Aller au contenu

Classiques Garnier

Teoria e pratica del divorzio Virginia Tedeschi Treves

59

Teoria e pratica del divorzio

Virginia Tedeschi Treves

Gli esordi di Cordelia

È Virginia Tedeschi Treves, sotto lo pseudonimo di Cordelia,1 la prima scrittrice italiana a dare alle stampe quello che – allo stato attuale delle conoscenze – è il primo romanzo dautrice che mette a tema e supporta lintroduzione in Italia di una legge sul divorzio: Catene. Lautrice, anche grazie al continuo contatto con ambienti politicamente e culturalmente stimolanti, si dimostrava molto sensibile ai temi caldi dellagenda politica dellItalia postunitaria. Inoltre, la formazione ebraica le permetteva di guardare al divorzio come a un diritto negato, poiché le tradizioni ebraiche prevedevano la possibilità di divorziare; da questo punto di vista, pertanto, il sostegno delle donne ebree alla causa del divorzio si conciliava con prospettive emancipazioniste non necessariamente radicali.

Il romanzo, pubblicato nel 1882, tratta delle vicende di Elvira, da diversi anni separata dal marito Ernesto Berletti (in prigione per truffa) e costretta ad affidare la figlia Laura a un collegio. La donna lavora come istitutrice per il barone di origine tedesca Federico di Sterne e per sua figlia Sofia, entrambi ignari della sua condizione familiare. Allinizio della narrazione Ernesto, uscito di prigione, rintraccia e minaccia Elvira e quindi rapisce la figlia, per liberarla dopo alcuni giorni. A seguito di questa esperienza, Laura si trasferisce con la madre presso il barone di Sterne, innamorato di Elvira, ricevendo un trattamento e uneducazione pari a quelle di Sofia. Entrambe le giovani si innamorano di Alberto Wolf, figlio 60di un vecchio amico di famiglia. Elvira interviene in favore della figlia, dapprima invitando Sofia a farsi da parte, e quindi persuadendo Alberto a chiedere a Laura di sposarlo. Un ostacolo si oppone però allimmediata celebrazione delle nozze: la minore età della sposa, che impone il consenso di entrambi i genitori al matrimonio. Per evitare problemi Elvira decide di non interpellare il marito, ma di dichiararne la morte presentando un falso certificato. Linganno viene però scoperto ed Ernesto, affermatosi come produttore di spettacoli teatrali, utilizza lepisodio per denunciare la moglie e tentare di ottenere la custodia della figlia. Laura, scoperta la verità, cade in uno stato di sconforto per il mancato matrimonio e si lascia morire. Al funerale della figlia, Elvira tenta di uccidere il marito in preda alla pazzia, per poi trascorrere i suoi ultimi giorni in manicomio. Catene si chiude così con il matrimonio di Sofia e Alberto e unultima visita a Elvira, che ha ormai dimenticato gli eventi traumatici della propria vita e vive in un mondo di fantasia in cui è sposata con il barone di Sterne.

La trattatistica e il divorzio in teoria

Nonostante Catene fosse il suo primo romanzo, nel 1882 Cordelia poteva già contare su un folto pubblico di lettori e lettrici, grazie al successo dei suoi manuali di comportamento: Il regno della donna, edito per Treves nel 1879 (giunto, nel 1890, alla sua settima edizione) e l’‘appendice Dopo le nozze, pubblicata dallo stesso editore proprio nel 1882. I due testi prescrittivi rappresentano un preludio alla narrazione di Catene: in Il regno della donna è infatti ravvisabile un primo abbozzo del personaggio di Elvira, mentre in Dopo le nozze si trova una riflessione sul divorzio che, per i termini con cui è impostata e le opinioni espresse, rappresenta un unicum nella precettistica femminile coeva.2 Un esempio più tardo e degno di nota in questo senso si trova nel fortunatissimo galateo di Maria Majocchi Plattis (1864-1917), Eva regina (1906), firmato con lo pseudonimo di Jolanda. Qui si legge:

61

Il divorzio dà alla donna una posizione più netta e regolare della semplice separazione; le ridona la sua libertà piena e intera, le permette anche di contrarre un nuovo matrimonio. [] Essere contrarie al divorzio, per massima, è come se si dicesse che si è contrarie allatto dellamputazione chirurgica. [] Quando andasse di mezzo la vita e non ci fosse altro rimedio sarebbe pazzo e peccherebbe per suicidio volontario colui che per rispettare lintegrità del suo corpo o per viltà ricusasse di sottoporsi al rimedio doloroso, radicale e supremo. Ne convenite amiche mie? (Jolanda, 1906, p. 292).

Questa apologia del divorzio si trova in un punto preciso del manuale, e cioè in chiusura del capitolo In alto mare, dedicato alladulterio femminile. La moglie infedele, dice Jolanda, solo raramente viene perdonata dal marito e deve piuttosto aspettarsi di essere abbandonata. Sia la separazione sia il divorzio sono quindi intesi come forme di castigo per il tradimento femminile che solo parzialmente possono essere alleviate:

Ma poiché non si ebbe la forza di resistere alla tentazione, o non si ha la pazienza di sopportare, lunico rimedio è quello di riprendersi, di riacquistare la propria indipendenza. La vita sarà spezzata ugualmente, sarà forse anche più difficile, giacché la posizione duna donna separata dal marito è quanto mai gelosa e scabrosa, ma si avrà almeno la pace (ibid., p. 291).

Il modo in cui Cordelia tratta il divorzio, come si vedrà, è invece molto diverso: questa legge appare infatti come una tutela e non una sanzione per le mogli. Inoltre, come si diceva, lautrice affronta la questione in due diverse tipologie letterarie: i manuali di comportamento e i romanzi. Tale sovrapposizione non è rara nella produzione femminile tra Otto e Novecento: “The rules [of womens behavior] were set out in the many manuals and newspaper columns dedicated to matters of conduct, and the novels, often written by the same authors, explored the consequences of these rules” (Caesar, 2015, p. 4). Tali testi sono accomunati dallintento, scoperto nella letteratura di condotta e implicito nella narrativa, di proporre modelli identitari e delineare un sistema di valori condiviso. Tali ragioni hanno condotto la critica e, in particolare Ann Hallamore Caesar (2000 e 2015), Katharine Mitchell (2014) e Lucy Hosker (2016) a leggere romanzi e galatei in modo contiguo e parallelo, prospettiva che verrà messa a frutto nellanalisi degli esordi letterari di Cordelia.

Il manuale Il regno della donna è suddiviso in venti capitoli tematici sulla condotta femminile, in cui trova spazio anche la definizione dei vizi 62da correggere e delle virtù da valorizzare. Comè pratica duso, anche in questo caso lopera di prescrizione/descrizione si appoggia sul ricorso ad altri generi letterari come gli exempla. In particolare, nel capitolo Eroine Cordelia propone come modello delle virtù muliebri dellabnegazione e dello spirito di sacrificio la figura di Rita, una sposa infelice. Le vicende di questo personaggio sono a tutti gli effetti un sunto del futuro percorso di Elvira, narrato sotto forma di flashback nelle prime pagine di Catene. Entrambe hanno a che fare con un marito violento e subiscono abusi di carattere fisico e psicologico. Ciò nonostante, le due donne hanno una visione diversa della separazione: a differenza di Elvira, Rita decide infatti di non lasciare il marito. Importante osservare però che, in entrambi i casi, la diversa scelta è sempre giustificata dal desiderio di tutelare la prole: Elvira riconosce nel marito un impedimento al benessere dellunica figlia Laura, ancora bambina quando i genitori si separano; sceglie la via opposta Rita, che non casualmente si chiama come una delle figure femminili più importanti per le devote, la cui ambivalenza “è imperniata sul ruolo familiare della donna e, in particolare, della maternità” (Scaraffia, 2014, p. 148).3 Significativo (anche per ragionare sul modo in cui era percepita la possibilità del divorzio da parte delle donne) è il fatto che Rita rinunci alla separazione per paura di essere allontanata dalla propria figlia, che sarebbe così rimasta in balia del padre:

Ci voleva la pazienza di una santa per sopportare quella vita di continue amarezze, e [Rita] tutto sopportava per non staccarsi dalla figliuola e non lasciarla con il padre, indegno di questo nome. Essa avea fatto un bel sogno, cioè di poter un giorno, appoggiata che avesse la figlia, dividersi dal marito e vivere tranquilla col frutto del suo lavoro, ma non ebbe nemmeno questa consolazione (Cordelia, [1878] 1890, p. 179).

È proprio nel “bel sogno” di Rita che si innesta la realtà di Elvira, grazie alla quale Cordelia dimostrerà le difficoltà che incontra una donna che, reduce da un matrimonio infelice, persegue il desiderio, tutto sommato modesto, di “vivere tranquilla”.

Con toni ben diversi Cordelia torna sulla questione del divorzio in Dopo le nozze. In questo caso il tema non è inserito in una narrazione esemplare, ma è trattato in modo saggistico e divulgativo, dimostrando conoscenza 63delle vicende parlamentari italiane – a questa altezza cronologica, le due proposte di legge di Salvatore Morelli (1878-1880) e la prima di Tommaso Villa (1881) – e di quanto avveniva a livello internazionale:

Ora tutti questi esseri infelici hanno veduto un po di luce fra le tenebre, e a quella si rivolgono come ad un porto di salvezza. È la legge sul divorzio, proposta di recente in Francia ed in Italia. [] Vedremo la sorte che avrà in Italia, dove le questioni si prendono con più calma e forse con maggiore serietà (Cordelia, 1882a, p. 65).

Tra le soluzioni possibili per i matrimoni infelici, la “divisione” per una donna è considerata come una “condanna peggiore della convivenza con un marito esigente e crudele” (ibid., p. 64). Questo perché la donna si trova in una situazione ambigua:

Che può fare la poveretta legata per sempre ad un uomo, eppure sola al mondo e abbandonata a sé stessa e per giunta condannata dalla società che non ammette le posizioni equivoche e costretta a portare un nome che le è divenuto odioso? (ibid.).

Cordelia non si sofferma se non brevemente sulle relazioni problematiche tra lintroduzione del divorzio e la posizione della Chiesa. La questione viene liquidata con un appello alla bontà di Dio “che non potrebbe permettere linfelicità delle sue creature” (ibid., p. 68). Laspetto sacramentario dellindissolubilità matrimoniale, come detto, non tocca Cordelia che, essendo di origine ebraica, ha un diverso approccio alla questione dei rapporti tra autorità laiche e religiose rispetto alle donne cattoliche. Lautrice si sofferma ben più lungamente sugli effetti del divorzio sulla prole, affermando di considerare la conflittualità genitoriale ben più pericolosa della separazione:

In quanto ai figliuoli, i quali sono la gran questione, di cui si fanno forti gli oppositori, mi pare che i figli che nascono in mezzo alle discordie in famiglia, sono condannati dalla loro nascita ad essere infelici, e piuttosto che siano continuamente spettatori di litigi, è molto meglio che vivano lontani dai genitori; anzi ciò diventa una crudele necessità (ibid.).

La novità introdotta da Cordelia in Dopo le nozze è il modo in cui è rappresentato il divorzio: non solo una misura per regolare situazioni ambigue derivate dalla separazione, ma anche una forma di tutela per la moglie. Questa infatti,

64

più debole in confronto alluomo, [] ha bisogno di maggior protezione, e quelli che fanno le leggi e le riformano, dovrebbero pensare a questa cosa e trattarci con un po più di giustizia, che forse si sarebbe allora un po più contente della nostra condizione e non si direbbe come spesso succede: Che legge ingiusta per noi; ma naturalmente, le leggi le fanno gli uomini, e essi sono egoisti (ibid., p. 67).

Emergono da questa affermazione alcuni nodi interessanti, che hanno un preciso contrappunto nei continui abusi che in Catene Elvira subisce da parte del marito anche dopo la separazione. In primo luogo, si osserva una manipolazione del concetto di naturale debolezza che tanta parte aveva nellidea di femminilità nellItalia postunitaria. Questa nozione era infatti centrale a diversi livelli: in ambito politico, poiché istituzionalizzava la subordinazione muliebre alla volontà del coniuge; sul piano religioso, perché stigmatizzava quante abbandonavano il modello familiare tradizionale e proponendone invece uno di donna ineffabile e frustrante; e in campo scientifico, poiché considerava la donna un essere istintivo, irrazionale e naturalmente inferiore alluomo. Qui, invece, Cordelia ricorda la naturale debolezza delle donne per sottolineare la necessità che i rappresentanti delle istituzioni, nel legiferare, guardassero con maggiore attenzione alla condizione femminile.

Inoltre, il ruolo di protezione della donna, tradizionalmente proprio del padre o del marito, viene da Cordelia attribuito allo Stato. Qui si inserisce però anche un elemento di critica nei confronti delleffettivo processo di formazione delle leggi e delle autorità che vi presiedono. Lautrice opera infatti una netta distinzione di genere tra un noi (donne) e un loro (uomini), con riferimento alla diversa possibilità di contribuire ai processi politici. È così possibile mettere a fuoco come la legge sia espressione di un punto di vista parziale – quello degli uomini, appunto – e non di un corpus di norme imparzialmente costruito e applicato. Anzi, e avremo modo di vederlo ancora nel corso di questo lavoro, proprio lapplicazione indiscriminata della legge, trascurando e sottovalutando le specifiche problematiche delle categorie emarginate, ha dato e continua a dare luogo a patenti ingiustizie.

Ancora oggi il giusfemminismo si interroga sulle questioni affrontate in Dopo le nozze: la riflessione di Cordelia, pur senza particolari accenti di rivendicazione emancipazionista, e sempre allinterno di un discorso ancora in linea con i modelli di femminilità canonici nellItalia 65postunitaria, rappresenta una critica efficace ai rapporti tra legge e individui. Lautrice, inoltre, avanza proposte di intervento fondate su inclusione e puntuale informazione, che siano in grado di tenere conto dei disagi e delle necessità delle donne.

Catene: il divorzio in pratica

Lo sguardo dellaltro

Nel modo in cui il divorzio è rappresentato in Catene si possono riconoscere due approcci interdipendenti, ma sostanzialmente distinti. La storia di Elvira, infatti, evidenzia le conseguenze del matrimonio inscindibile tanto sullesistenza individuale, quanto sulla vita familiare della donna separata, e suggerisce implicitamente la necessità di un intervento legislativo. Tale esigenza, unita ad una puntuale stigmatizzazione dello stato delle leggi in Italia, è resa esplicita mediante una prospettiva esterna: quella di un forestiero. Nei brani del romanzo in cui si rileva lurgenza di introdurre una legge sul divorzio, la voce narrante non è quella dellautrice, né tantomeno quella di Elvira. A parlare sono invece due personaggi di sesso maschile e ceto aristocratico, il barone di Sterne e Alberto, le cui asserzioni assumono autorevolezza e sono dettate da una pretesa obiettività: sono infatti ispirate dallesperienza diretta di una realtà, quella tedesca, che prevedeva la possibilità del divorzio. Il barone e Alberto si esprimono in due passi chiave della narrazione – nellincipit e nellexplicit –, racchiudendo di fatto in una cornice argomentativa tutte le vicende di Elvira.

Nel primo caso, lo sguardo straniante sulla realtà italiana è quello del barone di Sterne:

– Povera donna – disse il barone che aveva ascoltato attentamente quel racconto – dico sempre che al mondo ci sono molte vittime. [] E non basta le ingiustizie che ci sono al mondo, ma gli uomini le hanno rese più gravi colle loro leggi ancora più ingiuste. Io amo questa Italia tanto ridente, questaria che ha ridato la salute a me e alla mia figliuola, ma in quanto a leggi stiamo noi assai meglio: se foste stata in Germania a questora avreste avuto il divorzio, e quelluomo non vanterebbe più alcun diritto sopra di voi, invece… (Cordelia, 1882b, pp. 31-32).

66

Le parole del barone propongono lesempio della Germania come luogo di virtuosità civile e legale, attraverso una riformulazione delle tesi già osservate in Dopo le nozze. La parola chiave è ingiustizia. Le leggi non sono né neutre né imparziali, perché sono il prodotto di un punto di vista sessuato ed esclusivo: quello degli uomini. Per questo Ernesto può ancora vantare dei diritti sulla moglie: la disparità dei poteri tra i coniugi genera una realtà di abuso legittimata proprio dai codici istituzionali. Nel rispondere al barone, Elvira non affronta lipotesi del divorzio, ma ne conferma implicitamente la bontà, rendendo evidente la propria impotenza:

– È meglio non pensarci – disse la signora Elvira – io sono legata indissolubilmente ad un uomo che non stimo e non amo, ad un uomo che si è vilmente disonorato; perché, vedete, posso comprendere quello che acciecato dallira, dalla passione, diviene un assassino, ma una bassezza simile non la posso capire, non mentra, mi fa raccapriccio; è il mio destino non trovar mai pace (ibid., p. 32).

Lampio uso della negazione evidenzia la condizione di disagio della donna separata. Elvira è infatti costretta a portare avanti un rapporto matrimoniale infelice per quanto riguarda la sfera emotiva e sentimentale, e disonorante ai propri occhi e a quelli della società a causa della condanna per truffa del marito. Il rapporto con il coniuge è dunque causa di continuo turbamento per Elvira che, al pari di Rita in Il regno della donna, è destinata a “non trovare mai pace”.

La narrazione conferma tale previsione e si conclude con la proposta di matrimonio, quantomeno inusuale, fatta da Alberto a Sofia:

[] Qui da noi [in Germania] non è come in Italia, qui almeno se si è infelici, cè rimedio, fortunatamente abbiamo il divorzio e il matrimonio non è una catena indissolubile. –

Infine Alberto si persuase e chiese il consenso di Sofia a divenire sua moglie, colla condizione però di fare divorzio appena essa si trovasse infelice con lui (ibid., p. 264).

Anche in questo caso, il confronto con la Germania permette a Cordelia di sottolineare il ritardo dellItalia e i disagi generati e tollerati dalla legislazione italiana. Il discorso diretto che apre la citazione è attribuito al padre di Alberto: il giovane, dopo aver assistito alle conseguenze di un matrimonio infelice, gli aveva infatti confidato i propri dubbi a proposito 67delle nozze con Sofia. Dopo aver ascoltato i suggerimenti paterni, Alberto decide di proporre a Sofia un legame esplicitamente scindibile, in cui il parametro di giudizio è rappresentato dalla felicità della moglie. A ben guardare, questa formula ribalta le relazioni tra i coniugi prescritte nellItalia postunitaria, perché assegna proprio alla moglie il diritto e il potere di decidere se concludere o meno il rapporto matrimoniale. Il tema del divorzio era dunque strettamente legato alla questione della donna, dal momento che “the idea of both men and women having equal access to divorce threatened to overturn accepted notions of the proper relationship between the sexes” (Seymour, 2006, p. 4).

È questo il tema che Cordelia affronta nel chiudere, con una così insolita proposta di matrimonio, un romanzo che critica esplicitamente le coeve dinamiche di genere allinterno della famiglia. Nel contempo, però, la portata trasgressiva di questo rovesciamento delle relazioni tra i sessi viene smussata proprio dalla reazione di Sofia, che acconsente “sorridendo a quella strana idea, ben certa che si sarebbe trovata tanto felice che di divorzio non ce ne sarebbe stato bisogno” (Cordelia, 1882b, p. 264).

Il dialogo tra i due sposi introduce la questione della dignità del matrimonio che, come abbiamo visto, è spesso al centro del dibattito parlamentare sul divorzio. Sul punto si era già espresso Tommaso Villa nel 1881, lanno prima della pubblicazione di Catene. In quelloccasione Villa aveva ricordato i dubbi espressi nel corso dei lavori di stesura del codice civile dallo stesso Pisanelli, secondo il quale “[q]uando una legge [] collocasse sulla soglia del matrimonio lidea del divorzio, essa avvelenerebbe la santità delle nozze, ne deturperebbe lonestà, perché quellidea si muterebbe nelle mura domestiche in un perenne ed amaro sospetto” (Disegno di legge n. 159, 1881, p. 10).

Al contrario, osservava Villa, proprio perché severamente definito nei suoi limiti, il divorzio avrebbe funzionato da stimolo per preservare l’‘indissolubilità relativa delle nozze. Lunione tra Alberto e Sofia dimostra come la dignità del matrimonio potesse venire rafforzata – e non indebolita – dal divorzio, misura che avrebbe garantito la felicità e funzionalità del nucleo familiare. In caso contrario, come testimoniato dalla drammatica storia di Elvira, sarebbero stati gli elementi più deboli a pagare il prezzo dellindissolubilità del vincolo: il coniuge innocente, la donna separata, i figli.

68

Le ingiustizie di questo mondo:
le vicende di Elvira

La narrazione di Catene si conclude dando voce alle fantasie alienate di Elvira che, dopo aver assistito alla morte dellunica figlia e aver tentato di uccidere il marito, viene internata in un sanatorio. Qui Elvira, dimentica della propria situazione, vive “in un mondo creato dalla sua fantasia, ma che avrebbe potuto essere reale” (Cordelia, 1882b, p. 207). In questo suo mondo alternativo, Elvira non fa altro che enumerare gli sbocchi esistenziali che una legge sul divorzio garantirebbe ai coniugi separati: le seconde nozze e la tutela del benessere della prole. Cordelia sottolinea come la possibilità di usufruire del divorzio potesse assumere un significato diverso per gli uomini e per le donne. Di segno opposto sono infatti i destini di Elvira e di Ernesto, come osservano Sofia e Alberto:

– Ora, soggiunse [Sofia] rivoltasi al marito, per finire bene il mio pellegrinaggio, vorrei sapere il Berletti castigato di tutto ciò che ha fatto soffrire a quella povera donna.

– Invece, mi rincresce ma non avrai questa consolazione, – rispose Alberto. – Appunto parlando di lui colla contessa Bice, mi raccontò che i suoi affari vanno a gonfie vele, e gode di una certa considerazione come impresario. Egli mise a profitto la disgrazia toccata a sua moglie per farsi vittima presso le prime donne più in voga, che lo preferiscono agli altri perché, poveretto, dicono ha tanto bisogno di conforto… ha la disgrazia di aver la moglie in un manicomio – e, a parità di condizioni, si scritturano sempre col Berletti per compassione. Così, avendo dalla sua molte celebrità, poté ottenere limpresa dei principali teatri, e vive beato e contento.

– Ci sono proprio delle ingiustizie a questo mondo! – disse Sofia un po imbronciata (ibid., pp. 268-269).

Nella sua proposta di legge del 1881, come si è osservato, Villa aveva ragionato sulla differente percezione sociale del marito e della moglie a seguito di una separazione, evidenziando come la società, appunto, “sia disposta a perdonar[e], a compatir[e], a considerare [luomo separato] come la vittima delle leggerezze della sua compagna” (Disegno di legge n. 159, 1881, p. 12). Cordelia esaspera questa situazione: nel dialogo tra Alberto e Sofia, Ernesto viene non solo compatito per la pazzia della moglie, ma questo sentimento dà luogo a forme di risarcimento, come ad esempio linteresse delle attrici che lo preferiscono ad altri impresari. Il comportamento di Ernesto è tuttavia la ragione dellalienazione di 69Elvira, che di conseguenza è due volte vittima: degli abusi del marito e delle leggi che li permettono e legittimano. La riflessione sulla diversa sorte dei due coniugi separati prende così le mosse da un desiderio di giustizia che è in linea con il principio del divorzio-sanzione: questo, offrendo forme di risarcimento per il coniuge innocente, avrebbe permesso di rettificare quanto invece dava luogo a iniquità se lasciato al solo giudizio sociale.

Al contrario di quanto avviene in altri romanzi di cui ci occuperemo, le opere di Cordelia non si soffermano se non marginalmente sulla condanna sociale delle donne separate. Elvira si muove in un contesto germanofilo e divorzista e, per questo, non subisce forme dirette di ostracismo. Alcuni spunti di riflessione in questo senso emergono tuttavia quando il medico Carlo, che non sa della condizione familiare di Elvira, racconta con toni misogini della propria separazione:

– Dovrei ammazzarmi per questo? Fossi pazzo! Oppure dovrei piangere se mia moglie, che non ha trovato in me il suo ideale un giorno pensò di lasciarmi? Non dirò che mabbia fatto piacere, ma rimorsi non ne avevo, perché ero un buon marito. Lei ha creduto bene di andarsene, buon viaggio, ed io mi sono rassegnato, ecco tutto; non mi è rimasto che un solo rimorso, quello dessermi andato ad imbarazzare con una donna (Cordelia, 1882b, pp. 41-42).

Carlo non solo attribuisce la colpa della separazione alla moglie, ma la motiva alla luce di una discrepanza tra vita matrimoniale ideale e reale. Lo scarto tra aspettative femminili e quotidianità è tema ricorrente nella letteratura delle donne di questo periodo, soprattutto per il tipo di educazione impartita alle giovani per prepararle al matrimonio. Nel romanzo di Cordelia la voce maschile che filtra il racconto non è però interessata alle ragioni di questa discrepanza, ma si limita a certificare la propria irreprensibilità. Inoltre, il punto di vista misogino del medico trova conferma nellesperienza di uno straniero, “anchegli come me [Carlo] abbandonato dalla moglie” (ibid., p. 41). Si scoprirà in seguito che lo straniero in questione è Ernesto: pertanto, sia il dottore sia il marito di Elvira si considerano – o si dichiarano – non responsabili della fine dei loro matrimoni, e anzi concordano sul fatto che “quando succede qualcosa di male è tutto causa della donna” (ibid., p. 42). Tale comune prospettiva spinge a mettere in dubbio la storia della separazione di Carlo, e invita a pensare a quante si trovavano nella stessa situazione di Elvira: costrette al silenzio dal discorso dominante maschile.

70

Ci si potrebbe allora chiedere come potrebbe mutare il racconto di una separazione se fosse portato avanti da un punto di vista femminile. La narrazione di Catene offre una risposta più che esaustiva alla domanda attraverso il flashback iniziale, incentrato sulle ragioni che hanno portato Elvira a sposare Ernesto e quindi a separarsi.

Teoria e pratica delle spose frettolose

La scelta del coniuge era un problema al centro anche dei dibattiti parlamentari, in cui si sottolineava come le donne venissero spesso ingannate da “parenti e [] mezzani venali”, o raggirate circa la “ricchezza del patrimonio” del futuro marito (Atti del Parlamento italiano. Discussioni della Camera dei Deputati. Sessione dal 13/05/1878 al 17/06/1878, p. 1104). Questa è anche la situazione in cui si trova Elvira: Ernesto sfrutta infatti un caso di omonimia per nasconderle il proprio dissesto finanziario, e decide di sposarla solo per poter usufruire della dote. Elvira invece non si sposa né per amore né per denaro, ma per potersi allontanare dai propri tutori che le sono ostili. Il romanzo conferma, e al contempo critica, il fatto che prendere marito fosse lunico modo per le donne di ottenere unautonomia sociale in età postunitaria.

Cordelia si muove in consonanza con altre autrici a lei coeve che, tanto nella narrativa quanto nella precettistica, trattavano dei diversi significati del rapporto coniugale per i due sessi. Le opere letterarie destinate ad un pubblico femminile si occupavano spesso della libertà che le donne acquisivano attraverso il matrimonio, esaminandola da due diverse prospettive: da un lato, sottolineando lo scarto tra i differenti comportamenti concessi alle giovani nubili e alle spose; e dallaltro, cercando, attraverso norme di condotta, di circoscrivere a situazioni ben definite questa autonomia femminile. In tal modo il matrimonio veniva desentimentalizzato: si faceva strada lidea che l“ideale di coniugabilità [fosse] raggiungibile solo attraverso la consapevole e reciproca attribuzione di diritti e doveri che [] si struttura come un naturale automatismo” (De Giorgio, 1988, p. 280).

Di conseguenza, le nozze assumevano un significato sociale diverso per i coniugi. In Dopo le nozze Cordelia osserva ad esempio che per la donna il matrimonio è “quasi una necessità, [] tutto quello che le dà una posizione sociale e la porta alla luce del mondo” (Cordelia, 1882a, p. 2). Proprio per questo critica leccessiva fretta che le giovani hanno di sposarsi, senza valutare, se non superficialmente, il futuro marito:

71

ecco perché appena si presenta loro [alle ragazze] questo marito tanto desiderato, sono subito pronte ad accoglierlo e a non lasciarlo scappare. [] E così prima del matrimonio, non badano tanto pel sottile; [] invece, specialmente in certi matrimoni fatti un po spensieratamente, che capitombolo dopo le nozze, che fiasco quando il sogno diventa realtà! (ibid., p. 3).

Alla deprecata categoria delle spose frettolose sembrerebbe appartenere anche Elvira: tuttavia la trasposizione dei precetti comportamentali nellopera narrativa permette di problematizzare una casistica solo apparentemente priva di ambiguità. Come si è detto, prima di sposarsi, Elvira era unoutsider: in casa del tutore si sentiva ed era trattata come un’‘intrusa. Inoltre, valutare i pretendenti era tradizionalmente compito dei genitori o dei parenti più prossimi della futura sposa. Nel caso di Elvira, invece, questa forma di protezione che non è in alcun modo supplita dalla famiglia putativa. Si comprende così la rapidità delle sue nozze: Elvira sceglie di sposarsi senza troppo riflettere non perché sia superficiale, ma perché il matrimonio si presenta come la sola via duscita a disposizione. Non a caso, i due temi delle nozze poco avvedute e del divorzio sono messi in relazione anche in Dopo le nozze:

[Il divorzio] sarà come unancora di salvezza, come una liberazione, per quella fanciulla onesta e virtuosa che, ingannata da arti simulatrici, andò sposa ad un uomo capace di qualunque delitto, che forse un giorno finisce ad essere condannato ad una pena infamante, e il suo nome viene cancellato dalle liste civili, così non sarebbe costretta ad essere legata per sempre ad un uomo che è stato scacciato dal consorzio umano e non figura che come numero nelle liste dei carcerati (ibid., pp. 66-67).

Tanto nel manuale di comportamento quanto nel romanzo, quindi, Cordelia sceglie di soffermarsi sulla condanna del marito ad una pena infamante, esempio che le permette di giustificare il divorzio come misura per riabilitare lonore della moglie. Lautrice intende così deresponsabilizzare le donne dal fallimento del proprio matrimonio e puntare invece lattenzione sul comportamento dei mariti, sui loro diritti e doveri.

Per diritto o per forza:
il “buon marito” nellItalia postunitaria

Le parole con cui il padre di Elvira congeda la figlia sul letto di morte confermano la posizione critica di Cordelia in merito allidea del 72matrimonio quale unico sbocco esistenziale per le donne: “egli”, racconta la donna, “mi consigliava il matrimonio, dicendo che unorfana non può trovarsi bene che fra le braccia dun buon marito” (Cordelia, 1882b, p. 22). Ritorna qui un sintagma già utilizzato dal medico Carlo: “buon marito”. La stessa definizione viene utilizzata anche da Elvira quando deve prendere atto dellimpossibilità di sposare il barone di Sterne, episodio che in Catene funziona da elemento di critica allindissolubilità matrimoniale. Nel romanzo viene infatti sottolineata la differenza tra la vita reale della protagonista, rappresentata a tinte fosche, e la vita possibile grazie al matrimonio con il barone, tratteggiata invece in chiave nettamente positiva:

Essa [Elvira] era tanto infelice che credeva più al male che al bene e sentiva che non sarebbe finita così; era commossa di tutto quello che faceva il barone per lei []. Quando pensava agli anni vissuti insieme a quelluomo [Ernesto], si domandava in qual modo lavesse potuto sposare, come avesse potuto vivere tanto tempo con un essere che non le ispirava che orrore e raccapriccio. Essa non poteva fare a meno di confrontare il barone di Sterne con suo marito, e le proporzioni gigantesche che luno pigliava ai suoi occhi, le rendevano più sensibile labbiettezza dellaltro. Se fosse stata libera e avesse potuto dividere la vita con quelluomo generoso, sublime, sarebbe stata la felicità e il paradiso, mentre invece… (ibid., p. 56).

Cordelia si serve del contrasto antitetico tra i due uomini per esprimere il proprio sostegno al divorzio: se una simile legge fosse stata in vigore, Elvira avrebbe potuto coronare il suo sogno damore. Meno evidente è il contrasto tra le tipologie coniugali che Ernesto e il barone incarnano, entrambe incentrate sul concetto di protezione. Questa la proposta di matrimonio formulata da Federico:

– Il fatto avvenuto questoggi [le minacce di Ernesto] mha aperto gli occhi e mha persuaso che voi siete troppo giovane e bella per poter fare a meno duna persona che vi protegga, vi difenda e che abbia il diritto di farlo (ibid., p. 12).

Il barone ha assistito al litigio tra Ernesto e Elvira e si è reso conto della vulnerabilità della donna: il matrimonio è dunque proposto come forma di tutela. Viene così ribadita una delle funzioni sociali e legali attribuita al marito: proteggere la propria moglie. Il punto che Cordelia vuole sottolineare, e che è anche il cavallo di battaglia della tesi divorzista di Catene, è che la minaccia per Elvira non proviene dallesterno, ma 73dal coniuge stesso. Lautrice evidenzia la costante subordinazione cui la moglie è sottoposta a causa dei diritti e delle funzioni che la società attribuisce al marito, e supporta il divorzio come misura cautelativa diretta soprattutto a proteggere le donne.

Il modo in cui il personaggio di Ernesto è costruito, e soprattutto il suo slittamento da protettore a persecutore, sono indicativi delle dinamiche di genere attive nel nucleo coniugale di fine Ottocento: “marital indissolubility was a keystone in the construction of Italian masculinity because it protected marriage as a secure arena for the playing out of a range of masculine privileges” (Seymour 2005, p. 199). In questo senso, il matrimonio è uno spazio nel quale il marito gode di alcuni privilegi legali (quali, ad esempio, lautorizzazione maritale e la patria potestà) che persistono anche allindomani della separazione, mentre la moglie ricopre una posizione subordinata e svantaggiata. Inoltre, “discussions of domesticity and manliness moved into medical debates on sexuality and love, as experts sought to locate the causes of a mans domestic failure in his constitutional make-up and individual behavior rather than in the ravages of despotic governments” (Reeder, 2015, p. 273) Alla fine dellOttocento le teorie psichiatriche e gli studi scientifici giocarono un ruolo fondamentale nel legare la costruzione della mascolinità ad alcune pratiche sessuali e specifiche relazioni domestiche. Riconoscendo nel matrimonio e nella paternità il culmine della formazione fisica e mentale delluomo normale, “Italian psychiatric sciences succeeded in anchoring the gendered vision of the Italian state in scientific truths capable of fixing notions of Italian manhood securely to domesticity” (ibid.).

Il rapporto problematico tra la costruzione della mascolinità e la fine del rapporto coniugale è centrale nella figura di Ernesto. Da un lato, il suo desiderio di perseguitare Elvira è attribuito a una crudeltà innata, a conferma dellipotesi di un nesso tra tare mentali e incapacità di gestire una relazione sana:

Ernesto Berletti era uno di quegli esseri che hanno bisogno daver qualcuno presso di sé da tormentare e su cui sfogare il loro cattivo umore. Egoista, brutale, scioperato, da fanciullo era stato la disperazione dei genitori, come più tardi fu quella della moglie (Cordelia, 1882b, p. 90).

Dallaltro lato, Cordelia evidenzia come Ernesto, malgrado la separazione, continui a considerare il matrimonio come uno spazio allinterno 74del quale esercitare i propri privilegi legali. Il distinguo tra lesercizio di un diritto e il suo abuso dovrebbe essere sancito dal corpus di leggi: il codice Pisanelli, che precisava sistematicamente le cause della separazione (artt. 150-152), le modalità dellaffidamento della prole (artt. 154-155) e le conseguenze patrimoniali (art. 156), si rivelava però ambiguo nel regolare i rapporti tra i coniugi dopo la separazione, e ciò comportava il mantenimento di alcuni obblighi, pur nel decadimento di quelli alla convivenza e allassistenza.

In Catene questa ambiguità è resa evidente dallutilizzo dei campi semantici del diritto e della forza nelle minacce di Ernesto a Elvira, ma anche, seppur con sfumature diverse, nel racconto del rapimento di Laura. Nel primo caso labuso del marito consiste nel tentativo di ripristinare la sua funzione di capo famiglia, che obbliga la moglie, tra le altre cose, “ad accompagnarlo dovunque egli creda opportuno di fissare la residenza” (Codice civile, art. 131). Si legga in proposito il primo colloquio tra Elvira e Ernesto:

– Che cercate?

– Voi! Mia moglie! [] Voglio che mi seguiate e voglio nostra figlia.

– Mai! – rispose quella donna collocchio smarrito e colla voce tremante. []

– Mai! Vedremo; lo sapete bene che io posso obbligarvi a venire, perché sono vostro marito.

– Noi fummo divisi legalmente e non avete più alcun diritto sopra di me.

– O venite di buona voglia o vi farò venire per forza (Cordelia, 1882b, pp. 47-48).

Se lobbligo a seguire il marito è a tutti gli effetti estinto con la separazione, e per questa aggressione Ernesto incorre in uninterdizione decennale ad avvicinare Elvira, diverso è il caso del rapimento di Laura, in quanto i diritti del padre sui figli rimanevano invariati dopo la separazione. Ai sensi dellarticolo 155 del codice civile, entrambi i genitori, anche se separati, conservavano il diritto di vigilare sulleducazione della prole. La patria potestà era disciplinata dagli articoli 220-239 del codice Pisanelli, e definiva la soggezione del figlio “alla podestà dei genitori sino alla maggiore età od allemancipazione. Durante il matrimonio tale podestà è esercitata dal padre, e, se egli non possa esercitarla, dalla madre” (Codice civile, art. 220). In nessuno degli articoli si faceva però riferimento alla separazione: pur determinando una rottura dellintegrità del nucleo, essa non aveva alcun effetto sullautorità dei genitori nei confronti della prole. Infatti, 75salvo dichiarazione specifica del tribunale in senso contrario, la patria potestà continuava a essere esercitata dal marito, anche se la separazione era avvenuta per sua colpa e i figli erano stati affidati alla madre (Palazzi, 1997, pp. 108-109). Nellepisodio del rapimento, dunque, la forza di Ernesto non è esercitata direttamente su Laura, bensì sullambiente circostante. Dopo averla rapita dal collegio, il padre rassicura la figlia in lacrime: “Non ti voglio far male; sono il tuo babbo e voglio condurti con me; la maestra non voleva lasciarti e io ti ho preso per forza; sei mia figlia; dunque ne ho il diritto” (Cordelia, 1882b, p. 97).

Ernesto ha tutti i diritti di prelevare Laura dal collegio: si tratta di una delle azioni che gli sono permesse dallesercizio della patria potestà. Ma, poiché chi lavora nel collegio gli impedisce di vederla, luomo decide “di adoperare la forza” (ibid.). Ernesto si muove sul filo del rasoio della legalità, e soltanto in considerazione del suo status di pregiudicato decide infine di liberare la figlia:

È vero che [Ernesto] potea dire chera sua figlia e che avea dei diritti sopra di lei, ma il torto sarebbe stato sempre suo; era appena uscito di prigione e ciò gli faceva molto male; sarebbe stato molto meglio che avesse aspettato; [] segli avesse in pochi anni potuto guadagnare una bella somma di denari, e circondarsi di unaureola di rispettabilità, avrebbe potuto vendicarsi di sua moglie con esito felice, e ancora mostrare che la ragione laveva lui e gli altri tutti i torti (ibid., pp. 104-105).

Il ritorno di Laura presso Elvira e la convivenza nella casa del barone segnano linizio di una seconda trama nel romanzo, incentrata sui rapporti allinterno di un nucleo familiare anomalo; si tratta della rappresentazione, epurata da componenti amorose o sensuali, di un percorso esistenziale alternativo che dimostra “come [Elvira] avrebbe potuto esser felice unita ad un uomo tanto rispettabile assieme alle loro due figliuole che si sarebbero amate come sorelle, in quella casa tranquilla” (ibid., pp. 36-37).

È in questo ambiente che Laura, adolescente, conosce Alberto, con il quale decide di sposarsi prima di aver raggiunto la maggiore età. Laura deve però ottenere il consenso congiunto dei genitori alle nozze, come previsto dallarticolo 63 del codice Pisanelli. Elvira, che non vuole scontentare la figlia, ma neanche ricontattare Ernesto, tenta di aggirare lostacolo dichiarando morto il marito. La manovra, però, non va a buon fine e le costa una denuncia. Nellestremo tentativo di strappare a 76Ernesto il consenso alle nozze di Laura, Elvira gli chiede un incontro: e qui si realizza un definitivo ribaltamento dei ruoli, con Ernesto divenuto parte lesa della coppia, perché privato della possibilità di partecipare alleducazione di Laura. Il dialogo tra i due coniugi dimostra lestensione della possibilità di controllo e, in ultima istanza, di ricatto garantita al marito dallindissolubilità matrimoniale e dalla patria potestà:

– Ma io non ve la darò mia figlia! []

– Ed io me la farò dare per forza, son nel mio diritto, ed ho in mano delle buone armi.

– Voi minacciate! Guardate che dal momento che non mi volete amica mi avrete per nemica: dirò a tutti chi siete, e narrerò il vostro passato.

– Questa minaccia laspettava, e non mi fa paura: chi è capace di presentare allautorità dei documenti falsi, è capace di dire una bugia; non sarete creduta (ibid., p. 228).

In questultimo dialogo tanto il diritto quanto la forza confermano la supremazia maschile: il diritto cui Ernesto fa riferimento è quello derivatogli dalla patria potestà, che egli può esercitare come meglio crede; la forza non è più, come negli esempi precedenti, quella personale delluomo, ma quella delle autorità deputate alla tutela del cittadino. Ernesto manipola la realtà: lesercizio dei diritti paterni comporta un sopruso nei confronti della moglie, ma un sopruso legittimato dal reato commesso da Elvira, la cui credibilità è ormai inevitabilmente minata. La paradossalità della situazione, e insieme la sua intrinseca ingiustizia, sono rese ancor più marcate dal fatto che Ernesto rimane del tutto impunito dopo il rapimento. Viene così riaffermata unimpotenza strutturale della donna, cui la separazione non può porre rimedio:

[Elvira] si trovava in preda ad unangoscia terribile come non avea provata mai, alla quale non vedeva alcun rimedio e si sentiva la testa vacillare; era stanca di vivere, di lottar sempre senza aver un minuto di posa, desser legata sempre a quella catena che sentiva ormai non si sarebbe spezzata che colla vita, e avrebbe desiderato morire, uscire da una vita angosciata; ma si trattava della sua figliuola e dovea raccogliere ancora tutte le sue forze per salvarla, per renderla felice; dopo, avrebbe accolto anche la morte col sorriso sulle labbra, come una liberazione (ibid., 1882b, p. 210).

La realtà di abuso legalizzato vissuta da Elvira e la tragica conclusione delle sue vicende dimostrano la necessità di riformare il matrimonio mediante lintroduzione del divorzio. Cordelia veicola questo messaggio 77rappresentando la moglie come vittima di una legge che legittima i comportamenti maschili e penalizza, invece, quelli femminili. La critica delle istituzioni portata avanti in Catene è invece assente in Per vendetta, romanzo in cui lautrice propone il divorzio come soluzione ad un matrimonio fallimentare.

Il matrimonio (in) Per vendetta

Contesto storico-filosofico

Lanonima recensione di Per vendetta, uscita nel 1893 sullIllustrazione italiana, sottolinea che il romanzo toccava “una piaga viva della società: i matrimoni fatti per puntiglio”, portando in scena la borghesia e laristocrazia che, mescolandosi, rivelano le loro debolezze: “I passatempi anche frivoli del bel mondo e la vita allegra degli elegantoni contrastano col dramma doloroso che si svolge fra due anime che in un altro ambiente, in altre condizioni, si sarebbero amate” (Anonimo, 1893, p. 30).

Il romanzo si svolge in unanonima provincia italiana, dove la ricca famiglia borghese dei Sangalli fa ritorno dopo aver costruito una cospicua fortuna in America. Il rientro della famiglia nella cittadina scompiglia la vita sociale, impostata su una rigida divisione tra ceti: solo alcuni membri dellaristocrazia locale accolgono i nuovi arrivati, mentre altri, primo fra tutti lanziano conte Landucci, rifiutano di entrare in relazione con loro. Uneccezione è rappresentata da Renata, la figlia del conte, che intesse unintima amicizia con i due rampolli dei Sangalli, Fanny ed Edoardo. Questultimo si innamora di Renata e le chiede di sposarlo, ma la giovane, pur ricambiando il sentimento, rifiuta la proposta di Edoardo, senza dargli alcuna spiegazione. Offeso dal suo comportamento e certo della sua indifferenza, Edoardo decide di vendicarsi sposando Elisa di Belfiore, la cugina di Renata. Questultima, rattristata dalla notizia, è costretta a vegliare il padre malato, che muore proprio durante il matrimonio di Elisa ed Edoardo. Amareggiata per il lutto e per la perdita dellamato, Renata decide di dedicarsi alla propria formazione, attraverso letture e viaggi. Nel frattempo, il rapporto tra Edoardo ed Elisa inizia a sgretolarsi: la donna, frivola e vana, disattende le aspettative del 78marito e si dimostra disinteressata ai doveri di moglie e alla maternità. La nascita dellunica figlia Tati, infatti, non muta lo stile di vita di Elisa, portando a un riavvicinamento tra Edoardo e Renata, madrina della bimba. Quando Tati si ammala gravemente, i due la vegliano sul letto di morte mentre Elisa partecipa a un ballo: la scena costituisce lultimo atto del matrimonio tra i coniugi Sangalli, che si separano ufficiosamente. Renata cerca allora di mantenere la relazione con Edoardo su un piano di amicizia e, pur amandolo, rifiuta le sue insistenti avances. Quando luomo le propone di sposarsi dopo la morte di Elisa, gravemente malata, Renata disgustata interrompe i rapporti e intraprende una lunga serie di viaggi che la conducono dapprima a Montecarlo, dove visita Elisa e la madre di lei, e in seguito sulle Alpi. Infine, trasferitasi a Napoli durante lepidemia di colera del 1884, contrae il morbo mentre assiste i malati. Edoardo, dopo averne seguito le peregrinazioni, la rintraccia nellospedale appena dopo la morte di Elisa. Renata, prima di morire, gli confessa il proprio amore.

I due nodi centrali del romanzo, bene evidenziati anche nella recensione pubblicata sullIllustrazione italiana, sono quelli del matrimonio tra soggetti appartenenti a differenti classi sociali e delle conseguenze di una scelta del coniuge poco avveduta. Cordelia racconta la vicenda di due innamorati – Edoardo e Renata – che non riescono a coronare il proprio amore, prima per il veto paterno, e poi a causa delle nozze di Edoardo con Elisa. Di per sé la trama del romanzo non è poi così diversa dalle molte storie di adulterio o di amori impossibili che costellano la narrativa ottocentesca. A distinguere Per vendetta dagli altri romanzi è il modo in cui viene affrontato, seppur in absentia, il tema del divorzio. Cordelia propone infatti di porre rimedio al dramma dei due innamorati proprio attraverso il ricorso a questa legge. Poco importa che la questione sia affrontata, per essere poi immediatamente accantonata, in un solo episodio del romanzo: come vedremo, laccenno di Edoardo alla possibilità di divorziare da Elisa permette a Cordelia di superare il topos tradizionale degli amanti infelici, per offrire una nuova prospettiva. Insomma, laccenno al divorzio è segnale di un diverso modo di guardare al matrimonio, introdotto ancora una volta da un personaggio di formazione e cultura non italiana.

Il triangolo amoroso tra Edoardo, Elisa e Renata può essere letto come esempio dellevoluzione del matrimonio, da legame dAncien régime a nucleo coniugale intimo, così come elaborata da Michel Foucault nel 79primo volume della sua Histoire de la sexualité (1976). Fin dal XVIII secolo, ad una tipologia familiare incentrata sulla trasmissione dei beni e sul lignaggio, definita “dispositivo di alleanza”, se ne sarebbe parzialmente sovrapposta unaltra, impostata sulle sensazioni del corpo e sulleconomia del piacere, denominata “dispositivo di sessualità” (Foucault, [1976] 2014, pp. 94-102). Entrambi i dispositivi rappresentano per Foucault dei sistemi di controllo sociale, la cui evoluzione coinciderebbe con la progressiva ascesa economica e politica della classe borghese.

Il romanzo Per vendetta si presta a essere letto sulla scorta di tali intuizioni, anche perché si innesta in un contesto culturale influenzato dalle teorie pseudo-scientifiche e, in particolare, dagli studi fisiologici e antropologici di Paolo Mantegazza.4 Questi trattò del matrimonio in diverse occasioni, e le sue teorie furono ricordate, come abbiamo visto, anche in alcuni dibattiti parlamentari: le tesi divorziste avanzate nella sua Fisiologia dellamore (1873), ad esempio, vennero citate da Domenico Giuriati nella relazione sulla proposta di legge Zanardelli del 1883. Lopera di Mantegazza può essere intesa come il frutto di quella pratica discorsiva che Foucault, riferendosi alla proliferazione ottocentesca di discorsi scientifici sulla sessualità, definiva scientia sexualis (Foucault, [1976] 2014, pp. 59-68). In tale produzione, il sesso era considerato come qualcosa che “è per natura un territorio aperto a processi patologici, e che invoca dunque interventi terapeutici o di normalizzazione; un campo di significati da decifrare, un nodo di relazioni causali indefinite, una parola oscura che bisogna contemporaneamente stanare e ascoltare” (ibid., pp. 63-64). Le idee espresse da Mantegazza sono un ottimo esempio del modo in cui la sfera della sessualità poteva essere integrata nellagenda politica e sociale dellItalia postunitaria e nelle pratiche di regolamentazione della vita individuale. Lantropologo riconosceva nel matrimonio il luogo più conveniente per lesercizio della sessualità. Se non il migliore, il vincolo coniugale poteva essere considerato il “meno peggio fra tutti i diversi modi di unire luomo e la donna onde provvedano alla conservazione della specie”, in quanto “risultato di tanti cicli di evoluzione storica, di tanti elementi sensuali, morali, religiosi, legislativi, che son venuti in conflitto fra di loro attraverso il tempo” (Mantegazza, 1892, p. 17, enfasi nelloriginale).

80

Il passo, tratto dal saggio Larte di prender moglie, offre dunque unimmagine del matrimonio quale costruzione sociale che, pur affiancando altre modalità di esercizio della sessualità (come il sesso extraconiugale e la prostituzione), era preferibile perché socialmente accettato e legalmente normato.

Lidea del vincolo matrimoniale come risultato di unevoluzione del pensiero e della società è ricorrente in tutta lopera di Mantegazza; a questa si associano due proposte di miglioramento: la libera elezione del coniuge e il divorzio. NellArte di prender moglie, Mantegazza riprendeva, citandole esplicitamente, le tesi pro-divorzio da lui stesso espresse nel fortunatissimo La fisiologia dellamore (1873), uno studio sul sentimento amoroso e le sue connessioni con i sensi, lintelletto del singolo e le istituzioni sociali. Già a questa altezza cronologica, Mantegazza portava avanti una valorizzazione della sessualità matrimoniale, considerata come componente importante del ménage. In linea con il coevo dibattito politico, suggeriva quindi di considerare il divorzio come una garanzia della dignità del nucleo coniugale: “Noi vogliamo il divorzio, perché abbiamo unalta stima del matrimonio e della dignità umana; vogliamo il divorzio per stringere con nodo più intimo il patto giurato tra un uomo e una donna”, per poi dichiarare che “Non è lindissolubilità scritta che mantenga la santità di un patto, ma è la coscienza di averlo liberamente giurato” (Mantegazza, 1873, p. 349). Sia nellArte di prender moglie sia nella Fisiologia dellamore, Mantegazza enfatizzava dunque gli aspetti psicologico-culturali del rapporto matrimoniale, riconducendo le sue debolezze alla dispari formazione culturale e sessuale dei coniugi e alla dimensione giuridica del vincolo.

Cordelia, che frequentava gli stessi circoli intellettuali di Mantegazza (come il salotto di Clara Maffei e lentourage della casa editrice Treves), riprende tali temi in Per vendetta. Il fulcro del romanzo è rappresentato dalla ragione per cui Edoardo sceglie di sposare Elisa: vendicarsi del rifiuto di Renata. Anche Mantegazza aveva trattato di questo tipo di nozze (e della sua pericolosità); già in un aforisma in calce a La fisiologia dellamore lantropologo scriveva: “prender moglie o marito per dispetto ad altri è uccidere sé stesso per vendicarsi di un nemico” (ibid., p. 352). Laforisma va letto alla luce delle riflessioni circa la libera elezione del coniuge quale presupposto fondamentale della stabilità del vincolo. 81Unattenta valutazione del partner, dal punto di vista caratteriale e fisico, era giudicata fondamentale per ridurre il pericolo di incompatibilità matrimoniale, problematica “che a ben ragione fu giudicata da molti legislatori causa sufficiente di divorzio. E lo è e lo deve essere; più che limpotenza, più che i mali trattamenti, più che ogni altra causa di separazione” (Mantegazza, 1892, p. 112).

“oro” e “sangue”

Uno dei temi principali del romanzo di Cordelia è il rapporto tra classi sociali diverse, descritto in termini positivi solo quando riguarda laristocrazia e la borghesia.5 Per introdurre la questione, Cordelia si sofferma sugli spazi occupati dai protagonisti. Oggetto delle prime pagine di Per vendetta è infatti la contrapposizione tra due edifici nobiliari: il palazzo Landucci, ancora abitato dai suoi aristocratici proprietari, e il palazzo Lucchini, recentemente acquistato dalla famiglia borghese Sangalli. Il confronto tra le due abitazioni è giocato su un rapporto di dicotomia tra loscurità, limmobilità e latmosfera stagnante del primo, e gli importanti lavori di ristrutturazione che interessano il secondo, rappresentato dunque in divenire sia materialmente, cioè nellarredamento e nella struttura, sia simbolicamente. Lacquisto dellantica sede nobiliare da parte di una famiglia borghese è infatti ragione di scalpore nellanonima provincia, tanto che il conte Landucci parla di “profanazione” (Cordelia 1893, p. 7).

Attraverso la descrizione delle case, Cordelia suggerisce una valutazione dei due ceti sociali: gli aristocratici, anziani e refrattari a qualunque “soffio di novità e di progresso” (ibid., p. 3), sono rappresentati in pieno decadimento, mentre i borghesi Sangalli sono da subito collegati allidea di modernità e intraprendenza: la loro vicenda familiare riprende la parabola del self-made man che riesce a far fortuna in America sfruttando un piccolo capitale iniziale. Proprio le origini della famiglia Sangalli sono 82oggetto di discussione nel circolo nobiliare che assiste al loro ritorno: “nel crocchio delle signore si continuava a parlare dei nuovi arrivati e, non sapendone il nome vero, li chiamavano Americani” (ibid., p. 9, enfasi nelloriginale). Non è quindi con il nome che la nuova famiglia è presentata al vicinato – segno evidente di estraneità al sistema nobiliare –, ma con espressioni che ne sottolineano lalterità, anche culturale.

Lacquisto del palazzo Lucchini da parte dei Sangalli si può leggere come il segnale di un passaggio di potere dalla classe nobiliare alla ricca borghesia imprenditoriale. Ciò innesca una discussione tra i personaggi aristocratici sullopportunità di stringere rapporti (anche matrimoniali) con la nuova famiglia, e sulla conseguente evoluzione dei rispettivi ceti: “Laristocrazia è decrepita e ha bisogno di nuovo sangue nelle vene e nelle casse un po dei quattrini della borghesia” (ibid., p. 17), dice la marchesa di Belfiore, la madre di Elisa. I campi semantici del sangue e dell’‘oro borghesi ricorrono ancora in occasione del matrimonio di Edoardo. Alla contrarietà del conte Landucci, la marchesa oppone unidea di interclassismo quale strumento per preservare la classe aristocratica:

– Se tutti la pensassero come te, – soggiunse [la marchesa di Belfiore], – in poco tempo coi nostri nomi sonori si finirebbe nella miseria deboli, malati e sfiniti, perché, è inutile illudersi, se non si mette sangue nuovo nelle nostre vene e nuovo oro nelle nostre casse si cammina a gran passo verso la rovina (ibid., p. 164).

Una simile rappresentazione fisica dellaristocrazia dimostra come Cordelia avesse interiorizzato quella cultura del corpo che, come afferma Michel Foucault, era stata parte delle strategie adottate dalla classe borghese per affermarsi, e che si opponeva alla logica aristocratica della continuità di lignaggio perseguita anche attraverso matrimoni tra consanguinei.6 Secondo Foucault, la valorizzazione borghese della sfera fisica sarebbe da affiancare alla riscoperta della sessualità “come distribuzione nuova dei piaceri, dei discorsi, delle verità e dei poteri” (Foucault, [1976] 2014, p. 109). In Per vendetta, non a caso, la visione del matrimonio portata avanti dalla marchesa di Belfiore riproduce le 83dinamiche coniugali proprie del dispositivo di alleanza, imperniate sulla trasmissione dei nomi e dei beni. Questi sono gli elementi costitutivi di quanto la marchesa sogna per la figlia Elisa: “Da una parte il titolo, dallaltra la ricchezza”, si dice la marchesa di Belfiore: “e perché non avrebbe potuto effettuarsi quel suo sogno?” (Cordelia 1897, p. 52). Il fallimento del matrimonio tra Edoardo ed Elisa è dunque causato dalle diverse motivazioni che animano i due personaggi. Elisa, che “ci teneva anche al suo titolo di marchesa, ma fino ad un certo punto, avendo capito per propria esperienza che un titolo senza quattrini è una vera miseria”, sposa Edoardo perché questi può “darle tutto quello di cui era stata priva fino a quel giorno” (ibid., p. 116). Edoardo, invece, “non aveva in cuore che un solo pensiero: vendicarsi della fanciulla che lavea tanto fatto soffrire” (ibid., p. 138).

Le vicende che portano al triangolo amoroso Elisa-Edoardo-Renata derivano dalla limitata possibilità di scegliere un partner, per ragioni economiche, per impulsività o, nel caso di Renata, a causa del controllo familiare. Cordelia illustra così i problemi derivanti da un sistema matrimoniale che non teneva conto della sfera fisica ed emotiva degli sposi, né dei loro desideri. In particolare, lo scontro tra le due diverse visioni del matrimonio veicolate da Edoardo ed Elisa ha effetti interessanti sulla raffigurazione di Elisa come donna oziosa. È questo, secondo Foucault, uno dei primi soggetti che acquisirono visibilità con laffermazione del sistema di controllo sociale rappresentato dalla famiglia. In Per vendetta Cordelia esplicita il contrasto tra questa tipologia femminile e i modelli di riferimento della sposa e della madre, ricorrendo ancora ai termini dello scontro fra classi:

Edoardo diceva: che quando una donna ha dei bimbi, deve rinunciare ai divertimenti e lo scopo principale della sua vita deve essere i suoi figli. Elisa rideva a quelle asserzioni che avevano laria di prediche, e la marchesa Emilia diceva che il genero aveva proprio delle idee da borghesuccio. Quando mai sera visto che una signora ricca ed elegante rinunciasse alla società per badare ai bimbi? Basta che lo facciano quelli che non hanno mezzi per prendersi una buona balia (ibid., pp. 230-231).

La questione è affrontata facendo riferimento al ruolo della donna quale moglie e madre: Elisa sfugge alla dimensione affettiva dello spazio familiare propria del nucleo coniugale intimo, rimanendo ancorata alle logiche del sistema di antico regime. La sua rappresentazione quale madre 84indifferente la accosta a quelle “figure miste dellalleanza fuorviata e della sessualità anormale; [che] per il sistema di alleanza sono loccasione di far valere i suoi diritti nellordine della sessualità” (Foucault, [1976] 2014, pp. 98-99). Non per nulla, lepisodio che decreta la fine del matrimonio tra Edoardo ed Elisa, ossia la morte della figlia neonata Tati, ritrae i due coniugi in atteggiamenti opposti: il marito chino sulla culla che ha vegliato fino allalba con Renata, e la moglie assente, impegnata a divertirsi nellultimo ballo della stagione mondana.

Il segreto di Renata

Al modello femminile negativo incarnato da Elisa, Cordelia oppone quello virtuoso di Renata. Anche in questo caso, attraverso la figura femminile viene prospettata una visione non tradizionale dei rapporti tra i sessi e del matrimonio. Renata è descritta proprio in contrapposizione allatmosfera asfittica e stagnante di palazzo Landucci:

Invece il soffio vivificante dei tempi nuovi sera introdotto nella sua casa [del conte Landucci] senza che se ne accorgesse e sera già impadronito dellanimo di Renata. Era entrato, quasi insensibilmente, per mezzo dei giornali e dei libri, colle chiacchiere delle amiche e della zia Emilia, che andava tutti gli anni a Parigi e ritornava piena di nuove idee: e già Renata si sentiva trasportare non solo fuori della cerchia ristretta della sua casa, ma della piccola città di provincia dove era costretta a vegetare (Cordelia, 1893, p. 3).

Per vendetta narra il processo di imborghesimento7 di Renata che, per indole ed esperienze, prende le distanze dal suo ceto di appartenenza. Questo processo è interessante perché la protagonista dimostra di non condividere lidea di legame matrimoniale veicolata dalla sua cerchia familiare e sociale. Attraverso questo personaggio, dunque, Cordelia rappresenta lavvento di una diversa tipologia di nucleo familiare, non casualmente vicina al modello borghese. Lautrice esplicita la naturale inclinazione di Renata verso la borghesia descrivendo il suo subitaneo interesse per la famiglia Sangalli:

Da quando i Sangalli erano venuti ad abitare nella città di V*** anche senza conoscerli [Renata] aveva come provato per loro una corrente di simpatia, forse perché sentiva che pensavano come lei e vivevano come essa avrebbe desiderato di vivere, cioè largamente, con tutte le raffinatezze della vita moderna, 85andando sempre avanti e cambiando consuetudini col cambiar dei tempi, si erano subito compresi come si comprendono con unocchiata le persone appartenenti allistesso colore politico, che hanno le medesime aspirazioni e il medesimo ordine didee (ibid., p. 82).

Renata intuisce subito un’‘affinità elettiva con i Sangalli, di cui condivide la stessa visione del mondo e la medesima aspirazione a uno stile di vita moderno, in contrasto con quello dellaristocrazia. Tale sintonia si traduce idealmente in termini di mobilità sociale, nella misura in cui Renata prende le distanze dalla sua classe di appartenenza.

Oltre a questa intesa esplicita tra Renata e la classe borghese, nel romanzo si trovano anche tracce implicite di una costruzione sessualizzata del personaggio. I contatti tra Renata e Edoardo, ad esempio, sono rappresentati da Cordelia come forme di turbamento fisico ed emotivo. Ancora prima delleffettivo incontro tra i due giovani, Renata già “pensava un po troppo spesso alla famiglia Sangalli, quasi quasi aveva timore di trovar troppo piacere in quella amicizia e non osava dire una parola in loro favore” (ibid., p. 66). Il primo giro di valzer con Edoardo, poi, si conclude con un leggero mancamento della giovane dettato dal forte trasporto e dalla crescente passione: “nella sua mente si confondevano le figure dipinte sulla volta; le pareva che scendessero a terra, e a lei sembrava invece di volare lassù, in alto, su quel cielo azzurro e sulle nubi bianche” (ibid., p. 79). Il turbamento che domina Renata si manifesta anche nel suo continuo arrossire quando conversa con Edoardo e riceve i suoi complimenti:

[] A proposito, signorina, se sapesse quante volte lho ammirata e lammiro, quando lincontro a cavallo; come monta bene!

– È un esercizio che mi piace tanto, – rispose [Renata] arrossendo (ibid., p. 81).

Il corteggiamento è narrato da Cordelia in modo affine alla coeva scrittura femminile; e tuttavia, proprio perché caratterizzate da uno slittamento di classi e visioni del mondo, le reazioni di Renata vanno lette come parte di un percorso di progressiva sessualizzazione. A ciò va inoltre aggiunta la visione idealizzata dellamore che porta Renata a escludere tanto il matrimonio quanto la dimensione sessuale:

[Renata] presentiva lamore nel sentimento ispiratole dal giovane, ma non se ne sgomentava []. Sapeva che suo padre non avrebbe acconsentito ad un matrimonio fra lei e il giovane Sangalli, ma le sarebbe parso dimpicciolire 86quel sentimento, di profanarlo pensando al matrimonio, che le rappresentava una soluzione banale ed interessata dellamore, del quale sera formata unidea, forse tutta sua, ma elevata, sublime. Per lei non era come il matrimonio, lunione di due sostanze, di due nomi, ma bensì lattrazione di due anime, uno scambio di pensieri e didee, una cosa eterna e quasi divina (ibid., p. 95).

Renata, insomma, rinnega il valore sociale del matrimonio e, in particolare, le fondamenta proprie del dispositivo di alleanza supportato con forza dal padre: la salvaguardia del patrimonio e del lignaggio. Cordelia sottolinea così un ulteriore margine di distanza tra la donna e il suo ceto di appartenenza. Renata non ha bisogno nemmeno di forme istituzionali alternative a tale sistema, perché

le bastava poter vedere qualche volta Edoardo e pensare a lui, ammirarlo ed essere da lui ammirata, sentire di contar qualche cosa nella sua vita e non desiderava che di poter continuare per mesi ed anni quellesistenza, senza dover apportare alcuna diversità al loro modo di vivere (ibid., pp. 95-96).

Da questa prospettiva, la visione dellamore delineata da Renata trascende il sistema di controllo incarnato dallistituto familiare e rappresenta il rapporto tra la donna e la sua sessualità come un “segreto”:

Quando egli [Edoardo] le dava una stretta di mano che le faceva vibrare tutto lorganismo, quando le diceva qualche parola che le illuminava di gioia la fisionomia, essa diceva fra sé – è proprio amore, – ed era contenta di quella scoperta, e non si lagnava più della vita monotona, della sua città, della casa triste, del babbo esigente, aveva un pensiero che le rallegrava lesistenza, aveva un segreto che le riempiva il cuore di gioia (ibid., p. 96).

Il punto di rottura e il culmine della prima parte del romanzo è la proposta di matrimonio di Edoardo. Renata non solo declina lofferta, ma rifiuta di dare spiegazioni allamato e alla sorella Fanny:

– E perché, Renata [non vuoi sposare Edoardo]? Non lami mio fratello? Tuo padre non vuole? È dunque vero quanto si dice?

– Mio padre non centra per nulla, del resto nessuno gli ha espresso le intenzioni di tuo fratello, ma sono io che non posso accettare; non chiedermene la ragione perché non posso dirla, è un segreto che terrò nascosto in fondo al cuore, ma è deciso, io non mi sposerò mai (ibid., p. 131).

Interrogata dai fratelli Sangalli, Renata appare in preda al “timore di perdere i sensi e che la verità le sfuggisse dalle labbra” (ibid., p. 135). Il suo 87silenzio risponde in primo luogo al divieto paterno di sposare Edoardo e la conferma nellobbedienza filiale cui, suo malgrado, è obbligata. Tuttavia, e questo è quello che più ci interessa, con il suo comportamento Renata rifiuta di codificare istituzionalmente il sentimento amoroso e, dunque, di soggiacere al sistema di controllo familiare. Come Elisa, anche Renata si pone al di fuori di quella norma che assegna alla donna i ruoli di moglie e madre. Se nel primo caso Cordelia rappresenta lanacronismo del sistema matrimoniale dAncien régime, nel secondo esprime invece una forma di resistenza femminile al discorso dominante.

Il nubilato (in) Per vendetta

Il nubilato autoimposto e la conseguente rinuncia alla sfera sessuale e amorosa hanno un precedente illustre nella letteratura postunitaria delle donne: Teresa, la protagonista dellomonimo romanzo di Neera (1886).8 Come osserva Elisa Martínez Garrido (2010, p. 126), per le donne sul finire dellOttocento, il convento, lamore platonico o il non essere sposata rappresentavano “a free exit from the law of the father”. Esulando dal piano religioso, anche il convento poteva essere una “imaginary redemption from the cold imposition of a marriage of convenience and from violent sexuality and phallocratic imposition” (ibid.), ovvero un matrimonio senza amore e senza piacere, quindi privo di reale fusione erotica. Questa complessità ambigua e polisemica, conclude la studiosa, è presente appunto anche in Teresa.

Questa lettura, che interpreta la rinuncia di Teresa alla propria sessualità come una critica alle strutture sociali di carattere patriarcale, può essere proposta anche per il personaggio di Renata. Le due protagoniste condividono infatti la traumatica imposizione paterna che le obbliga a rinunciare alluomo amato, il nubilato forzato e la conseguente repressione della sfera sessuale. In entrambi i casi, inoltre, tale condizione comporta la sublimazione del sentimento amoroso in una sfera mistico-religiosa. Renata, così come Teresa, agisce coerentemente con i modelli femminili a sua disposizione, in particolare quello della Vergine Maria, emblema della castità e della maternità (Valisa, 2008, pp. 95-96). Ciò spiega lo spirito di sacrificio e abnegazione delle due donne e la loro sostanziale mancanza di consapevolezza di ciò che lamore effettivamente comporti 88da un punto di vista sociale (e anatomico): “she [] cannot grasp that, to be approved of, love has to be socially useful and re-productive, not to mention legally sanctioned” (ibid., p. 96).

La necessità che il sentimento amoroso venga riconosciuto a livello sociale e legale è elemento portante in Per vendetta: al veto del padre, infatti, si sovrappone la celebrazione del matrimonio tra Edoardo ed Elisa. Per Renata, linterdizione privata allamore acquista dimensione pubblica e istituzionale: la voce paterna e il corpus legislativo si fondono nellimpedire alla donna ogni possibilità di azione. Teresa “appare subito come la vittima designata di una concorde volontà e crudeltà familiare: la madre debole, il padre ottusamente autoritario, le sorelle capricciose e egoiste, il fratello maschilmente sornione” (Arslan, 1998, p. 138). La stessa situazione non solo è riproposta da Cordelia attraverso Renata, ma viene traslata dallambito privato-familiare a quello pubblico-istituzionale.

Lesempio di Teresa può dunque aiutare a comprendere lo sviluppo psicologico di Renata e il modo in cui interpretare il suo nubilato autoimposto, segno di ribellione non più e non solo alle leggi del padre, ma anche a quelle dello Stato. Virginia Afflerbach (2000, p. 288) osserva che “per il lettore risulta difficile capire perché Renata rifiuti nuovamente lamore di Edoardo” dopo la separazione ufficiosa da Elisa, e motiva tale scelta affermando che

probabilmente la società conservatrice e benpensante, che rifiutava qualsiasi progetto di legge atto a migliorare la situazione della donna, non era propensa ad accettare in un romanzo destinato al pubblico femminile, la liaison tra una ragazza di buona famiglia ed un separato (ibid.).

Al di là dello stato sociale di Edoardo, il rifiuto di Renata è segno di un rifiuto del modello familiare normativo: la donna respinge le strutture patriarcali che regolano il nucleo, identificate nella voce paterna e nel matrimonio indissolubile. In tale sistema il benessere dei coniugi non è infatti preso in considerazione, e questo rende difficoltoso, se non impossibile, riformulare i rapporti tra moglie e marito su base affettiva.

Al contrario di quanto avviene per Teresa, tuttavia, in Per vendetta il nubilato autoimposto introduce la possibilità di unautonomia femminile:

Dopo la morte del suo amore, avendo rinunciato al matrimonio, [] [Renata] voleva vivere, conoscere la vita, studiarla in tutte le sue manifestazioni, nei libri, nei diversi paesi, nella società, voleva liberarsi da tutto quel convenzionalismo 89che circonda la vita duna ragazza italiana, e slanciarsi nel mondo libera almeno come una fanciulla americana (Cordelia, 1893, pp. 200-201).

Così come in Catene, lattenzione di Cordelia per una realtà extra-italiana diviene metro di giudizio per le condizioni locali. Non casualmente, allindomani della morte del padre, Renata inizia a leggere autori stranieri come Daudet, Zola, Maupassant, Bourget, Tolstoj e Turgenev. Allampliamento del bagaglio culturale di Renata, che recupera proprio le letture proibite dal padre,9 si affianca una sua maggiore libertà di movimento. Anche in questo caso, il comportamento femminile si oppone a una consuetudine che non è soltanto sociale, ma anche familiare:

[Renata] sapeva che col suo desiderio dindipendenza doveva affrontare la disapprovazione dei parenti e degli amici, che i suoi concittadini lavrebbero riguardata come una ragazza eccentrica, ma si sentiva di mente tanto superiore, da non curare le chiacchiere della gente oziosa e pettegola (ibid., p. 216).

Rinunciare al matrimonio è per Renata lunica possibilità per avvicinarsi, in termini di emancipazione e autonomia, al modello americano proposto come esempio positivo di femminilità. Interrogata sulle ragioni del nubilato, la donna risponde: “Per conservare la mia libertà” (ibid., p. 272). Lorizzonte culturale proposto da Cordelia, come già in Catene, sottintende una visione del matrimonio diversa da quella italiana. Non solo in alcuni stati americani era già in vigore una legge sul divorzio – di cui, nella finzione narrativa, Edoardo può facilmente approfittare –, ma tale circostanza era nota in Italia e largamente utilizzata dalle coppie più abbienti. Questo elemento è importante per capire il modo in cui il tema del divorzio è affrontato in Per vendetta e i suoi effetti sul pubblico di lettori e lettrici.

Il divorzio in absentia

In un unico, breve colloquio con Renata, Edoardo accenna alla possibilità del divorzio come misura risolutiva del triangolo amoroso. Luomo, ufficiosamente separato da Elisa, ribadisce a Renata il suo amore e si dichiara disposto a proseguire la relazione nei termini da lei stabiliti:

90

Ma Edoardo voleva persuaderla che non cera nulla di male ad essere anche qualche cosa di più di buoni amici; infine, non potevano negarlo, cera una certa corrispondenza nei loro pensieri, lo sentivano senza poterlo spiegare, uno faceva vibrare nellaltro una scintilla che lo ravvivava []. Era la teoria di Renata, il sogno che avea sempre fatto, dun amore sublime, ideale, elevato, quella chessa udiva ripetere da Edoardo (ibid., p. 260).

Un simile sodalizio non può però durare: nelle parole di Edoardo essere più che amici non significa soltanto “unione di due spiriti” (ibid.), ma sottintende anche il desiderio di introdurre nel rapporto una dimensione sessuale. Le gelosie reciproche e le incomprensioni che, da questo momento in poi, caratterizzano la relazione tra i due innamorati sono eloquenti: rivelano la difficoltà a vivere lamore (inteso come sentimento e come atto fisico) al di fuori del recinto istituzionale. Di qui la speranza di potersi presto sposare, speranza ingenerata, almeno in Edoardo, dalla salute precaria di Elisa:

[Renata] non ridestate il mio rimorso, che mi rode lanima e tormenta la vita, ma il nostro amore non può essere senza speranza, siamo liberi tutti e due.

– Ed Elisa?

– Non me ne parlate; è malata, non può vivere molto, dice il dottore, e sio tornassi libero!

– Non dite di queste cose, mi fate male, – disse Renata staccandosi dal suo braccio (ibid., p. 284).

La morte del coniuge rappresentava in Italia lunica possibilità per interrompere un rapporto matrimoniale; di qui il profondo turbamento di Renata, che “sentiva che se continuava a rimanergli [a Edoardo] vicina non avrebbe potuto resistere al suo amore che diventava una passione perversa, al punto da desiderare la morte di Elisa perché potesse trionfare” (ibid., p. 287). Lamore libero dai vincoli del matrimonio, un tempo guardato come esperienza sublime, assume ora connotazioni negative. In questa parte del romanzo si avverte uneco non solo degli studi sui sentimenti condotti da Mantegazza, ma anche del dibattito sul legame tra emozioni e diritto penale portato avanti in ambito legislativo. Nel periodo postunitario, soprattutto grazie allopera della Scuola Positiva e agli studi di Cesare Lombroso, i legislatori si erano posti il problema dellinfluenza degli stati emotivi sulle azioni criminose (Musumeci, 2015, pp. 48-77). Si era fatta strada lidea che le forti emozioni potessero rappresentare delle forze irresistibili che dovevano essere prese in 91esame al momento di valutare le azioni delittuose. Su questa scia va interpretato il modo in cui lamore viene rappresentato come potenziale spinta al delitto nel romanzo di Cordelia:

Poi la sua [di Renata] immaginazione andava galoppando e comprendeva come una passione potesse trascinare a perdere la ragione e magari condur al delitto. Dal desiderare la morte di una persona, allucciderla se loccasione si fosse presentata, non era che un passo, ed essa vedeva già Edoardo cambiarsi in un delinquente, in un assassino (Cordelia, 1893, p. 287).

Una simile rappresentazione dellamore come forza irresistibile, e delluxoricidio come estremo rimedio a un vincolo infelice, oltre a dimostrare i legami tra il romanzo e il suo contesto culturale, si ricollega direttamente al dibattito sul divorzio. Per supportare le proprie tesi, ad esempio, Salvatore Morelli nel 1880 aveva fatto esplicito riferimento ad alcuni fatti criminosi e, in particolare, al processo Fadda, un caso di uxoricidio avvenuto nel 1879 che aveva avuto grande risonanza nellopinione pubblica coeva. A due anni di distanza, Tommaso Villa aveva allegato alla sua proposta legislativa dati statistici circa il numero di uxoricidi consumati o tentati da coniugi italiani tra 1866 e 1880, e aveva concluso:

Ignoriamo forse che la indissolubilità del vincolo coniugale è causa troppo frequente di delitti? Non parliamo soltanto dei disordini morali che si compiono nelle pareti domestiche e che sono fonte perenne di diffidenza e di rancori, ma di delitti, ma di attentati che si compiono allunico scopo di troncare violentemente un legame che non si può sciogliere che colla morte. Io ho voluto che si percorressero con la maggiore diligenza le procedure penali dal 1866 in poi e ne ho tratto questa crudele verità, che in Italia avvengono ogni anno non meno di 46 omicidi consumati, mancati o tentati, fra coniugi nel pensiero di rompere un legame diventato insopportabile ed odioso. Ora, se col divorzio voi potete togliere una causa che può spingere a disordini fatali; se col divorzio potete sopprimere una delle spinte al delitto, è evidente che invece di offendere il santo carattere dellunione coniugale, voi riescirete invece col divorzio a renderlo più rispettato e sicuro (Disegno di legge n. 159, 1881, p. 11).

In Per vendetta Cordelia offre, dunque, una lettura psicologica del divorzio allitaliana, espressione con cui si fa normalmente riferimento alluxoricidio commesso per sposare una terza persona. Lautrice, però, indica anche una seconda opzione, fruibile soltanto in un diverso contesto 92culturale: “Sentite, se mai fossi libero un giorno… [disse Edoardo] vi giuro che non farò niente per esserlo, non tenterò nemmeno dottenere il divorzio, quantunque sia facile a noi figli della libera America… ma se mai venisse quel giorno?” (ibid., p. 289). La possibilità di approfittare della legge sul divorzio in vigore in America emerge nella narrazione solo in negativo e solo in questo dialogo tra Renata e Edoardo. Con una serie di domande retoriche, sono riprese nel dialogo le metafore della malattia, della prigionia e del naufragio; tali metafore sono ricorrenti non soltanto nel dibattito parlamentare, ma anche nelle riflessioni di Cordelia sul divorzio, come già osservato a proposito di Dopo le nozze:

– Che volete, Edoardo! Rassegniamoci, è il destino che non ci vuole felici, pieghiamo il capo ai voleri duna forza contro la quale non possiamo lottare.

– Ho tentato, non posso, è più forte di me, e poi sha un bel dire rassegniamoci. Perché? Perché, vedete, non è umano, essere infelice, soffrire, penare, quando si potrebbe essere tanto felici. Sentite, Renata, – e sì dicendo fece un passo per avvicinarsele – Avete mai visto lammalato rifiutare il farmaco che doveva dargli la salute? Il prigioniero sopportare in santa pace le sue catene? Avete mai visto il naufrago rifiutare una tavola di salvezza? Anchio, vedete, non voglio che la mia vita sia spezzata, ho diritto anchio alla mia parte di sole, voglio sperare, ed ho bisogno di voi, della vostra presenza, di esservi vicino, di respirare laria che respirate (ibid., p. 304).

Alla preghiera di Edoardo, Renata ribatte: “Non sapete che sul mio stemma sta scritto Senza macchia!” (ibid., p. 307, enfasi nelloriginale). Il rifiuto del divorzio si collega a una tradizione familiare e nobiliare, rappresentata dallo “stemma”, e a unimmagine di purezza che, se accostata alla femminilità, va inevitabilmente a legarsi allidea dellintegrità sessuale. Il richiamo al divorzio, quindi, non ha alcun effetto pratico nella narrazione, ma permette di guardare alla relazione tra Edoardo e Renata da una diversa prospettiva. I due giovani non possono coronare il proprio amore perché il vincolo precedentemente contratto non si poteva scindere. Ma questo era vero per la legislazione italiana e non in forma assoluta: la soluzione esisteva, perché il divorzio era in vigore sia in America sia in altre nazioni europee.

1 Ad oggi la figura di Virginia Tedeschi Treves è stata oggetto di pochi studi monografici e, fra questi, cfr. Afflerbach, 2000. Notizie biografiche si trovano in Liberati, 2016 e nella sezione dedicata allautrice del sito web Scrittrici del primo Novecento (https://www.rose.uzh.ch/doktorat/romanistik/scrittrici9cento/virginia-tedeschi-treves-2/: ultimo accesso 15 aprile 2020).

2 La critica più recente ha dimostrato un grande interesse per i numerosi manuali di comportamento prodotti dalle scrittrici nellItalia postunitaria: tra i vari studi disponibili rimando al volume collettaneo di Sanson – Lucioli, 2016. In particolare sui manuali Il regno della donna e Dopo le nozze cfr. Iaconis, 2020.

3 Più in generale sui modelli cattolici nellItalia postunitaria, con particolare enfasi su quello mariano, cfr. De Giorgio, 1991, Koch, 1997 e Bravo, 1997.

4 Su Mantegazza, le sue opere e il suo pensiero, si vedano Boni, 2002, Orvieto, 2002, Pireddu, 2002, Tasca, 2004 e Martín Moruno, 2010.

5 Ben diversa è la rappresentazione dei rapporti con le classi più basse, come dimostra la descrizione della festa di Natale organizzata in casa Sangalli per i più poveri del vicinato. Si noti in particolare il lessico di carattere bellico qui adottato: “Il signor Sangalli volle che si facesse intorno allalbero una specie di barriera con dei cordoni e delle colonnette, perché non potesse essere preso dassalto. Egli conosceva la folla e i bambini; sapeva cherano sfrenati nelle loro manifestazioni, e non voleva rivoluzioni in casa sua. Allora indicata erano tutti al posto come generali alla vigilia della battaglia” (Cordelia, 1893, p. 33).

6 La possibilità di simili unioni è accennata anche in Per vendetta, quando la marchesa di Belfiore ventila il matrimonio tra il figlio Corrado e la cugina Renata: “Nella sua mente [la marchesa] avea formato il sogno che Corrado sposasse Renata per potere con la dote di lei rimpannucciarsi; ma Renata non ne voleva sapere e rispondeva con lindifferenza alle cortesie del cugino, il quale avea finito per non pensarci più” (ibid., pp. 46-47).

7 Per questa lettura del personaggio di Renata sono state preziose le riflessioni di Bosco, 2007 sul personaggio di Lucia dei Promessi sposi.

8 Su Neera e Teresa si vedano Arslan, 1998, Folli, 2000, Sanvitale, 2000, Ramsey-Portolano, 2004, Mitchell, 2010b, Caesar, 2010, Seno, 2011 e Santovetti, 2013.

9 “Finché era vivo il padre, in casa non era entrata che qualche rivista, parecchie opere di storia e di politica e pochissimi romanzi e libri di scienza. Invece Renata, appena sollevata dal dolore intenso, sentì una voglia invincibile di sapere le nuove scoperte della scienza, i nuovi ideali della letteratura moderna, e incominciò con grande avidità a leggere i romanzi di autori dei quali aveva sentito parlare, ma che le erano rimasti sconosciuti” (ibid., p. 200).