appresso Belle Paris rengniò Assire Lapidens []. (c. 56 voa)

Il medesimo taglio del codice fiorentino è nel manoscritto di Chantilly : doveva dunque trattarsi di elemento comune a diversi testimoni del gruppo β :

Ch : Adonc fonda Sisiphus Ephire, qui or est Corinthe apelee. Aprés Balles Paris regna en Assyre Lamprides []. (c. 29 vob)

La coincidenza tra Ch e il testo del volgarizzamento conferma che questultimo è fonte attendibile per ricostruire la fisionomia di quella redazione dellHA di cui P13 è testimone parziale. Quanto agli altri manoscritti pisano-genovesi, essi non presentano questo passo, perché eliminano drasticamente tutto quanto si trova tra la menzione del re assiro Astacade (P, 13, 38) e la vicenda di Dedalo (cap. 21) ; identica sfrondatura si riscontra, come è logico aspettarsi, nel testo toscano di Pant (c. 97 vo-98 ro)12. Si conferma dunque la tendenza di questo gruppo a sopprimere o abbreviare alcune digressioni e cronotassi non strettamente funzionali allo svolgimento della narrazione.

Limpressione, nel complesso, è che il gruppo C-F-P16-Vat abbrevi il testo β operando tagli, a volte piuttosto consistenti, su alcune digressioni, senza intaccare però la globale completezza e chiarezza del racconto, 137mentre P13 interviene in modo più frequente e capillare, ma anche, in alcuni casi, piuttosto maldestro, sopprimendo elementi significativi della narrazione. Mi pare quindi che i due raggruppamenti pisano-genovesi siano latori di vere e proprie nuove versioni del testo, frutto non di abbreviazoni casuali, ma di sistematici piani di sintesi, secondo due progetti editoriali precisi e differenti, uno dei quali (quello di P13) più invasivo e meno felicemente realizzato. Rilevo, inoltre, come le particolarità del gruppo genovese cui appartiene C si trovino anche nel manoscritto Royal13, capostipite di quella che viene considerata una seconda redazione dellHA, e che pertanto potrebbe forse configurarsi come una versione interpolata del testo pisano-genovese di C e dei suoi affini ; questo aspetto richiederà però indagini più approfondite.

Acquisito qualche elemento in più circa la natura delle due versioni compendiose pisano-genovesi – e delle traduzioni toscane che ne derivano – passiamo ad esaminare come vengono reimpiegate e ricompilate le sezioni dellHA in area italiana. Dal rapido panorama tracciato pocanzi, emerge come i codici pisano-genovesi del testo francese rechino solo il testo dellHA, mentre i testi toscani sono spesso accompagnati o interpolati con materiali di altra natura.

Passerei in rassegna i quattro casi più significativi di queste interpolazioni/combinazioni. Inizio dallabbinamento HA/Fatti di Enea : lo troviamo nella versione padovana studiata da Cambi nella sua tesi di dottorato14, ma anche in due codici toscani, dove essa appare in due 138forme diverse. Il manoscritto N2 reca le sezioni III, IV e V dellHA (storia di Tebe, Amazzoni e Troia) ; dopo una carta bianca, iniziano i Fatti di Enea, trascritti dallinizio, con la prima rubrica che recita :

Chome Enea si partì da Troya chon xx navi e arivò ne·regno di Tracia e chome Polidoro suo chugino esendo morto gli aparì e chome gli parlò capitolo .i.

Le due prose storiografiche (HA e Guido da Pisa) sono dunque semplicemente giustapposte, non fuse assieme.

Laltro testimone, il San Pantaleo, presenta invece un lavoro più raffinato : lHA è trascritta fino al suicidio di Didone, seguono immediatamente i Fatti di Enea, iniziando dalla partenza di Enea per la Sicilia e lItalia :

Come Enea partendosi da Chartagine per venire in Italia chapitò in Cicilia. 222. (c. 177 ro)

Notiamo che la numerazione dei capitoli prosegue quella dellHA.

Abbiamo dunque due manoscritti affini per contenuto, provenienza geografica (Toscana), data (fine 300 – inizio 400), grafia (sono entrambi vergati in mercantesca), ma che trattano i due testi con approccio differente : uno li mantiene nella loro autonomia, laltro cerca di fonderli, senza soluzione di continuità, creando un abbozzo di “ricompilazione”, o di nuova redazione dellHA (se vogliamo assimilare la procedura adottata dal San Pantaleo a quella del manoscritto Royal per il testo francese).

È interessante notare che il San Pantaleo cuce i Fatti di Enea dopo la storia damore tra Enea e Didone, ossia dopo che è stato riferito alla regina il resoconto della caduta di Troia. Ricordiamo infatti che allinizio della sezione VI il testo dellHA si allontana dallEneide, in quanto contiene una lunga digressione sugli antenati di Enea e dei Troiani, ma abbrevia notevolmente, riducendolo a puro flashback nelle parole di Enea a Didone, il racconto delle peregrinazioni dei Troiani nel Mediterraneo15 ; anche la caduta della città per opera dei Greci è narrata evitando qualsiasi riferimento al cavallo. Questi elementi si trovano invece nei Fatti di Enea, nella parte che il (ri)compilatore ha scelto di 139non inserire. Lassemblaggio HA + Fatti di Enea attuato nel San Pantaleo denota dunque la volontà di leggere la storia troiana e di Enea evitando alcuni elementi narrativi non indispensabili, per concentrarsi piuttosto sulla genealogia e la posterità di Enea e dei Troiani, di cui lHA esplicita le implicazioni per la storia della Francia e di Roma.

Secondo caso, meno significativo : quello concernente la sezione Genesi. Qui rileviamo che si comporta in maniera simile al San Pantaleo il Fioretto del ms. N3, che, come accennato, fonde senza rotture una narrazione biblica, di incerta provenienza, con un testo compendiato dellHA, fino alla genealogia dei re di Persia e Macedonia16.

Il terzo caso riguarda la fusione testuale tra HA e Fatti dei Romani. I volgarizzamenti dei due testi, come abbiamo visto, coabitano in un solo manoscritto, lo Hamilton 67. Il codice copiato da Lapo di Neri Corsini costituisce una ricca compilazione di storia romana, allestita con materiali scelti tra quelli di maggior rilievo nel panorama mito-storiografico di inizio 300 ; sia il testo dellHA che quello dei Fatti sono oggetto di un lavoro di revisione, correzione e micro-interpolazione. Nella parte relativa allHA, ho già avuto modo di rilevare la fitta presenza di interventi capillari, volti a restaurare parole (soprattutto nomi propri) e concetti che la tradizione manoscritta dellHA aveva consegnato guasti17.

Per le sezioni tratte dai Fatti dei Romani, gli studi condotti da Papini avevano già messo in luce la presenza di sporadici interventi di riscrittura o contaminazione con altre versioni dei Faits volgarizzati18. In tempi più recenti, David Bénéteau e Sergio Marroni hanno nuovamente richiamato lattenzione su questi interventi riscrittori, sottolineando che, accanto a quelli che accomunano il manoscritto di Lapo ad altri testimoni della medesima famiglia stemmatica, esistono anche delle modifiche 140che paiono peculiari al codice di Corsini. In qualche punto, Bénéteau segnala addirittura la presenza di spazi bianchi in luogo di parole che il copista/compilatore si proponeva evidentemente di recuperare da altra fonte, ritenendo inattendibile o incomprensibile il suo antigrafo19 ; Marroni ricorda invece la tendenza alleliminazione dei sovrabbondanti gallicismi che, stando ad altri testimoni, dovevano caratterizzare il volgarizzamento primigenio20 : questi elementi fanno pensare che Lapo abbia progettato e lavorato personalmente sulla silloge storiografica, riservandosi di intervenire capillarmente anche in sede di copia.

Esaminando ora le modalità con cui Corsini ha cucito le varie porzioni, riscontriamo luso di tecniche diverse, a seconda delle circostanze. In alcuni casi, Lapo conserva nella sua silloge le rubriche introduttive dei testi che sta assemblando, lasciando dunque loro un certo gradiente di autonomia e riconoscibilità : ad esempio, il Bellum Iugurthinum nel volgarizzamento di Bartolomeo da San Concordio si apre alla c. 47 ro del codice Hamilton con il prologo sallustiano, contenente una lunga esposizione di principî etici e politici, certamente non utili per seguire il filo della mera narrazione storiografica. Quando, alla c. 70 vo, Lapo conclude la copia della traduzione di Bartolomeo, appone un colophon datato (« Quie è finitto il Salustio giughurtino a Deo grazia dì .xxx. di magio [1]313 »), vergato in rosso, mentre la metà inferiore dello specchio di scrittura è occupato da una grande illustrazione ; allinizio della carta seguente si riprende a trascrivere lHA volgarizzata, rimarcando implicitamente il nuovo cambio di fonte con luso di una iniziale istoriata. Analogamente, Corsini apre la copia dei Fatti dei Romani con una grande iniziale miniata e con una lunga rubrica, quasi si trattasse di un vero incipit, anche se lo si trova alla c. 82 ro ; ugualmente mantenuto è il prologo dei Fatti. Ma soprattutto, cosa più sorprendente, Lapo resta fedele 141al dettato dei Fatti al punto da trascriverne anche i capitoli iniziali, con il sunto di storia dei primi secoli di Roma, da Romolo alla nascita delle istituzioni repubblicane : narrazione assolutamente ridondante, dato che queste vicende sono ampiamente svolte nei capitoli desunti dallHA e già trascritti nelle prime carte del volume. Questo comportamento è, come abbiamo visto, lo stesso che troviamo nei manoscritti che recano il testo francese dellHA e dei Faits des Romains (come il codice di Chantilly o P10) ; tuttavia, in quei testimoni abbiamo semplici assemblaggi di grandi blocchi testuali o di intere compilazioni preesistenti, senza interventi di interpolazione o rimaneggiamento sui testi trascritti. I Fatti sono peraltro intessuti di brevi interpolazioni con passi del Sallustio Catilinario, altro volgarizzamento di Bartolomeo da San Concordio : in questo caso, le inserzioni non sono segnalate in maniera evidente. Ha invece una rubrica introduttiva, ma è priva di iniziale istoriata, la traduzione della prima Catilinaria di Cicerone (c. 92 ro-95 vo)21 .

Limpressione è che il grande manuale di storia romana assemblato da Lapo, frutto di un lavoro ecdotico e critico-filologico di non poca fatica, presenti una sorta di dicotomia organizzativa. A fronte degli interventi di correzione puntuale delle lezioni guaste, di cui si è fatto cenno, riscontriamo infatti che la ricucitura delle varie componenti non sembra essere andata in profondità, se consideriamo appunto che Corsini non si è peritato di tagliare o armonizzare le parti ridondanti, come la duplice narrazione della fondazione di Roma cui ho appena fatto riferimento. E già Flutres notava in Lapo la tendenza a « ne rien perdre » dei testi trascritti, anche a costo di essere ripetitivo22. Per la giuntura HA-Fatti si potrebbe tuttavia anche ipotizzare che Lapo avesse ben presenti i manoscritti recanti HA e Faits (in francese) assieme, e che abbia deliberatamente scelto di mantenere i due testi uniti, senza sopprimere o rimaneggiare la parte iniziale dei Fatti, proprio come 142avviene nei testimoni in lingua doil : in questo caso la ripetitività del testo ricompilato sarebbe dovuta non a imperizia o fretta di Lapo, ma alla volontà di non allontanarsi del tutto dal modello prestigioso dei grandi codici contenenti le narrazioni transalpine.

Vengo al quarto e ultimo caso, quello più significativo sotto laspetto della “ricompilazione”. Si tratta del codice Riccardiano 1311, sottoscritto nel 1439 dal copista Piero di Vaschino da Bergamo, contenente una storia universale che va dalla Creazione allepoca di Giuliano lApostata, chiamata Libro de la creatione del mondo.

Questo manoscritto assembla materiale di origine disparata, passando da spiegazioni teologiche sulla Creazione e sullorigine degli angeli e di Lucifero, a narrazioni desunte dalla Bibbia, ad altre mutuate direttamente dallHA volgarizzata, dai volgarizzamenti della Historia destructionis Troiae, e dellHistoria de preliis. Il contenuto del volume è esplicitamente organizzato secondo la tradizionale divisione delle sei età del mondo. Il testo presenta una chiara patina linguistica pisana (forse trecentesca), con alcuni sporadici elementi settentrionali, ascrivibili alla lingua del copista. LHA è presente, in misura differente, in tutte le sezioni della compilazione, dalla Genesi fino ad Alessandro Magno. È tuttavia necessario chiedersi di quale volgarizzamento dellHA si tratti. È stata Giuliana Carlesso, studiando la sezione troiana, ad evidenziare delle somiglianze tra il testo di Ricc e quello di Pant23. Come ricordato, la versione del San Pantaleo è assai prossima a quella del manoscritto Can e di N2 ; tutti questi codici, a loro volta, recano un testo assai simile a quello trasmessoci sotto il nome di Zucchero Bencivenni. Il testo del Riccardiano, sovente compendioso e sottoposto a riscritture profonde, almeno sul piano linguistico, per la pisanità di cui sè detto, non è facile da collazionare con gli altri di questa famiglia. Qualche controllo a campione, tuttavia, permette di evidenziare alcuni dati interessanti. Utilizzo la sezione tebana, la sola pubblicata del manoscritto ZB24.

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Ricc : Arifonas tornò in quel punto bene armato sopra el suo dextrieri in uno carro a quatro ruote per aiatare queli di Grecia. Quando eli fue ne la magior pressa de la bactaglia sì saperse la terra in tal maniera che Arifonas davanti a tucti cade in abiso et col caro et col cavalo et con molti di queli cherano co lui apreso et possa si richiuse la terra come davanti e Arifonas fu trabuchato in inferno. (c. 38 ro)

Can : in quella battaglia fu Amphoras montato in sun un carro molto ricco a .iiii. ruote, ben armato per aitare a quei di Grecia. E là ovelli era ne la maggior pressa apritte la terra sì·cche Amphoras cadde dentro e lo carro e i cavagli che l menavano e molti altri intramazzarono, ke co·llui erano. Apresso questo la terra fu richiusa e serrata altressì come dinanzi ; Amphoras traboccò in inferno tutto vivo []. (cap. XVI, 9-10) 

ZB : in quella battaglia fue Amphoras montato sopra un ricco distriere, sopra un carro a quattro ruote, bene armato per atare quelli di Grecia. E là ove era la magior pressa saperse la terra el carro e i cavalli ke l menavano e molti altri prefondaro con Amphoras. Apresso ciò rivenne la terra insieme e si richiuse comera dinanzi, e Amphoras kade in inferno tutto vivo [].

Ho già avuto occasione di notare come lerrore che vede Anfiarao montato a cavallo sul carro leghi il Riccardiano ad altri testimoni25, ma preciso qui che esso rappresenta elemento in comune con il volgarizzamento attribuito a Zucchero. Nella parte finale dei brani riportati, la seconda lezione in neretto è quella con i verbi trabuccare-cadere : la prima forma è in Ricc e Can (ed è prossima al testo di P, « fu trebuchés »), la seconda solo in Zucchero. Il testo del Riccardiano appare quindi oscillante tra i due sottogruppi della famiglia (Canoniciano/S. Pantaleo da un lato, manoscritto di Zucchero dallaltro) ; sarà dunque necessario approfondire la questione per comprendere se il testo di Ricc è frutto di contaminazione tra versioni differenti dellHA o se si tratta di una traduzione indipendente26.

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Per quanto concerne le altre fonti utilizzate dal compilatore, rilevo che la grande messe di materiale biblico e romano non trova corrispondenza nellHA, e neppure nei Fatti dei Romani. Anzi, la sezione romana presenta la particolarità di omettere completamente la storia di Giulio Cesare e dei primi imperatori : dopo la vittoria di Pompeo su Mitridate e Tigrane di Armenia, la compilazione passa direttamente al periodo detto dei Quattro imperatori, e al regno di Vespasiano. Sono narrate le vite di alcuni imperatori, e qui troviamo un innesto singolare, di cui ho dato notizia in un contributo recente : il Libro de la creatione del mondo presenta alcuni brani, rimaneggiati e interpolati, dei Fiori di filosafi e della Legenda aurea, di cui abbiamo così un nuovo testimone. Troviamo infatti lepisodio celebre di Traiano e della vedova, desunto dal capitolo della Legenda aurea dedicato a san Gregorio Magno, e Vita e detti di Secondo, estratti dai Fiori di filosafi27.

Ancora più singolare è però la parte del codice dedicata allimperatore Marco Aurelio. Anche in questo caso, la fonte non può essere ravvisata nei Fatti dei Romani, ma nemmeno nei Fiori di filosafi, che non parlano di Marco Aurelio. Dopo aver narrato della vita e delle imprese dellimperatore, il Libro de la creatione aggiunge :

Ricc : or actendete la storia del figliuolo di questo re et de .vii. savi. (c. 174 roa)

E allinizio della colonna successiva, senza indicare alcun cambio di soggetto, trascrive :

Romae fuit praedictus imperator…

Incomincia così una versione in latino del Libro dei Sette Savi ; e mi pare essere lunica in cui limperatore è Marco Aurelio. Il testo non coincide con quello edito da Mussafia, anzi presenta una serie di particolarità (come la sostituzione del cinghiale con un dominus, nella novella Aper) che ne dimostrano lappartenenza ad una famiglia diversa ; una versione italiana di questo gruppo è stata studiata da Augusto Cesari28. La sto145ria dei Sette Savi si apre con una grande iniziale decorata, di modulo maggiore rispetto alle altre, il che fa sì che questa parte del Libro de la creatione, anche se trascritta dalla stessa mano che copia il resto della compilazione, sia immediatamente riconoscibile. In tutti gli altri casi di interpolazione e saldatura di testi diversi manca qualsiasi elemento di riconoscimento, giacché le iniziali filigranate che costellano il manoscritto sono utilizzate solo per aprire i capitoli, a loro volta non coincidenti con blocchi desunti da singole fonti : allinterno di un medesimo capitolo, sono fusi e posti in totale continuità (sia sintattica che di mise en page) i brani provenienti dalle varie fonti utilizzate ; questo rende difficile lidentificazione dei segmenti e dei relativi ipotesti.

Credo che a questo punto si possano trarre alcune considerazioni finali e di sintesi. I volgarizzamenti toscani dellHA derivano tutti da un gruppo di codici pisano-genovesi, copiati tra fine 200 e inizio 300, caratterizzati da assoluta omogeneità di contenuto : nessuno di questi manoscritti tramanda infatti altre opere, a parte lHA. Questultima è copiata in versioni più sintetiche rispetto a quella testimoniata dalla famiglia β, di cui pure il gruppo pisano-genovese fa parte.

Sul versante della lingua di , i testimoni delle traduzioni toscane, diversamente dai codici del testo francese da cui derivano, hanno spesso la tendenza ad unire lHA ad altri testi, o a interpolarla. Per questultima categoria, lunico caso in cui lHA volgarizzata è affiancata dai Fatti dei Romani (il codice Hamilton 67) presenta una situazione simile a quella dei codici franco-italiani che trasmettono il medesimo abbinamento : i Fatti sono infatti copiati senza eliminare né il prologo, né i primi capitoli sulla storia di Roma, creando un effetto di ridondanza. Il manoscritto con la situazione testuale più mossa, il Riccardiano 1311, spinge leclettismo delle fonti fino al plurilinguismo, interpolando a frammenti volgari di origine disparata una narrazione in latino sui Sette Savi.

Infine, tra tutte queste ricompilazioni, lunica che abbia almeno in parte lambizione ad essere una cronaca universale è – di nuovo – il Libro de la creatione del mondo, il manoscritto Riccardiano, dove però la componente cronachistica dellHA cede il passo a quella aneddotica e sapienziale. Nulla rimane, nel Riccardiano, dei passi moraleggianti che 146caratterizzavano lopera di Wauchier de Denain. Per gli altri codici, la struttura universalistica dellHA è bloccata allepoca di Assuero (come nel Canoniciano) o tagliata e piegata per divenire parte di una lettura parziale della storia antica, solitamente in chiave italocentrica, come è comprensibile, soffermandosi su Enea e Roma. In questi testimoni parziali però il testo tradotto dellHA è tramandato più fedelmente, senza fitti rimaneggiamenti come quelli del Riccardiano.

I manoscritti che “mettono in opera” lHA, unendola ai Fatti dei Romani, ai Fatti di Enea, o ad altre cronache e raccolte, per costruire nuove compilazioni storiografiche, lo fanno dunque secondo strategie molto diversificate, che vanno dalla semplice giustapposizione alla fusione “a pettine” : questa creatività nellarchitettura testuale delle ricompilazioni, che pare particolarmente vistosa nella tradizione italiana e soprattutto toscana del testo, documenta la mutevole percezione e fruizione dellHA nel nostro Medioevo volgare.

Luca Di Sabatino

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

1 Indico i testimoni dellHA con le sigle proposte in Histoire ancienne jusquà César (Estoires Rogier), a c. di Marijke de Visser-van Terwisga, Orléans, Paradigme, 2 vol., 1995-1999, vol. 2, p. 12-14. Il manoscritto londinese della seconda redazione non è siglato dalleditrice, che si occupa soltanto dei testimoni della prima redazione. Non cito due codici di origine italiana, V (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, 2576, forse veneziano) e Ve (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Fr. II, copiato a Mantova), perché privi di rapporti con la tradizione dei volgarizzamenti, essendo non anteriori alla metà del Trecento e, nel caso di V, latori di una versione rimaneggiata del testo. Per una panoramica sulla tradizione dellHA, con bibliografia pregressa, si vedano i contributi di Richard Trachsler, « LHistoire au fil des siècles. Les différentes rédactions de lHistoire ancienne jusquà César », Transcrire et/ou traduire : variation et changement linguistique dans la tradition manuscrite des textes médiévaux, a c. di Raymond Wilhelm, Heidelberg, Universitätsverlag Winter, 2014, p. 77-98, e LHistoire ancienne jusquà César ou Histoires pour Roger, châtelain de Lille, de Wauchier de Denain. Lhistoire de la Perse de Cyrus à Assuérus, a c. di Anne Rochebouet, Turnhout, Brepols, 2015, p. 9-47.

2 La classificazione dei testimoni dellHA in due grandi famiglie, α (con testo più lungo e completo) e β (versione con abbreviazioni e tagli), si deve a Marc-René Jung, La légende de Troie en France au Moyen Âge. Analyse des versions françaises et bibliographie raisonnée des manuscrits, Basel-Tübingen, Francke, 1996, p. 353-356. Recentemente, però, sono state avviate indagini approfondite sulle caratteristiche testuali dei due raggruppamenti : si veda Craig Baker, « La version vulgate de lHistoire ancienne jusquà César », Revue belge de philologie et dhistoire, 95/4 (2017), p. 745-771. Questo contributo porta a mettere seriamente in discussione lidea che i due gruppi individuati da Jung corrispondano ad altrettanti rami stemmatici ; vengono infatti individuati dei tratti comuni che sembrano indicare un antecedente comune a tutto il gruppo β, mentre non risulta possibile compiere la stessa operazione con i manoscritti del gruppo α. Un recente contributo di Maria Teresa Rachetta, « SullHistoire ancienne jusquà César : le origini della versione abbreviata ; il codice Wien ÖNB cod. 2576. Per la storia di una tradizione », Francigena, 5 (2019), p. 39-69, giunge ad ulteriori, interessanti ipotesi circa i rapporti tra i due gruppi : secondo Rachetta la famiglia α non ha consistenza stemmatica, ma è costituita da due gruppi di testimoni appartenenti a due rami diversi dello stemma bipartito ; uno di questi due rami, contenente P, comprende anche la famiglia β ed è chiamato da Rachetta « prima tradizione ».

3 Matteo Cambi, « Note sullHistoire ancienne jusquà César in area padano-veneta (con nuove osservazioni sul ms. Wien, ÖNB, 2576) », Forme letterarie del Medioevo romanzo : testo, interpretazione e storia, a c. di Antonio Pioletti e Stefano Rapisarda, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2016, p. 145-161, in particolare p. 149.

4 Per lo stemma della tradizione manoscritta dellHA si vedano le p. 200-211 delled. de Visser-van Terwisga, vol. 2, da riconsiderare alla luce dei dati offerti da Baker e Rachetta (vedi n. 2). Uno studio della tradizione pisano-genovese dellHA, con rinvio alla bibliografia pregressa, è nei contributi di Fabio Zinelli, « je qui li livre escrive de letre en vulgal : scrivere il francese a Napoli in età angioina », Boccaccio angioino. Materiali per la storia culturale di Napoli nel Trecento, a c. di Giancarlo Alfano, Teresa DUrso e Alessandra Perriccioli Saggese, Bruxelles, 2012, p. 148-173, e « I codici francesi di Genova e Pisa : elementi per la definizione di una scripta », Medioevo Romanzo, 39 (2015), p. 82-127.

5 Un ampio studio sulla tradizione dellHA in Italia, comprensivo di dati su manoscritti e traduzioni in area padano-veneta, è consultabile in Matteo Cambi, LHistoire ancienne jusquà César in Italia : manoscritti, tradizioni testuali e volgarizzamenti, Pisa, Pacini, 2020 ; si veda inoltre il contributo dello stesso autore contenuto in questo volume.

6 Per una panoramica della tradizione manoscritta dellHA tradotta in toscano, con bibliografia pregressa sui singoli testimoni, sia consentito il rimando a Luca Di Sabatino, Une traduction toscane de lHistoire ancienne jusquà César ou Histoires pour Roger : la fondation de Rome, la Perse et Alexandre le Grand, Turnhout, Brepols, 2018, p. 8-34. Da questultimo lavoro traggo anche le sigle con le quali, per comodità, designo qui i testimoni dellHA volgarizzata.

7 Per la ripartizione e numerazione delle sezioni dellHA faccio riferimento a Jung, La légende de Troie [], op. cit., p. 337-340. Per il testo di P cito dalledizione interpretativa pubblicata nel sito del progetto ERC The Values of French, coordinato da Simon Gaunt (https://tvof.ac.uk/textviewer/?p1=Fr20125/interpretive/section/6bis, consultato il 15/11/2020) ; in questa edizione digitale, lunica che offra il testo integrale dellHA, la parte iniziale della sezione VII, concernente Grecia e Assiria allepoca dei successori di Enea, è numerata 6bis.

8 Di Sabatino, Une traduction toscane [], op. cit., p. 258.

9 Ibid., p. 265.

10 Rachetta, « SullHistoire ancienne jusquà César [] », art. cité, p. 35.

11 Per il testo critico della sezione II, utilizzo la già citata ed. de Visser-van Terwisga, di cui mantengo la numerazione di capitoli e righe.

12 Non considero Can e N2, che non contengono la sezione II, mentre il codice N3 (c. 18 vo-19 ro) presenta una scorciatura analoga a quella di Pant, ma la circostanza è meno significativa, poiché il suo testo è complessivamente assai abbreviato e rimaneggiato. Anche Ricc sopprime molti capitoli, e non offre i passi che qui interessano.

13 La vicinanza tra il gruppo di C ed il Royal è stata già notata da Baker, « La version vulgate [] », art. cité, p. 767, n. 66. Tale prossimità non è ovviamente verificabile per le sezioni I-II, dato che il codice angioino inizia con la sezione tebana (III) ; un gruppo di codici della seconda redazione, tuttavia, contiene la sezione II, forse per lintervento di un rimaneggiatore : si vedano in proposito Jung, La légende de Troie [], op. cit., p. 506-507, e LHistoire ancienne jusquà César. Deuxième rédaction. Edition daprès le manuscrit OUL 1 de la Bibliothèque de lUniversité Otemae (ancien Phillipps 23240), a c. di Yorio Otaka e Catherine Croizy-Naquet, Orléans, Paradigme, 2016 ; il testo della sezione assira contenuta nel codice giapponese non presenta la lunga lacuna di C e affini, ma ha anzi, al cap. 16, il breve taglio che ho individuato in Ch e N1. Per il codice Royal rimando ai lavori di Luca Barbieri, in particolare al recente « La versione “angioina” dellHistoire ancienne jusquà César. Napoli crocevia tra cultura francese e Oriente latino », Francigena, 5 (2019), p. 1-26.

14 I primi risultati degli studi di Matteo Cambi sul codice marciano sono pubblicati nel saggio « Codice, immagine e paratesto nel ms. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, It. VI 8 (5795) », Carte Romanze, 7/2 (2019/2), p. 347-374.

15 Per il prologo della sezione eneadica e le sue fonti, si veda il contributo di Francesco Montorsi, « Les origines des Francs dans lHistoire ancienne jusquà César. Sur une source inconnue de la première chronique universelle en français », Medioevo romanzo, 42/2 (2016/2), p. 415-426.

16 Ernesto Giacomo Parodi, « I rifacimenti e le traduzioni italiane dellEneide di Virgilio prima del Rinascimento », Studi di filologia romanza, 2 (1887), p. 97-368, in particolare p. 172-173.

17 Per alcuni interventi di correzione e integrazione presenti nel testo dellHA volgarizzata nel codice di Corsini, rimando a Di Sabatino, Une traduction toscane [], op. cit., p. 26-30. Si attendono dati più abbondanti dalledizione critica dellHA rimaneggiata da Lapo che David Bénéteau sta approntando per le Edizioni dellOrso, e che cercherà di gettare nuova luce sui rapporti tra il testo di Corsini e le altre versioni dellHA volgarizzata.

18 Gianni Antonio Papini, « I fatti dei Romani. Per la storia della tradizione manoscritta », Studi di filologia italiana, 31 (1973), p. 97-155.

19 Li fatti de Romani. Edizione critica dei manoscritti Hamilton 67 e Riccardiano 2418, a c. di David P. Bénéteau, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2012, in particolare p. 26-54 per le caratteristiche della copia di Corsini ; esempi di spazi bianchi lasciati dal copista sono indicati in apparato alle p. 264, 271. Bénéteau ha studiato anche altri manoscritti dei Fatti ; segnalo il suo recente contributo « Un manoscritto de Li Fatti de Romani a Napoli : BNN XIII.C.71 », Schede umanistiche, 33 (2019), p. 5-23.

20 Una disamina dei tratti salienti della copia di Corsini, nonché della personalità e cultura del compilatore, con rimandi alla bibliografia pregressa, è in Sergio Marroni, I fatti dei Romani. Saggio di edizione critica di un volgarizzamento fiorentino del Duecento, Roma, Viella, 2004, p. 16-21. Per il trattamento dei gallicismi, Marroni rimanda a Papini, « I fatti dei Romani [] », art. cité, p. 123 e sgg.

21 Cf. Giuliano Staccioli, « Sul ms. Hamilton 67 di Berlino e sul volgarizzamento della “IV Catilinaria” in esso contenuto », Studi di filologia italiana, 42 (1984), p. 27-58, in particolare p. 33-38 ; Gianni Antonio Papini, « Cicéron en Toscane au xiiie siècle : la traduction des Catilinaires », Études de lettres, s. IV, 4 (1981), p. 3-20. Cf. in particolare le p. 17-19 (sugli errori commessi dal traduttore).

22 Louis-Fernand Flutre, Li Fait des Romains dans les littératures françaises et italiennes du xiiie au xvie siècle, Paris, Hachette, 1932, p. 193. Anche Papini, « I fatti dei Romani [] », art. cité, p. 98, sottolinea : « La volontà di non perdere nulla (o il meno possibile) delluna e dellaltra opera ha prodotto un faticato collage, con molte ripetizioni logiche e mezzana attenzione ai nessi sintattici (di rado ricercati con inverventi del copista), etc. »

23 Giuliana Carlesso, « Note su alcune versioni della Historia destructionis Troiae di Guido delle Colonne in Italia nei secoli xiv e xv », Studi sul Boccaccio, 37 (2009), p. 283-347. Altri dati sul codice, con rimandi alla bibliografia pregressa, in Luca Di Sabatino, « Il Libro de la creatione del mondo (ms. Riccardiano 1311) : sondaggi sulle fonti e le modalità di compilazione », « Or vos conterons dautre matiere ». Studi di filologia romanza offerti a Gabriella Ronchi, a c. di Luca Di Sabatino, Luca Gatti, Paolo Rinoldi, Roma, Viella, 2017, p. 101-112.

24 Le citazioni dal Canoniciano e da ZB sono tratte da Gabriella Ronchi, « I volgarizzamenti italiani dellHistoire ancienne. La sezione tebana », Studi su volgarizzamenti italiani due-trecenteschi, a c. di Paolo Rinoldi e Gabriella Ronchi, Roma, Viella, 2005, p. 99-165 ; i tondi sono miei. Il S. Pantaleo non diverge significativamente dal Canoniciano e pertanto non ne segnalo le varianti. Il passo francese corrispondente, nella versione lunga di P e in quella rimaneggiata del codice viennese 2576 è consultabile nelledizione de Visser-van Terwisga, cap. 112, p. 11-17.

25 Di Sabatino, Une traduction toscane [], op. cit., p. 20.

26 Rimane problematica la parte alessandrina del codice riccardiano. Nessuno dei manoscritti affini che abbiamo sinora considerato giunge alla sezione su Alessandro Magno. I paragrafi alessandrini di Ricc, oltre a non avere riscontro negli altri codici toscani, non corrispondono neppure al testo francese dei manoscritti pisano-genovesi, rispetto ai quali Ricc offre maggiore dovizia di particolari ; cf. Di Sabatino, Une traduction toscane []op. cit., p. 30-32.

27 Per il testo dei brani in questione, con studio delle fonti, mi permetto di rinviare a Luca Di Sabatino, « La “Giustizia di Traiano” e i Detti di Secondo nel manoscritto Riccardiano 1311 », Carte Romanze, 7/2 (2019/2), p. 53-73.

28 Cf. Adolfo Mussafia, « Beiträge zur Literatur der “Sieben weisen Meister” », Sitzungsberichte der philosophish-historischen Classe der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften zu Wien, 57 (1867), p. 37-118 ; Augusto Cesari, Il romanzo dei Sette Savi in Italia, Bologna, Garagnani, 1895. Della versione dei Sette Savi contenuta del Riccardiano mi prometto di fornire il testo in altra sede.