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Classiques Garnier

“Mai tardi per una liberazione” Anna Franchi

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“Mai tardi per una liberazione”

Anna Franchi

“Occorreva una donna”

Genesi di Avanti il divorzio

Il 10 novembre 1896 Anna Mirello, protagonista di Avanti il divorzio, subisce il suo secondo processo per adulterio. La scena racchiude uno degli assunti fondamentali del romanzo di Anna Franchi,1 ovvero la necessità personale e collettiva di narrare una verità alternativa a quella dominante:

– Voglio dirla una volta per tutte questa verità; voglio conoscerla questa giustizia degli uomini; … voglio gettargli in faccia, a questo marito svergognato, che non arrossisce di trascinare la madre e il nome dei suoi figli in tribunale, tutto ciò che penso; voglio narrare a quegli uomini togati, un caso, forse non raro, prodotto dagli effetti delle leggi. È inutile, sono stanca di ricatti… ho io pure bisogno di sollevare tutto il fango passato e di ravvoltolarmivi dentro per ridestare vivo il ricordo, perché non lodio, ma il disprezzo non si assopisca mai in me (Franchi, 1902, p. 281).

Le parole di Anna Mirello rivelano lo scopo del romanzo, che puntava a dimostrare gli effetti positivi che una legge sul divorzio avrebbe 128avuto per le donne. Anzi, non una legge, ma la legge, quella proposta e discussa da Agostino Berenini e Alberto Borciani nel dicembre del 1901. Il romanzo Avanti il divorzio, infatti, vide la luce sullonda dello scalpore che la proposta di legge socialista aveva creato nellopinione pubblica, anche attraverso dibattiti e incontri pubblici sul tema. Pratica usuale del Partito socialista di quegli anni, inoltre, era quella di personalizzare le campagne politiche (Ridolfi, 1992; Gundle, 2004). A questa prassi risale il sodalizio tra Anna Franchi e i deputati socialisti che, “consapevoli dellimportanza di avere una figura già nota nel panorama politico e culturale che potesse rappresentare un richiamo per le donne, si affidavano alla sua abilità retorica” (Gigli, 2008, p. 89). Nella sua autobiografia, La mia vita, pubblicata da Garzanti nel 1940, Franchi stessa ricordava:

Avevo conosciuto Agostino Berenini allinizio del 900. Parlammo insieme ad un grande comizio a Livorno; si peroravano le possibilità di far discutere la Legge sul divorzio. [] Il deputato di Livorno, lOn. Berenini da Parma, lOn. Mazza da Roma, mi sollecitavano perché parlassi. Occorreva una donna (Franchi, 1940, p. 242).

Testo fondamentale per ricostruire la figura storica dellautrice, La mia vita è “una biografia molto particolare [] nella quale una consumata professionista della scrittura sceglie di privilegiare pochi grandi blocchi tematici” e non necessariamente quelli esistenzialmente più importanti, bensì “quelli da un lato passibili di una narrazione brillante e interessante per il lettore e la lettrice media e da un altro lato non compromettenti agli occhi del regime” (Noce, 2005, p. 477). Lautobiografia si focalizza sulla persona pubblica e censura nettamente la vita privata della scrittrice: lincontro con Berenini vi trova posto solo perché rappresenta linizio della carriera di Franchi come conferenziera. Proprio con lintervento nel dibattito sul divorzio del 1902 ebbe infatti inizio “la fusione tra vicenda personale, impegno politico e scrittura” (Gigli, 2008, p. 90) che caratterizza lesperienza di Franchi e che si esprime non solo attraverso il romanzo, ma anche in interventi pubblici, saggi e pubblicistica. La scrittura di Avanti il divorzio prende dunque le mosse non soltanto da una circostanza storica specifica, ma anche dalla visibilità dellautrice nellambito della questione del divorzio.

Ne La mia vita, Franchi distingue tra la propria infelice esperienza matrimoniale e il suo impegno nella promozione della proposta di legge 129socialista. Dichiara infatti: “[io] non intendevo divorziare, per ragioni mie che non avrei voluto dire, ma in certi casi credevo il divorzio necessario” (Franchi, 1940, p. 242). Rievocando loccasione della conferenza livornese, inoltre, lautrice insiste sul senso di pudore che le aveva impedito di parlare del proprio vissuto. “A chi poteva interessare il dolore della mia vita?” (ibid. 242), si chiede Anna Franchi, decidendo infine di dare un taglio non autobiografico al suo intervento:

Indovinai ciò che era utile dire? Forse sì. Parlai per coloro che soffrono. Mi sarei ben guardata dal fare cenno a sofferenze mie. Quelle erano mie e nessuno aveva il diritto di chiedermele. Parlai per le creature deboli, alle quali poteva mancare rassegnazione e coraggio, parlai per glinfelici dogni sesso, ai quali gli uomini del mondo hanno il dovere di porgere la mano. Infine che cosa dissi? Non lo so bene più, ma so che londa cupa ebbe un flusso verso di me. Lapplauso fu pieno (ibid., p. 244).

“A chi soffre” è dedicato anche Avanti il divorzio, cui lautobiografia del 1940 non riserva accenno alcuno: il reticente capitolo sul matrimonio si conclude però affermando: “col tempo sono venuti i pentimenti… La psicologia dei pentimenti umani, chi la sa descrivere? Sono pagine di romanzo” (ibid., p. 143). Nel suo profilo biografico di Anna Franchi, Tiziana Noce (2007, pp. 345-346) non dà peso alla componente autobiografica insita negli interventi sul divorzio dellautrice, rilevandone soltanto limpegno sociale. Cristina Gragnani, invece, pur rilevando che “la ribellione [], la rappresaglia di Avanti il divorzio, viene ora [in La mia vita] rinnegata” (Gragnani, 2008, p. 135), propone la possibilità di una lettura autobiografica e contigua dei due testi. Questa chiave di lettura è ribadita anche in un saggio successivo dove, dopo aver ricordato i punti di distacco tra la protagonista Anna Mirello e lautrice (come il diverso cognome e la narrazione in terza persona) e le loro simili esperienze (alcuni episodi narrati in Avanti il divorzio ritorneranno infatti anche in La mia vita), Gragnani conclude che “la statura etica e la forza interiore che permette al personaggio di affrancarsi dalla sua condizione di vittima della società saranno allora anche qualità dellautrice” (Gragnani, 2011, pp. 101-102).

Una simile lettura è proposta anche da Elisabetta De Troja (2016, p. 17), che considera Avanti il divorzio “un cartone preparatorio” dellautobiografia La mia vita e riconosce nellelemento autobiografico 130il punto di forza del romanzo, il cui linguaggio, talora “spossato di un impianto tardo-ottocentesco patetico, genericamente cumulativo dei codici della letteratura alta, pure riesce a cogliere nel segno e ad avvincere nella sua spietatezza autobiografica” (ibid., p. 25).

Abbiamo già osservato come il biografismo negli studi sulla letteratura delle donne tenda spesso a schiacciare il valore letterario e critico dei testi esaminati. Tale pratica è particolarmente problematica quando i testi in esame trattano del divorzio, tema che presuppone una riflessione critica sullevoluzione del nucleo familiare, sui rapporti tra istituzioni e individui, e sui diritti personali. Di conseguenza, il discorso sul divorzio risulta inevitabilmente banalizzato se appiattito sui soli dati biografici. Anche per questo, il fatto che Franchi rivendichi a posteriori lo scollamento tra il proprio vissuto e limpegno divorzista sembra suggerire la possibilità – se non la necessità – di non leggere Avanti il divorzio in chiave autobiografica. Piuttosto, il romanzo andrà letto, come si è detto nellIntroduzione, come esempio italiano degli “outlaw texts” individuati da Kristin Kalsem (2012, p. 5) a proposito della letteratura delle donne di area anglosassone. Il legame tra Avanti il divorzio e la campagna divorzista è testimoniato espressamente da riferimenti intratestuali, come la corrispondenza tra le date che scandiscono la trama e i principali eventi delliter delle proposte di legge divorziste. Inoltre, il romanzo si apre con una prefazione a firma dello stesso Berenini, in cui viene sottolineato il valore esemplare del testo di Franchi, che illustra le dinamiche degli abusi legalizzati consumati in ambito matrimoniale:

La critica serena (è sempre serena la critica, anche quando romba per laria il nembo dei conflitti aspri e rinfocolati dai pregiudizi e dalla malafede!) giudicherà il libro e chi lo scrisse, cui auguro lammirazione devota degli spiriti liberi, come alla donna, che richiama lattenzione distratta del pubblico sopra un caso doloroso, che ne ha migliaia di simili, colla suggestione dellarte fatta di lacrime versate e di pene ineffabili (Franchi, 1902, p. vii, enfasi nelloriginale).

La marcata insistenza, a livello testuale e paratestuale, sulla non unicità dellesperienza di Anna Mirello esplicita il messaggio programmatico di Avanti il divorzio: la singola storia assume valore perché rappresentativa non della vittima, ma dellintero gruppo delle donne separate. Anche 131per questo, lautobiografismo rischia di trascurare uno dei maggiori punti di forza del romanzo: la legittimazione di una voce non canonica e tradizionalmente negletta, che racconta unesperienza condivisa da una comunità drammaticamente vasta.

Lattendibilità storica del romanzo e la bontà della prospettiva adottata si pongono come sistemi di riferimento per la “verità” che, come osservato in apertura, Anna Mirello decide di rivelare in tribunale. Il suo punto di vista (marginale) di donna separata, espresso mediante la tecnica narrativa dello storytelling, si intreccia così con la nozione canonica di rilevanza legale. Anna Mirello e le altre donne separate rientrano perfettamente in quelli che potremmo in qualche modo definire come “outgroups, groups whose marginality defines the boundaries of the mainstream, whose voice and perspective – whose consciousness – has been suppressed, devalued, and abnormalized” (Delgado, 1989, p. 2412). Lettrici e lettori di inizio Novecento potevano ri-conoscere una realtà nota e quotidiana, osservandola però con occhi nuovi e da una prospettiva inedita. Il romanzo intendeva quindi sensibilizzare il pubblico verso la necessità di una legge sul divorzio, ma anche legittimare agli occhi della società (e, allo stesso tempo, autolegittimare) quel gruppo di persone che vivevano delle situazioni di irregolarità coniugale che, anni dopo, Luigi Sansone, in un saggio omonimo, avrebbe chiamato i “fuorilegge del matrimonio” (Sansone, 1956). Daltronde, una delle principali cause di demoralizzazione per i gruppi emarginati è proprio la “self-condemnation”, dal momento che:

They internalize the images that society thrusts on them – they believe that their lowly position is their own fault. The therapy is to tell stories. [] They promote group solidarity. Storytelling emboldens the hearer, who may have had the same thoughts and experiences the storyteller describes but hesitated to give them voice. Having heard another express them, he or she realizes, “I am not alone” (Delgado, 1989, p. 2437).

Lo storytelling di Anna Mirello diventa perciò terapia salvifica anche per altre donne senza voce.

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“Il fatto esiste”

Rilevanza legale e prospettiva delle donne

Avanti il divorzio racconta la vita di Anna Mirello dagli 11 fino ai 35 anni (dal 1878 al 1902): dopo alcuni episodi emblematici dellinfanzia che sottolineano lindipendenza e leccezionalità della protagonista, Franchi narra il primo incontro della giovane donna con Ettore Streno, suo maestro di musica, che sposerà nel 1883 dopo un fidanzamento travagliato. Il matrimonio è fin da subito infelice: Ettore tradisce costantemente la moglie, a cui trasmette una forma lieve di sifilide, e contrae numerosi debiti. Nel 1889, dopo la morte del padre di Anna e la nascita del terzo figlio, la coppia si trasferisce a Genova. Ettore viene assunto come direttore dorchestra presso un teatro e svolge i suoi incarichi con laiuto della moglie. Luomo impartisce anche lezioni private di musica e ha una liaison con una delle sue alunne, Giuseppina Calbretti: questo segna, per Anna, la fine ufficiosa del proprio matrimonio. Poco tempo dopo, incontra Giorgio Minardi, di cui si innamora e dal quale ha una figlia, che muore dopo pochi mesi perché contagiata dalla sifilide. Anna confessa la relazione a Ettore, che la denuncia per adulterio. Per evitare il processo, Anna si separa legalmente dal marito, accettando di assumersi tutta la colpa. Il romanzo si sofferma in particolare sulle vane battaglie legali combattute da Anna per ottenere la custodia dei figli maggiori che, nel 1902, emigreranno in America assieme al padre. In queste battaglie la donna è affiancata dellavvocato Giorgio Sarri, che la difende con successo dalla seconda querela di adulterio fattale dal marito.

È facile vedere come Avanti il divorzio assuma un valore particolare nella campagna divorzista di Berenini e Borciani anche per le sue specificità di genere: è un romanzo scritto da una donna che racconta le conseguenze – generalmente invisibili perché non espresse nel dibattito pubblico – che lindissolubilità matrimoniale ha sulla vita femminile. Legittimare un punto di vista non canonico e tradizionalmente negletto è elemento imprescindibile nel processo di revisione delle norme, perché permette di riconoscere nel principio di neutralità della legge un tipo di ragionamento alla base di una struttura patriarcale “that equates 133abstraction and universalization from only one groups experiences as neutrality”. Ciò comporta che “legal reasoning views male experiences and perspectives as the universal norm around which terms and entire areas of the law are defined” (Finley, 1989, p. 897).

Non a caso, dunque, il fatto che le donne abbiano interiorizzato un sistema normativo ritenuto neutro, ma a tutti gli effetti sessuato, è una questione attentamente esplorata nella prima parte di Avanti il divorzio. Infatti, se inizialmente Anna Mirello subisce passivamente gli stereotipi tradizionali, il quotidiano confronto con una vita matrimoniale infelice la conduce a mettere in discussione tali valori. Solo dopo aver sconfessato gli stereotipi vigenti sulla femminilità, anche grazie al confronto con altre esperienze su cui torneremo, la voce narrante può esprimersi sulla necessità del divorzio, affrontando concretamente temi come le seconde nozze, la tutela della prole e lautorizzazione maritale.

Il romanzo presenta, dunque, una struttura bipartita. La prima parte ha i tratti del Bildungsroman (o meglio: del romanzo del divenire) e un andamento prettamente narrativo:2 attraverso la graduale presa di coscienza di Anna Mirello, Franchi invita il pubblico a osservare la realtà con gli occhi della protagonista, sospendendo il proprio giudizio personale. La seconda parte, invece, che presenta un andamento più pedagogico e propagandistico, descrive lo scontro tra la protagonista e le istituzioni. In entrambe le sezioni, come vedremo, lo storytelling ha un ruolo cruciale: nella prima è elemento fondamentale del modo in cui Anna rifiuta le convenzioni sociali, mentre nella seconda è strategia centrale della resistenza della donna alle leggi.

Il dialogo tra Anna e lavvocato Telemaco Martinelli, incaricato di difenderla dalla prima querela per adulterio, può senzaltro essere considerato il punto di cesura tra le due sezioni. Esso, infatti, svolge una doppia funzione: da un lato mette a confronto la morale privata di Anna e i dettami del potere costituito e, dallaltro, anticipa le problematiche legali che deriveranno dal suo stato di donna separata. La difesa proposta da Martinelli, inoltre, è specularmente opposta a quella di Gino Sarri, lavvocato che difenderà Anna dalla seconda querela. 134A proposito dei due processi per adulterio, Cristina Gragnani (2011, p. 97) pone in rilievo la loro “funzione metanarrativa”, ed evidenzia la centralità dei “personaggi dei due avvocati difensori di Anna, che rappresentano i due punti di vista opposti del dibattito sul divorzio”. In realtà, più che dar voce a posizioni divergenti sulla questione del divorzio, i due avvocati sembrano incarnare due diversi approcci allintero apparato legislativo: Telemaco Martinelli lo considera un corpus chiuso e immutabile, mentre Gino Sarri accetta di rivederlo sulla base del punto di vista di Anna.

In questo senso, dunque, Avanti il divorzio si rivela un precoce esempio di rilettura femminista della legge, che può attuarsi secondo differenti modalità, tra cui:

(1) identifying and challenging those elements of existing legal doctrine that leave out or disadvantage women and members of other excluded groups (asking the “woman question”); (2) reasoning from an ideal in which legal resolutions are pragmatic responses to concrete dilemmas rather than static choices between opposing, often mismatched perspectives (feminist practical reasoning); and (3) seeking insights and enhanced perspectives through collaborative or interactive engagements with others based upon personal experience and narrative (consciousness-raising) (Bartlett, 1990, p. 831).

Questi metodi legittimano nuovi punti di vista e, così facendo, pongono in discussione e ampliano il principio di rilevanza legale che stabilisce, in una controversia, quali siano gli eventi in base ai quali la legge deve essere applicata e quali, invece, debbano essere trascurati. Tale principio risponde alle strutture stesse della legge, nella misura in cui giudica un fatto sulla base di quanto sancito dai codici civile e penale: “Facts determine which rules are appropriate, and rules determine which facts are relevant” (ibid., p. 836). Nella vita degli uomini e delle donne, però, uno stesso fatto può avere effetti e significati molto diversi e, per poter essere riconosciuto come reato, deve essere analizzato in base alle circostanze in cui avviene. Proprio per tale ragione, rispetto alla giurisprudenza tradizionale, i metodi del “practical reasoning and asking the woman question may make more facts relevant or essential to the resolution of a legal case” (ibid., pp. 856-857). Prendere in considerazione circostanze anche non direttamente legate al crimine in esame, ma comunque significative per i soggetti coinvolti, può infatti gettare nuova luce sul crimine stesso e, soprattutto, può disvelare “whose 135interests particular rules or legal resolutions reflect and whose interests require more deliberate attention” (ibid., p. 857).

Il rispetto o meno dei tradizionali confini della rilevanza giuridica è ragione dellopposto esito dei due processi per adulterio subiti da Anna Mirello: il primo, seppur evitato grazie alla remissione di querela di Ettore, implica la colpevolezza della donna, mentre il secondo si conclude con una sentenza in favore dellimputata. Questo perché ad Anna viene permesso di prendere la parola in tribunale e offrire la propria versione dei fatti: è proprio sulla base del suo racconto che possono essere applicati nuovi criteri di rilevanza giuridica.

Tuttavia, è la comunità maschile dei giuristi che deve autorizzare un racconto alternativo e, di conseguenza, renderlo efficace. Lavvocato Sarri dimostra come i parametri della rilevanza giuridica possano essere flessibili e inclusivi, mentre latteggiamento dellavvocato Martinelli è un esempio di come “intellectually, economically, and politically privileged men have had the power to ignore other perspectives and thus to come to think of their situation as the norm, their reality as reality, and their views as objective” (ibid., p. 893). Lavvocato rigetta la morale privata di Anna non in virtù di esplicite posizioni personali, ma sulla base della pretesa neutralità e sostanziale equanimità dei codici:

Dinanzi al mondo, alle leggi, dinanzi alle convenzionali bugie della moralità borghese, ella era una donna disonesta, e poco contava se di fronte al compatto organamento sociale fatto di così enormi ironie, di frodi così disoneste, ella sentivasi serena, se credeva che lunico male fatto, fosse di aver subito dichiarato lo stato dellanima sua (Franchi, 1902, p. 238).

Con il suo cinismo, Martinelli fotografa la “condizione di fuori legge della protagonista (“il fatto esiste”, le ripete ossessivamente)”, giudicandone pensieri e comportamenti “secondo lottica dominante. [] Per la donna colta in fallo non ci sono attenuanti né soluzioni che non comportino ipocrisia e menzogna” (Gragnani, 2011, pp. 97-98). Il suo punto di vista coincide con quello della legge, che punisce ladulterio femminile diversamente da quello maschile e senza tenere conto delle circostanze attenuanti. Il grottesco scambio di battute tra Martinelli e Anna, allora, è emblematico del disinteresse ad accogliere un punto di vista estraneo e minoritario in seno alla procedura legale tradizionale:

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– Nulla serve. Il fatto esiste.

– Ma ho sofferto tanto.

– Che importa? Il fatto è.

– Ma sono stata offesa, maltrattata, accusata innocente, mi si è contaminato il sangue, mi si è rovinata la gioventù, ho avuto il fango sopra alla gola…

– Che importa? Il fatto esiste.

– Ma se non lamavo più; ma se mi faceva ribrezzo; ma se mi sentivo passare nel sangue il delitto.

– Ma!… (Franchi, 1902, p. 239).

Lavvocato rappresenta un sistema legislativo monolitico, refrattario alle narrazioni alternative che, potenzialmente, potrebbero sovvertire o delegittimare la logica istituzionale. Tali possibilità sono piuttosto percepite come una minaccia alla neutralità e fissità della legge, principi che egli ribadisce in modo netto: “In fine è così, le leggi non si possono rifare. Ella si è messa nelle condizioni di avere tutto il torto” (ibid., p. 242).

Proprio perché compilati non tenendo conto della prospettiva femminile, il codice civile e quello penale non prevedono spazi di manovra e di tutela per le donne: per rientrare nel solco della legalità, lunica via possibile è un uso fraudolento delle norme stesse; per evitare il processo, Martinelli propone infatti ad Anna di sfruttare lambiguità dellarticolo 153 del codice Pisanelli, secondo il quale la riconciliazione estingueva il diritto di chiedere la separazione:

– Vi sarebbe un mezzo per evitare il processo… e dopo, avremmo in mano unarme di miglior difesa. [] Forse le parrà inaccettabile… ma è il solo. [] Ritornare col marito…

– Avvocato!

– Mi lasci dire; se ha fretta; se mi toglie le parole di bocca!…

– Parli… Scusi.

– Ritornare col marito per un giorno… o meglio per una notte… procurarsi dei testimoni… poi venir via… chiedere la separazione;… egli non avrebbe più il diritto di querelarsi…

– Basta, basta, avvocato. Ella non può comprendermi, mi pensa troppo femmina… io sono un po più donna.

– Ha torto (ibid., p. 245).

Laltra possibilità suggerita dallavvocato alla sua cliente è di separarsi dal marito acconsentendo alle umilianti condizioni dettate da Ettore: Anna dovrebbe attribuirsi la colpa della separazione, rinunciare al mantenimento, pagare al marito parte dei suoi debiti e risarcirlo con 137beni mobili o in denaro. La donna accetta, ponendo così fine al suo matrimonio. Con la conclusione del rapporto coniugale sembra anche terminare la fase di riflessione sulla società e sul ruolo delle donne, che offre ad Anna gli strumenti interpretativi per scontrarsi con le istituzioni nella seconda sezione del romanzo.

“Come tutte le Signorine

Anna Mirello e il matrimonio

La presa di coscienza di Anna, tema della prima parte di Avanti al divorzio, è premessa necessaria alla critica alla condizione femminile da lei espressa durante lincontro con lavvocato:

– È così. Quando alla donna nulla manca – e sorrideva del suo indefinibile sorriso, lavvocato adiposo [Martinelli] – quando ha una casa, il sostentamento…

– Lamante… il cagnolino… un aiuto per sbrigare le faccende di casa… [] Che desidera di più, questa ridicola regina della casa, questa serva mal pagata, questa schiava della voluttà? … Ha ragione avvocato. La donna non può né deve desiderare nulla di più… ma che non le manchi tutto questo però… altrimenti avrà il diritto di trovare chi glielo fornisca.

– Il diritto… non credo…

– Dal momento che è regina… se il suo stato non le paga… la lista civile…

– Via, via, signora, ella parla un po troppo modernamente… da donna emancipata…

– Parlo da donna… da quellanimale [] che avete creato… Falsa, menzognera, disonesta è la donna. Ormai è nel suo organismo. [] Lavete voluta schiava, e della schiava ha tutti i più luridi vizi. Basta. Sognai di non esser tale… o meglio sognai di liberarmi da questa vergogna… e di trovare un aiuto… vedo che ho fatto male. Ma forse, farei nello stesso modo, sempre. Accetto le conseguenze (ibid., pp. 244-245).

Il progressivo affrancamento di Anna dal punto di vista dominante è considerato da Cristina Gragnani (2011, p. 101) elemento fondamentale dello “svolgimento psicologico e autobiografico [di Avanti il divorzio], una trama di emancipazione e affermazione che procede parallela (e talvolta intrecciata) a quella di propaganda, senza però essere necessariamente ad essa secondaria”. Questa trama “risponde, più che ad uno scopo persuasivo, allesigenza di 138dare spazio ad una materia autobiografica magmatica che preme da sotto e simpone allautrice” (ibid., p. 100). Secondo questa lettura, il romanzo del divenire si svilupperebbe attraverso la rappresentazione di Anna come un io titanico, con una spiccata singolarità che rispecchierebbe quella dellautrice. Se le vicende rappresentate sono comuni ad autrice, protagonista e pubblico privilegiato, la forza di Anna Mirello la rende diversa dalle altre donne, conclude Gragnani, che ricorda anche come Berenini avesse invitato a leggere il romanzo come “la storia di una vinta, anche se “la protagonista è tuttaltro, proprio in virtù della sua natura eccezionale. [] Attraverso le vicende di Anna Mirello lautrice scolpisce il proprio ritratto di self-taught woman writer, attribuendosi una forza fuori dal comune” (ibid., p. 110).

Per leggere Avanti il divorzio non come romanzo autobiografico, ma come esempio di storytelling di una donna separata, è necessario riconsiderare il percorso di Anna. Il progressivo affrancamento della donna dai modelli culturali dominanti potrebbe infatti interpretarsi non come segno della sua straordinarietà, ma come elemento strutturale dello storytelling del divorzio visto a parte subiecti. A tal proposito è utile soffermarsi su quegli episodi dellinfanzia e delladolescenza della protagonista che ne ritraggono non leccezionalità ma, al contrario, la sua sostanziale acquiescenza alluniverso di valori tardo-ottocentesco. Anna Franchi tratteggia un orizzonte di condivisione tra la protagonista e il pubblico, fondato su un retroterra culturale comune, che viene poi rigettato nel corso del romanzo. Gli stereotipi sociali sono attaccati trasversalmente, non direttamente, attraverso la graduale presa di coscienza della protagonista e, con lei, del pubblico. È, questa, una caratteristica fondamentale della pratica dello storytelling, perché, per essere efficaci, “[s]tories and counterstories [] must be or must appear to be noncoercive”, devono invitare il lettore a sospendere il giudizio, ad ascoltare il messaggio di cui si fanno veicolo, e quindi a scegliere “what measure of truth they contain. They are insinuative, not frontal; they offer a respite from the linear, coercive discourse that characterizes much legal writing” (Delgado, 1989, p. 2415).

Lesperienza matrimoniale di Anna Mirello si inserisce perfettamente nel sistema culturale tardo ottocentesco. Il suo percorso è del tutto ordinario: la giovane donna, “non avendo altra occupazione, come tutte le Signorine della sua casta, faceva allamore” (Franchi, 1902, p. 29, enfasi nelloriginale). La routine domestica è poco stimolante, i genitori non appoggiano le sue attitudini artistiche, e Anna attende passivamente il 139matrimonio. Abbiamo già visto, a proposito di Cordelia, quanto il problema delleducazione femminile stesse a cuore alle scrittrici tra Otto e Novecento. Ma anche Paolo Mantegazza, in Larte di prender moglie (1892), sottoponeva a durissima critica i programmi educativi contemporanei che, pur dando alla donna tutti gli strumenti necessari a trovare un marito, non la preparavano alla vita matrimoniale. Salvatore Morelli, invece, tanto nella proposta di legge del 1878, quanto in quella del 1880, riteneva che solo grazie a una più attenta educazione una donna avrebbe potuto essere una buona madre. In entrambi i casi, la formazione femminile è criticata non nella sua essenza, ma per gli effetti deleteri che produce su terze persone, siano esse la prole o il marito. I manuali di comportamento di mano femminile, pur confermando la centralità del matrimonio, prestavano attenzione anche alla figura della donna nubile, definendo norme comportamentali per questa creatura ibrida – anatomicamente adulta, ma socialmente dipendente dalla famiglia di appartenenza –, e legittimando cautamente alcune attività pubbliche (come il teatro) e lesercizio di specifiche professioni in caso di necessità economica. Questo retroterra culturale è interiorizzato da Anna Mirello, la quale aveva solo “vagamente, inconsciamente e fiaccamente sognato unaltra vita” (ibid., p. 29). Per quanto decida liberamente di convolare a nozze, la scelta appare tuttavia condizionata da un sistema sociale che vedeva il vincolo coniugale come sbocco naturale delle giovani donne e a cui Anna non intende ribellarsi:

Anna, compressa tra le esigenze e i pregiudizi del suo piccolo mondo borghese, senza spiegarlo, senza nemmeno intravederlo, provava una noia, vorrei dire feroce, poiché la trascinava pian piano a divenire quello che sono tutte le ragazze della sua condizione; una ragazza alla caccia del marito (ibid., p. 21).

Nella sua prefazione al romanzo, Agostino Berenini riflette sulla scelta di Anna di sposare Ettore, un uomo per il quale prova dei sentimenti contrastanti e che la tradisce e maltratta fin dal periodo del fidanzamento. Berenini invita le lettrici e i lettori a sospendere il proprio sistema di valori, che avrebbe penalizzato il singolo e, soprattutto, quel singolo che aveva liberamente scelto il proprio destino, per tentare invece di instaurare un rapporto empatico con Anna Mirello:

Chi costrinse i due allunione intollerabile? – la legge no, che consente la libertà di scelta. Fu la vittima contro se stessa spensierata ed ingiusta: e che cosa chiede? 140Pietà? Conforto? Difesa? – si dia compianto e consiglio di rassegnazione eroica che purifica, come la fiamma, consumando: ma non difesa. La società val bene il martirio di una creatura: e lordine sociale non deve essere turbato! Era una creatura senzaffetti e assetata damore: ed egli tutto le promise coglocchi lucenti di desiderio. Passò il sogno: ed egli laveva tradita: tradita nei baci, che non erano puri; tradita nella fede, che era una menzogna; tradita nel cuore, che era una fucina di inganni: e di che si duole? – doveva essere più cauta! Sia ora rassegnata e adempia i suoi doveri di sposa e di madre! (ibid., pp. ix-x).

Nel discorso legale il concetto di libera scelta è considerato una garanzia dellequanimità della legge. Però “an individualistic focus on choice does not perceive constraints as coming from history, from the operation of power and domination, from socialization, or from class, race and gender” (Finley, 1989, p. 896). La pretesa di neutralità delle norme istituzionali è messa in crisi dallinevitabile e concreto legame tra decisioni personali e condizionamenti ambientali, come Avanti il divorzio evidenza.

Anche alcuni aspetti del matrimonio sono inizialmente vissuti da Anna in linea con lottica dominante; tuttavia, il racconto erode progressivamente i modelli di acquiescenza femminile, rivelando ai lettori e alle lettrici la loro inadeguatezza, specialmente per quanto riguarda le collaudate modalità di interazione tra i sessi. Un esempio in questo senso è offerto dal contributo che Anna dà al lavoro del marito in teatro:

Ettore Streno aveva potuto dun colpo, per una combinazione fortunosa, far valere il suo talento di direttore dorchestra, e tutto prometteva per lui una splendida carriera artistica.

Anna aiutò con ogni mezzo questa promessa; con laffettuosa premura, con lincoraggiamento, col sacrificio. Lo seguiva ovunque, era sempre accanto a lui, era la sua ispiratrice, la sua forza. Le pareva di rinascere (Franchi, 1902, p. 115).

Il comportamento di Anna si iscrive in un rapporto gerarchico tra uomo e donna, dove la seconda assume – e di buon grado – ruoli ancillari e secondari: “le pareva di dover compiere una missione, un dovere, ed aveva fede che questa sua opera di buona ispirazione dovesse avere come ricompensa un affetto sicuro e fedele” (ibid., p. 128). Tuttavia, questa sua disposizione è solo apparentemente in linea con lottica dominante:

[Anna] voleva rendersi necessaria al marito per tuttaltro che il suo corpo, voleva che egli avesse bisogno di lei senza desiderarla sessualmente. Ma nello stesso tempo non osava apertamente rifiutarsi a lui perché era gelosa. []

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Il marito colpito dalla prontezza delle sue vedute, dalla giustezza dei suoi criteri, si era completamente sentito soggiogato da quella forza rivelatasi ad un tratto e non prendeva consiglio che da lei, ed ella credette di averlo conquistato (ibid., p. 116).

Anna imita quindi una dinamica tradizionale, stravolgendone gli scopi: la donna mira infatti a porsi sullo stesso piano intellettuale del marito ed evitare di avere rapporti sessuali con lui. Il sesso coniugale è caratterizzato nel romanzo dal “ricorrere ossessivo degli stessi termini o di loro variazioni grammaticali quali lezzo, lurido, luridume, schifo, fango allo scopo di delineare nettamente il campo semantico relativo allabuso legalizzato del matrimonio con Ettore” (Gragnani, 2011, p. 112). Fin dalliniziazione sessuale, difatti, lamplesso è avvertito da Anna come una violenza,3 cui è costretta dai suoi doveri coniugali:

Il vagone era inondato di fiori. Tutti i mazzi erano stati gettati là tra le valigie, ultimi ricordi della sua giovinezza candida, che andava a macchiarsi nella violazione concessa al desiderio cupido di un maschio, al quale Ella doveva abbandonare il suo corpo. [] Ella si disse che così doveva essere, che quello era il suo dovere, che bisognava che così fosse. Provò a rievocare le dolcezze dei baci scambiati fugacemente, provò a volere desiderare, non riuscì, ma pure prestamente si spogliò e dopo un minuto, rannicchiata sotto i lenzuoli aspettava (Franchi, 1902, pp. 45-46, 49, enfasi nelloriginale).

La perdita della verginità di Anna ha i caratteri traumatici dello stupro, ma avviene “senza che una ribellione la scuotesse, senza che in una rivolta del dolore tentasse di sfuggirgli, spasimando imperterrita nellidea del dovere, ma senza una più pallida parvenza di piacere, senza il più piccolo accenno di voluttà” (ibid., p. 50).

Nella giurisprudenza italiana ottocentesca, così come in quella francese, “il dovere coniugale autorizza il marito a ricorrere alla violenza, nei limiti tracciati dalla natura, dai costumi e dalla legge, purché non si tratti di atti contrari al fine legittimo del matrimonio” (Arnaud-Duc, 1991, p. 74, enfasi nelloriginale). In ambito coniugale non esistevano le categorie della violenza carnale, dellattentato al pudore o al costume, e il marito poteva sempre obbligare la moglie ad avere rapporti sessuali, purché questi non sfociassero 142in gravi sevizie. Attraverso lobbedienza femminile, il disciplinamento delladulterio e lautorizzazione maritale, i codici istituzionali avevano di fatto sancito il predominio delluomo sulla donna, e il pieno possesso da parte del marito dei beni della moglie, corpo compreso (Vogel, 1992, pp. 148-149). Per la donna, sottomettersi al rapporto sessuale significava adempiere a uno dei doveri legati alle nozze. Inoltre, proprio in virtù dellesplicito legame tra proprietà maschile e corpo femminile, Anna non è in grado di riconoscersi come vittima di violenza, poiché tale violenza non era in alcun modo stigmatizzata a livello legislativo. La donna, che “indifferente subiva le voglie del marito, per dovere” (Franchi, 1902, p. 62), condivide la visione del mondo veicolata dai codici: il senso di disgusto legato al sesso – quale atto e quale pulsione – è da lei ricondotto a una propria mancanza:

Aveva finito per credersi una creatura diversa da tutte, una femmina incompleta… Certo, se nellamplesso desideroso del maschio la sua carne restava ghiaccia, né vibrava nessuna scintilla di passione, se, pur amando quelluomo, non aveva mai avuto, né dopo riconciliazioni tenere, o nel desiderio di oblio, né in quieti momenti di pace, nessun fremito, se mai il desiderio di voluttà era stato appagato, ella era certo una creatura non nata per lamore (ibid., pp. 73-74).

Il legame tra la freddezza nei confronti del marito e una propria insufficienza congenita spinge Anna a giustificare i tradimenti di Ettore, ricondotti non solo a una vivacità sessuale delluomo generalmente tollerata, ma anche allinsoddisfacente esperienza matrimoniale. Di questa Anna si assume la colpa, mostrando ancora una volta, a questo stadio del racconto, di agire in conformità con gli stereotipi sociali:

[Anna] lo [Ettore] aveva sempre così difeso, aveva sempre negato tutto quanto si diceva di lui, aveva sempre fatto credere che egli ladorasse, e adesso quel semplice accenno dinfedeltà le pareva una cosa più di tutte dolorosa. Quando lo aspettava alla finestra, era così preoccupata per nascondere a tutti quelle sregolatezze, che le parevano quasi colpe condivise con lui (ibid., pp. 78-79).

Anna Franchi costruisce dunque il romanzo in modo da mettere in dubbio la visione del mondo dominante, criticata dallinterno attraverso la graduale presa di coscienza della protagonista, favorita dallascolto delle storie di altre donne.

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Lo storytelling in Avanti il divorzio

Non a caso, uno degli episodi cardine del ribaltamento del modo in cui la protagonista di Avanti il divorzio pensa a se stessa e alle regole sociali narra il suo incontro con unaltra donna separata. Anna, in ossequio alla regola sociale che impone di emarginare chi fuoriesce dalla norma,4 interrompe i rapporti con la signora Facchini, che vive apertamente una relazione extraconiugale; di fronte al comportamento di Anna, la donna racconta la propria versione della storia: “Non saprà mai, ella così giovane, così felice, per quali dolorose vicende sono giunta a questo [al concubinato essendo maritata con un altro uomo]. Quando mi sono unita allavvocato, ho creduto di sollevarmi dal fango” (ibid., pp. 72-73). Il racconto stringato della signora Facchini genera nella protagonista “una compassione larga, incondizionata per quella donna” (ibid., p. 73). Oltre a stigmatizzare lipocrisia della società, lepisodio permette ad Anna di sperimentare lostracismo sociale cui sarà personalmente sottoposta. Allascolto del racconto, inoltre, la donna reagisce in modo proattivo, prendendo pubblicamente le difese della signora Corri, unaltra adultera ben nota alla società:

Quando si sparse pei salotti, che lavvocato Corri aveva maltrattata, bastonata la moglie infedele, una profonda pietà la prese per quella donna e [Anna] si diede a difenderla calorosamente.

Destò meraviglia, la guardarono con un sorrisetto ironico. Il marito la rimproverò.

– Che ti prende? Perché difendi così delle donne sporche?

– La Corri era una infelice, lo sai, il marito la tradiva pubblicamente (ibid.).

Limmediata censura da parte di Ettore, che ribadisce il codice morale secondo il quale “la donna deve sempre ad ogni costo rimanere onesta” (ibid.), è un freno solo temporaneo e non ne interrompe le riflessioni della moglie: anche se “restò interdetta e non difese più nessuna”, Anna continuamente “osservava e pensava” (ibid.).

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Lepisodio, dunque, prefigura limportanza e la necessità di un ascolto partecipato di esperienze di vita diverse da quelle canoniche, un ascolto che deve spingere allazione: questo il senso che racchiude e esplicita lo scopo del romanzo. Attraverso la sua protagonista, Franchi sembra infatti indicare latteggiamento che, a loro volta, le lettrici e i lettori dovrebbero assumere nei confronti di Anna Mirello: sospendere il proprio giudizio, riflettere su quanto si è letto o ascoltato e, infine, prendere posizione. Senza la solidarietà del pubblico il racconto perde la sua portata destabilizzante, come dimostra lincontro tra Anna e Giuseppina Calbretti, una giovane amante di Ettore. La scoperta delladulterio, consumato in un periodo di relativa serenità della coppia, umilia profondamente Anna, che si sente “completamente divisa” dal marito (ibid., p. 149). La moglie vuole parlare allamante con lintento “di salvare quella fanciulla dal disonore, di salvarla dal disgusto di se stessa e dellamore, da quel disgusto in cui alla stessa età ella pure era caduta, sposa e innamorata” (ibid., p. 136): la condivisione del proprio vissuto assume dunque il preciso fine di mettere in guardia una potenziale vittima di oppressione.

La visione che Giuseppina ha della propria liaison con Ettore è naturalmente influenzata dalle parole di questultimo, che si era detto “bisognoso di affetto… perché ella [Anna] lo aveva tradito… e non una volta sola” (ibid., p. 137). Il racconto di Ettore, pur monco, fazioso e fasullo, risulta credibile perché in linea con lo stereotipo delladulterio, inizialmente interiorizzato anche da Anna. Inoltre, in questo caso il tradimento maschile è giustificato dalla presunta infedeltà muliebre. La stessa Giuseppina, dunque, supporta un doppio codice morale, che non mette in dubbio neanche dopo aver assistito a un colloquio rivelatore tra Anna e Ettore:

Anna gli disse [a Ettore]:

– Ascolta; tu hai detto a questa ragazza che hai il diritto di cercarti altrove lamore… hai detto che ti manca la pace… che hai bisogno di conforto. Hai mentito… Confessalo e ti perdono; ti perdono le troppe sofferenze, ti perdono questa grande offesa… E ascolta ancora: tu forse ami molto questa ragazza… io non voglio la tua infelicità… e del resto non potrei viver teco sapendo che hai nel cuore un altro amore. Puoi scegliere. O lei, o i tuoi figli e la loro madre. Non aver ritegno… È il momento del coraggio. Decidi. Non reclamerò nulla… non mi vedrai più (ibid., p. 138).

Invece di riflettere su questa versione alternativa, Giuseppina sceglie di affidarsi solo a quella di Ettore, di cui segue il consiglio: “coraggio, sii 145forte; prega il perdono; faremo di Anna ciò che vorremo” (ibid., p. 138). Il racconto di Anna non ha dunque alcun ascendente sulla giovane, che non presta attenzione al suo significato destabilizzante e rifiuta di immedesimarsi nella sua interlocutrice. Il confronto tra questo episodio e quello dellincontro con la signora Facchini evidenzia che lo storytelling è efficace non solo se il racconto è veridico e persuasivo, ma soprattutto se i fruitori e le fruitrici sono disponibili a mettere in dubbio la propria visione del mondo.

Il legame tra Ettore e Giuseppina determina la rottura definitiva con Anna, anche se i due coniugi non si separano immediatamente. È a questo punto che la donna acquista coscienza critica del percorso che lha condotta al matrimonio:

Adesso, lanima compressa, erasi con un enorme sforzo liberata dai legami di quellaffetto incompleto; Anna si accorgeva di non avere mai amato il marito, comprendeva di essere stata la vittima della sua piccola vanità fanciullesca; oppure, nella giovanissima mente irrequieta, quel desio di amore non era stato che un semplice compenso per le aspirazioni combattute, per quelle aspirazioni non comprese, ed appassite prima di sbocciare (ibid., pp. 150-151).

La frattura tra la sfera amorosa e quella matrimoniale ha vistose conseguenze: Anna non percepisce più la propria frigidità come una mancanza, riconosce lamore come diritto della persona, e ridefinisce nei termini schiava-padrone la struttura gerarchica del rapporto matrimoniale dapprima passivamente accettata:

Perché, perché, egli deve avere ogni diritto, perché egli mi vuole schiava fin nel pensiero? Perché debbo io dargli tutta la vita mia, perché debbo io lasciarmi ricoprire di fango, accettare e subire la sua vita di vizio, non avere nulla che mi compensi di tanto duolo? Quale legge infame mi obbliga? Quale è la legge che fa di me, debole, la schiava di questo lurido padrone? Ah, schiava! Non del tutto, poiché il cuore non me lo ha strappato, e posso darlo a chi voglio. Egli, gode il suo basso amore dei sensi come vuole, con chi vuole; io voglio pure godere lamore del mio cuore. Amerò, amerò; anchio voglio sapere di questa grande dolcezza (ibid., pp. 155-156).

Si avverte leco dei grandi nodi del movimento emancipazionista: dalla critica alla disparità di potere tra uomini e donne alla rivendicazione del diritto alla felicità delle donne. È più che pertinente una lettura di Avanti il divorzio sulla falsariga delle istanze dellemancipazionismo, 146fenomeno a cui Franchi stessa partecipa come attivista. Tuttavia, pur non sottovalutando i legami tra il romanzo di Franchi e il movimento delle donne, mi è sembrato necessario far emergere aspetti più latenti del testo, a partire dallo storytelling, che pur prende le mosse da una rilettura del ruolo sociale e dellidentità femminile nellItalia postunitaria.

Anna Mirello di fronte alla legge

“La madre indegna”

Siamo agli episodi adiacenti al colloquio tra lavvocato Martinelli e Anna Mirello. Nel momento in cui inizia a confrontarsi direttamente con la giustizia degli uomini, definita “una forma legale di menzogna e di delitto” (ibid., p. 158), Anna definisce il campo fisico ed emotivo di questo scontro mediante la figura retorica della preterizione:

– Mi vuoi teco [Ettore]; sia; non per te ma pei miei figli; non ti ricorderai però, che la legge ti fa mio padrone, mai più insozzerai il mio corpo col tuo contatto, né avrai mai più la ipocrisia dellaffetto. Ti sarò compagna, forse anche sorella, moglie, no; ma sono libera, voglio salvo lamor proprio, né voglio esser lavvilente tormento dei tuoi sospetti (ibid., p. 159).

Franchi ricorda qui alcuni aspetti del rapporto matrimoniale già richiamati, ponendo laccento sulla sessualità. Anna accetta di continuare a convivere con Ettore per il benessere dei figli, ma ancora una volta ciò comporta un riferimento ad uno dei poteri garantiti al marito rispetto alla moglie: non solo, come ricorda Martinelli, “i figli sono del padre” (ibid., p. 242), ma allautorità paterna è attribuito il diritto esclusivo di riconoscere i nati. Nel corso della prima parte di Avanti il divorzio, la maternità è descritta in chiave negativa: le ripetute gravidanze di Anna, che mal tollera “quel continuo essere deformata” (ibid., p. 74), sono difatti accolte come parte sgradita ma necessaria del ménage matrimoniale:

[Anna] Pensava che il matrimonio non le aveva ancora dato nessuna gioia! Non aveva un compagno fedele, non aveva nessuna di quelle piccole soddisfazioni delle spose, non era madre che molto incompletamente, non aveva 147nemmeno loblio in qualche raro momento di voluttà. Indifferente subiva le voglie del marito, per dovere. [] E così, per obbedire al dovere, ella era divenuta madre (ibid., p. 62).

Nel dibattito parlamentare, i figli sono tema ricorrente sia a supporto dellindissolubilità matrimoniale, sia a favore del divorzio. Franchi declina tale motivo da una prospettiva inedita: il romanzo, infatti, come altri esempi coevi di scritture di donne proposti da Alba Amoia (2000) e Ombretta Frau (2011a), mette in crisi la nozione di maternità quale evento determinante nella vita femminile, mettendola piuttosto in relazione con il benessere della madre allinterno del nucleo familiare. Se Anna non è in grado di sviluppare un rapporto affettivo con i propri figli allinterno del nucleo costituito con Ettore, è proprio la liaison adulterina con Giorgio Minardi a dare invece nuovo impulso al suo istinto materno:

Tutta la grande passione per Giorgio non attenuava di un atomo laffetto dei suoi bambini. Quei figli suoi, sempre lontani, che nemmeno la chiamavano mamma, erano per lei un pensiero costante. [] Quando Anna viveva con loro, le angustie, le noie, affievolivano la tenerezza materna; nella nessuna necessità di occuparsi di loro, volentieri aveva abbandonato alla mamma la cura dei suoi figli; poi lontano da loro per seguirne il padre, viveva nella sicurezza del loro benessere. Ma adesso questa nuova immensa passione riempiendole il cuore di dolcezza, le risvegliava più vivo anche laffetto pei suoi piccini (Franchi, 1902, pp. 191-192).

Il benessere della prole, dunque, non è più legato allappartenenza a un nucleo familiare legittimo, ma alla qualità del nucleo stesso: limportante è la salute emotiva dei membri, non i loro legami giuridici. Partendo da questo assunto, Anna Franchi riflette sulla questione dellaffidamento dei figli legittimi e su quella della prole illegittima, temi che trovano riscontro diretto nella proposta di legge di Berenini e Borciani del 1901.

Nel codice Pisanelli, il confine tra filiazione legittima e illegittima era netto e determinato dal rapporto giuridico tra i genitori: i figli nati o concepiti allinterno del matrimonio erano legittimi, e legittimabili quelli nati al di fuori di esso (art. 179); illegittimi e non riconoscibili erano invece “i figli nati da persone, di cui anche una soltanto fosse al tempo del concepimento legata in matrimonio con altra persona” (art. 180, comma 1). Questo divieto rendeva impossibile il riconoscimento 148dei figli di genitori separati, problema che, come si è visto, la proposta di legge socialista affrontava esplicitamente. Avanti il divorzio offre unumanizzazione delle tesi espresse da Agostino Berenini attraverso il racconto della gravidanza adulterina di Anna:

– Avrà il mio nome – aveva detto Giorgio.

Ebbene? Sarebbe sempre un bastardo, il figlio di una colpa, con una maledizione sulla fronte innocente! Ah! Che orribile cosa! Che stimmate ingiusta di una vergogna fatta di convenzioni! Che fardello infamemente imposto ad innocenti che non chiesero la vita, e che se ne andranno nel mondo come gli altri (Franchi, 1902, p. 205).

Lesperienza personale di un matrimonio negativo e umiliante e di un legame extra-coniugale appagante e positivo spinge Anna a riflettere sullarbitrarietà del criterio di riconoscimento:

Non è nato il bastardo da quella medesima necessità che è la forza del mondo, che prepara generazioni e progresso? Non è egli il resultato di una naturale imposizione della vita, che chiede urgentemente la fecondità, lespansione umana per linfinito cammino delle generazioni? Non è il bastardo nato sempre da un caldo amplesso, mentre il figlio protetto dalla benedizione e dalla legge, questo figlio benedetto, non è troppo spesso il resultato di due interessi, di due antipatie, di due doveri? Che ha egli, il bastardo, di diverso? Un nome solo. Egli ha il padre, o la madre soltanto. La madre, quasi sempre, perché della donna, della schiava del piacere, è il frutto di un piacere goduto in due (ibid., p. 204).

È vero che il codice civile invitava al riconoscimento, anche disgiunto, dei figli (art. 179),5 un atto “volontario e libero con il quale si confessa un fatto personale; ecco perché il padre può esprimersi solo a proposito della propria paternità e la madre sulla propria maternità, senza poter vincolare in alcun modo laltro genitore, e senza che neppure sia necessario il suo consenso” (Valsecchi, 2015, p. 5). Se mater semper certa est, era al riconoscimento spontaneo da parte del padre che il codice guardava con favore; tuttavia, ancora una volta la volontà delluomo poteva essere esercitata a discapito della donna, la quale, in caso di prole adulterina, doveva essere dichiarata ignota negli atti pubblici. Allatto pratico ciò comportava non soltanto un cambiamento di cognome, qualora il padre 149avesse effettuato il riconoscimento in un secondo momento, ma anche la perdita di qualsiasi diritto sul figlio da parte della madre (Galeotti, 2009, p. 41). La fiera decisione di Giorgio di dare il proprio cognome al nascituro contiene dunque in nuce una nuova forma di violenza nei confronti di Anna; si tratta di una violenza perpetrata dal sistema legislativo attraverso lamante e fittiziamente presentata come forma di tutela, come osserva la protagonista:

La creatura di Anna sarebbe stata un bastardo. Per quanto la sottigliezza ironica della legge volesse meno bastardo il figlio riconosciuto dal padre, pure se fosse stata una femmina avrebbe avuta una difficoltà di più a farsi accettare in una famiglia onesta, anche se questa onestà fosse fatta di fango. Amare riflessioni! (Franchi, 1902, p. 204).

Esisteva anche una seconda possibilità per legittimare la prole, che poggiava sulla presunzione legale che “il marito è il padre del figlio concepito” (Codice Pisanelli, art. 159): Ettore non avrebbe potuto rifiutarsi di riconoscere il figlio di Anna e Giorgio come proprio, qualora ci fosse stato almeno un contatto sessuale tra lui e la moglie in un arco di tempo ben definito prima della nascita.6 Questa possibilità è apertamente stigmatizzata da Anna:

nella sua coscienza trovava più onesto dare al mondo un bastardo, che dare a questo figlio un padre non suo. Facile sarebbe stato ricoprire sotto la protezione di una concessione questa maternità. Ma a lei il concedersi a due uomini, sarebbe sembrata la vera prostituzione (Franchi, 1902, pp. 204-205).

Era specificatamente dedicato ai figli illegittimi anche larticolo 165 del codice Pisanelli:

Il marito non può neppure ricusare di riconoscere il figlio per causa di adulterio, fuorché quando gliene sia stata celata la nascita: nel qual caso egli è ammesso a provare con ogni genere di prova, anche nel giudizio stesso in cui propone il suo richiamo, così i fatti delladulterio e del celamento, come tutti gli altri tendenti ad escludere la paternità. La sola confessione della madre non basta ad escludere la paternità del marito (Codice Pisanelli, art. 165).

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Le parole della madre venivano così private di forza e significato perché, anche ammettendo ladulterio, la moglie non avrebbe potuto negare la paternità del marito. Anna, invece, rivendica il peso e il valore del proprio racconto per denunciare i limiti della legge e riaffermare i propri diritti di donna e madre:

Se niuna legge è per coloro che hanno la vita sciupata in un legame odioso, disparato per tendenze, per aspirazioni, avrebbe ella stessa cercato lo scampo da questo labirinto di turpitudini. [] Ella avrebbe parlato, avrebbe detto ad alta voce per quali tormenti era passata prima di lasciarsi vincere dal bisogno di essere amata (ibid., pp. 205-206).

Anna confessa quindi la propria gravidanza illegittima e viene querelata per la prima volta dal marito per adulterio. Dopo essersi separata, sperimenta poi personalmente il peso della débâcle delle donne italiane di fine Ottocento nella lotta per laffidamento dei figli. Larticolo 154 del codice civile assegnava al “tribunale che pronunzia la separazione” il dovere di stabilire “quale dei coniugi debba tenere presso di sé i figli e provvedere al loro mantenimento, alla loro educazione ed istruzione”. Ai sensi dellarticolo 155, però, “qualunque sia la persona a cui i figli saranno affidati, il padre e la madre conservano il diritto di vigilare la loro educazione”. Sulla base dellammissione di colpa di Anna, il presidente del tribunale che ratifica la separazione ne segna per sempre il destino:

lentamente scrisse la condanna sua [di Anna], dei suoi figli, aprì con poche parole un baratro di dolori senza fine. La separazione per colpa della madre – dunque la madre indegna di educare i figli – la cura dei figli al padre – un vizioso, uno scioperato, che mai aveva avuto un pensiero di loro – e dallava materna il più piccolo… momentaneamente (Franchi, 1902, p. 251).

Anna è giudicata indegna dal presidente del tribunale sulla base della sua condotta sessuale: la colpa, che Anna si rifiuta di esplicitare durante il colloquio che precede la sentenza, è di essere “ladultera… la colpevole… [] la donna sporca, sudicia, come [Ettore] laveva chiamata un giorno…” (ibid., p. 248, enfasi nelloriginale). Bisogna tuttavia tenere presente che “legal images of the bad mother are engendered in part by the inability of certain women – perhaps most women who become entangled with legal institutions – to demonstrate their location within a traditional, 151patriarchal family structure” (Dayton, 1997, p. 136). Se il matrimonio rappresentava il massimo grado di integrazione delle donne nella società, adulterio e separazione marcavano invece un distacco incolmabile. Questa a-normalità, ci dice Franchi, non poteva non avere conseguenze importanti sul modo in cui le capacità pedagogiche femminili venivano percepite: “Una madre colpevole, che vive con un uomo al quale né un prete né una legge lhanno unita non può essere una madre degna di preparare la vita ai propri figli” (Franchi, 1902, p. 276).

La sentenza emessa dal tribunale sulla base della condotta sessuale di Anna stabilisce dunque la sua inaffidabilità da un punto di vista pedagogico, ma anche la pericolosità della sua presenza per la prole. Il rapporto problematico tra identità femminile, sessualità e maternità, rapporto al centro della riflessione sulla donna nuova,7 in Avanti il divorzio si lega direttamente a due motivi fondamentali: il tema della legittimità della prole e lidea che la condotta sessuale possa essere parametro inappellabile per giudicare le capacità di una madre. Se virtù “è [] parola tra le meno neutre e più sessualmente connotate, poiché i suoi significati mutano radicalmente a seconda che ci si riferisca agli uomini o alle donne, alla sfera pubblica o alla sfera privata” (De Longis, 1997, p. 188), altrettanto ambiguo si rivela il campo semantico opposto, quello del vizio e della colpa. La virtù della madre e, con essa, la sua capacità pedagogica, erano sottoposte dallautorità a indagini dalle quali la figura paterna era esonerata (Slettedahl Macpherson, 2007, pp. 105-106). In Avanti il divorzio, infatti, la condotta – sessuale e non – di Ettore non è mai oggetto di discussione:

– Avvocato [Martinelli]… tra due indegni genitori… – e [Anna] accentuò la frase – bisognava cercare di far scegliere il meno indegno…

– Il padre è sempre il padre…

– Anche quando è meno onesto della madre?

– Il padre è sempre onesto (Franchi, 1902, pp. 251-252).

Il padre era sempre onesto poiché il suo comportamento era giudicato con criteri differenti, più elastici e meno restrittivi, di quelli adottati per la madre. Che il giudizio basato sulla condotta sessuale della donna prevalesse sulla garanzia del benessere della prole è evidenziato dal dialogo fra Anna e il presidente del tribunale:

152

– E chi si prende la cura dei figli?

Anna ebbe un sussulto ed una fitta al cuore.

– Ma non le ho detto che sono in collegio? Ma non ha veduto le ricevute pagate da me?

– Non basta.

– Come? Come non basta? Ma se egli non ha mai pensato a questi figli suoi? È qui presente, che mi smentisca…

Egli [Ettore] tacque.

– Non basta; occorre la garanzia del padre.

– Ma se questo padre non può garantire, ma se son io che pago la retta?

– Non basta… occorre la garanzia del padre.

– Ma tutto ciò è ridicolo…

– È così…

– E sia… che posso fare io? (ibid., p. 250).

Insieme allautorizzazione maritale, su cui varrà la pena tornare, la patria potestà è utilizzata da Ettore come strumento di violenza e sfruttamento economico della moglie. Anche in questo caso la sua condotta è autorizzata sia dalle norme del codice, sia dalla complicità dei tutori della legge che si rifiutano di porre un argine ai suoi soprusi. Ciò è evidente quando Ettore decide di ritirare i propri figli dal collegio a cui il tribunale li aveva assegnati; latto è un chiaro tentativo di colpire Anna, che reagisce appellandosi alle istituzioni:

Consultò i migliori avvocati, fece ricorsi, domande, lottò disperatamente… invano. Urlava contro lincrollabile decreto del tribunale, che rendeva il padre responsabile dei figli. []

Anna sapeva troppo bene che lavvenire le avrebbe dato ragione, sapeva troppo bene che i poveri piccolini avrebbero la vita sciupata come era stata sciupata la sua, che egli avrebbe fatto di loro due spostati. E lo disse, lo ripeté piangendo, lo gridò forte a tutti, e tutti le risero in faccia (ibid., p. 276).

Il romanzo ricostruisce linfanzia dei figli di Anna fino alla loro partenza per lAmerica con Ettore, dopo una breve convivenza con la madre. Tale racconto può essere interpretato come una risposta al dibattito sul tema della prole sollevato dalle discussioni sulla legge relativa al divorzio. Lautrice dimostra infatti che le continue ingerenze del padre e il suo completo potere minano lo sviluppo e la formazione dei figli. Inoltre, Franchi sottolinea la profonda dicotomia esistente tra il giudizio del tribunale e la realtà, paragonando ripetutamente il nucleo familiare di Anna – considerato illegittimo ed indegno – e quello di Ettore:

153

La legge, indicava la casa di Anna come una casa non onesta; eppure vi si viveva di lavoro, di affetto, di pace, senza lombra del tradimento, con una unione perfetta, basata su una stima incondizionata.

La legge indicava più onesta la coabitazione dei figli col padre, il quale metteva a nudo sempre delle relazioni molto luride, senza alcun ritegno di fronte ai figli, i quali, udivano, vedevano, vivevano in mezzo alle orge, senza regola, senza pace, senza amore, passavano il loro tempo da un caffè ad una osteria, trascinati dal palcoscenico alla bettola; senza che nessuno avesse cura della loro educazione, del loro avvenire (ibid., pp. 329-330).

Se davvero gli anti-divorzisti temevano le conseguenze che un nucleo familiare non tradizionale avrebbe potuto avere sulla prole, il racconto di Franchi mostra quanto deleteri potessero essere invece gli effetti di “quella deità molto crudele, molto egoista: il codice” (ibid., p. 331, enfasi nelloriginale).

“Il più vile dei ricatti”

Si è detto che lavvocato Martinelli propone alla sua cliente due vie di uscita dalla querela per adulterio. Tra queste, la donna sceglie la separazione, nonostante le condizioni imposte da Ettore siano visibilmente svantaggiose. Anna, dopo aver discusso le varie possibilità con Martinelli, chiede:

[] E, dica… avvocato… ella ha accettato anche di difendere il mio… avversario?

– Che dice?

– Così… mi pareva che difendesse più la causa contro di me… che la mia.

– Come è ingenua! … un altro la ingannerebbe e la trascinerebbe in prigione.

Ella lo guardò incerta… Forse aveva ragione… dal momento che non vi è una legge… (ibid., p. 247).

Il nodo è cruciale – e ancora attuale – e riguarda la capacità, da parte dei giuristi, di comprendere la specificità delle esperienze marginalizzate e di agire di conseguenza. Se i giuristi non riconoscono la condizione delle donne, non possono nemmeno essere capaci di giudicarle; se i giudici non capiscono lesperienza femminile, non potranno fare altro che perpetuarne la vittimizzazione, e se gli avvocati stessi non capiscono “the realities of the lives of the women they represent, they cannot advocate their clients best interests” (Foster, 1997, p. 312). Questo il cuore del colloquio tra Anna e Martinelli: lavvocato mostra disinteresse 154per la storia personale dellaccusata, e suggerisce un modo per risolvere la querela che riafferma le strutture patriarcali dei codici. Quello che dobbiamo però specificare è che Telemaco Martinelli non è un avvocato inadempiente (come è, invece, lo Stefano Branchi che cura gli interessi di Emilia in Cavalieri moderni). Dal proprio punto di vista, infatti, Martinelli tenta di curare gli interessi della sua cliente, evitandole di essere condannata per adulterio. Tale strategia ha però conseguenze negative perché trascura il vissuto dellimputata: assumendosi la colpa della fine del matrimonio, Anna perde i propri diritti sulla prole, e permette a Ettore di esercitare forme diverse di controllo, come quella di tipo economico. Nei casi di separazione per colpa della moglie, infatti, lautorizzazione maritale rimaneva valida. Il romanzo evidenzia quindi come questo istituto potesse trasformarsi in un abuso legalizzato. Ettore adopera scopertamente il potere garantitogli dallautorizzazione maritale per sfruttare economicamente Anna:

Per entrare in possesso di quella somma [uneredità, Anna] aveva dovuto pagare il consenso del marito. Le era stato imposto di purgare la casa paterna dallipoteca rimastavi; più il marito chiedeva alcune centinaia di lire… Ella avrebbe potuto domandare questo consenso al tribunale, ma perdeva del tempo, mentre aveva urgenza di quel denaro, poiché non sapeva più come pagare la retta dei suoi bambini (ibid., p. 263).

Povera e in difficoltà per le spese di mantenimento dei figli, di cui, secondo le condizioni per la remissione di querela, è unica responsabile dal punto di vista economico, la donna si trova costretta a vendere la casa paterna. La vendita è vissuta con particolare sofferenza, non soltanto per il valore affettivo riposto nella casa, “un bene suo [di Anna], suo particolarmente, avuto come paterna eredità, non come dote” (ibid., p. 278), ma anche per levidente vantaggio che il marito ne trae:

Ettore Streno voleva, di ciò che sarebbe rimasto da quella vendita, la parte maggiore… egli fingeva di voler riscattare ai figli una parte di quei beni, e ricusava il suo consenso ove non le fossero pagate alcune migliaia di lire (ibid., p. 278).

In questo caso, dunque, lesercizio dellautorizzazione maritale si rivela “il più vile dei ricatti” (ibid., p. 280), che le istituzioni legittimano nonostante gli sforzi di Anna, che “invano ricorse al tribunale, lottò e si dibatté invano” (ibid., p. 278). Eppure, secondo quanto sancito 155dallarticolo 136 del codice civile,8 il tribunale aveva il diritto e il dovere di vigilare affinché lautorizzazione maritale non fosse arbitrariamente esercitata. Di conseguenza, i continui appelli di Anna, tanto in questo frangente, quanto in relazione allaffidamento della prole, sottolineano anche una cattiva e insufficiente applicazione di quelle norme che, pur senza livellare il rapporto gerarchico tra moglie e marito, avrebbero potuto impedire gli abusi del diritto.

Una (parziale) vittoria

In Avanti il divorzio Franchi offre, se non una riscrittura, almeno un adattamento dei codici alla realtà, mettendo in scena il processo per adulterio di Anna Mirello. Durante il loro colloquio, lavvocato Martinelli aveva sconsigliato alla donna di testimoniare in tribunale:

Aveva avuto uno scatto di fierezza, Anna. Ebbene? Avrebbe detto la verità… Avrebbe detto per quali penose vie era giunta al riposo damore.

– A che scopo? – le disse, il vecchio adiposo avvocato Telemaco Martinelli, adultero, che sopportava ladulterio per non esser deriso… – a che scopo?

– Per essere giudicata… per esser difesa… per dire…

– Nulla serve. Il fatto esiste (ibid., p. 239).

In questo caso invece Anna prende personalmente la parola per perorare la propria causa. Lavvocato che la assiste è Gino Sarri, luomo che “aveva compreso, come nessuno lo aveva compreso mai, quale abisso di vergogne avevano preparato a quella donna lo scanno del tribunale” (ibid., p. 289). Sarri accoglie subito il punto di vista della sua cliente, tanto da invitarla a condividere la propria storia, proposta speculare e opposta allobbligo al silenzio imposto da Martinelli, cui Anna fa esplicitamente riferimento poco prima di deporre:

[] Mi lasci andar via.

– Ma lei sogna?

– No, sento tutto inutile. Mi fu detto unaltra volta che invano avrei lottato, dal momento che il fatto esiste. Non ho più la forza.

– Bisogna trovarla, la forza, signora; se va via, sarà condannata.

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– Sarò ugualmente condannata.

– Non è vero. Si difenda (ibid., p. 290).

La distanza tra i due avvocati, secondo Cristina Gragnani (2011, p. 99), assume una funzione educativa nel romanzo. Sarri diventa linterprete ideale dei fatti vissuti da Anna e il suo atteggiamento verso la donna dovrebbe insegnare al pubblico a valutare il narrato abbracciando non solo un punto di vista laico e divorzista, ma, soprattutto, compassionevole. Il processo assolverebbe dunque a una doppia funzione: pedagogica, nella misura in cui “induc[e] il lettore a riconsiderare i momenti principali delle vicende” (ibid., p. 98), e riabilitativa allo sguardo dei lettori e delle lettrici, eletti a giuria extra-diegetica, perché ai loro occhi non solo Anna sarà innocente, ma “addirittura superiore dal punto di vista etico e morale rispetto a Ettore e anche a chi la giudica secondo le convenzioni sociali” (ibid., p. 99). Questo secondo processo può però essere letto anche in relazione con la prima querela per adulterio subita da Anna, poiché ribalta le modalità di interazione tra la donna e i rappresentanti delle istituzioni. Dal punto di vista della sentenza, le previsioni di Martinelli vengono confermate, perché Anna non è giudicata innocente; tuttavia, per la prima volta nel romanzo la protagonista ha la possibilità di giustificare le proprie azioni di fronte a un apparato istituzionale non indifferente, ma partecipe e comprensivo. Alla donna non è più imposto il silenzio e prendere la parola è anzi un obbligo morale.

Nel corso del processo, inoltre, il tradizionale principio di rilevanza legale è temporaneamente sospeso: il modo in cui si guarda al dilemma esistenziale posto dai conflitti tra imputata e parte lesa ricorda il “feminist practical reasoning” (Bartlett, 1990, pp. 849-863). La giuria, infatti, è chiamata a interpretare il caso tenendo conto delle diverse prospettive degli attanti e riflettendo su quali siano, o dovrebbero essere, gli scopi della legge e i mezzi per attuarli. La centralità del dato emotivo è espressa da Franchi proprio attraverso il punto di vista dellavvocato Sarri:

Era un processo di passione, quello, non era un delitto freddamente calcolato, non era una causa aridamente complicata. Era un processo di amore: tutta la psicologia di due anime enormemente diverse, bisognava rendere palpitante un racconto di fatti dolorosi (Franchi, 1902, p. 289).

Laccento è dunque posto non sul fatto, ma sulla concatenazione degli eventi che al fatto hanno condotto e sulle loro implicazioni emotive. 157Questo episodio avvicina Avanti al divorzio al genere del romanzo giudiziario imperniato sullo scontro, unicamente dialogico e processuale, tra due avversari in tribunale. È proprio lequivalenza tra la parola maschile e femminile, che si oppone tanto allaccusatore tanto ai codici istituzionali, la novità introdotta da Franchi:

E [Anna] disse tutto. Cominciò tremando, a stento pronunziando le parole… con la voce tronca, che si spegneva. E il Pretore le fece coraggio, la esortò alla calma con molta cortesia. E il giovane avvocato le mormorò: Hanno capito… è causa per metà vinta… animo… animo….

E disse tutto. La voce le si faceva più chiara, le parole più pronte; senza frasi preparate, senza declamare, narrò la sua vita di spasimi… E non negò la sua colpa, la confessò quasi ingenuamente, poiché le sarebbe stato impossibile negarla, poiché le parve dun tratto che soltanto la verità poteva darle ragione (Franchi, 1902, p. 293).

La deposizione di Anna introduce una serie di testimonianze che convalidano la sua versione, testimonianze grazie alle quali “tante vergogne venivano alla luce, e tanto fango si rovesciava in quellaula, nauseando” (ibid., p. 295). Il processo prosegue con larringa di Sarri, una difesa della stessa Anna e allo stesso tempo un atto di accusa contro Ettore Streno:

Poi la voce dolce e vibrante dellavvocato Sarri risonò nel vasto ambiente, ripercotendosi come un tinnulare di argentee squille. Le parole cadevano dal labbro fluendo come lirrompere di unonda troppo contenuta. Parole di passione, parole di santa verità, che colpivano in pieno quelluomo, il quale volendo trascinare la moglie nellobbrobrio, vi aveva trascinato il suo nome. Anna Mirello ne usciva immune, forse, ma Ettore Streno ne avrebbe riportata una condanna: il disprezzo per le sue continuate bassissime azioni (ibid., pp. 296-297, enfasi nelloriginale).

Lavvocato indica chiaramente i due parametri di giudizio che il verdetto dovrà soddisfare:

– No, non crediate [Ettore] che in questaula solo il codice parli; no, non crediate che anche nel petto dei giudici non vibri la corda dellumano sentire. Se per linesorabile egoismo del maschio, la legge vi dà ragione, il cuore ha pure i suoi diritti, e nessuno può disconoscere quei bisogni dellanima, che sono legge universale, e che assurgeranno sempre trionfanti, abbattendo inumani pregiudizi (ibid., p. 298).

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Sarri umanizza proprio quei giudici che, allinizio del processo, erano definiti come “impeccabili, che mai fallano, che con una decisione, talvolta risultante da un momento di umor nero, consacrano una vita al delitto” (ibid., p. 292). Le parole dellavvocato ridimensionano, dunque, la “virtù dellinfallibilità” (ibid., 291) dei togati, poiché chiamano in causa il loro lato umano: se tradizionalmente agire secondo giustizia significava applicare rigidamente la legge, il processo di Anna dimostra la non neutralità e limplicita ingiustizia della norma stessa. Il processo pertanto, sulla base delle circostanze addotte dai racconti di Anna e dei testimoni, mette in discussione i codici istituzionali, di cui propone (ulteriore elemento di originalità) una revisione:

Il magistrato dichiarando irragionevole laccusa, perché il fatto era noto al marito da molto tempo, ebbe parole severe di rimprovero per quellaccusatore, che aveva con lesempio dei suoi vizi e delle sue sregolatezze spinto la moglie a lasciarsi affascinare dalla colpa… e quelle parole furono per lei [Anna] di gran conforto… ma era stanca e per un momento i grandi occhi cerchiati dallo spasimo si chiusero, credette di svenire (ibid., p. 299, enfasi nelloriginale).

Anche se ne permette la riabilitazione morale, la vittoria di Anna è a tutti gli effetti una vittoria mutilata, perché “non mutava le leggi, non cancellava ciò che era stato scritto su quel decreto di separazione” (ibid., p. 300). Anna è comunque vincolata al marito, cui la tutela dei figli non viene contestata. Tuttavia, viene prospettata la possibilità di una rilettura del codice basata sulla testimonianza delle voci marginalizzate; è questo un passo necessario anche per liter della legge sul divorzio, che nel romanzo appare lunica soluzione definitiva alle sofferenze di Anna:

– Non lotti più, basta, adesso, – le disse lavvocato Gino Sarri – sono troppi anni, adesso, si riposi. Non vincerà mai, mai, perché non troverà mai appoggio nelle leggi… Speri; forse tutto ciò avrà presto una soluzione. Il divorzio…

– Troppo tardi, per me, avvocato.

– Mai tardi per una liberazione (ibid., p. 348).

1 Negli ultimi anni, dopo lo stimolo dato dallantologia La voce che è in lei (Morandini, 1980), la figura di Anna Franchi è stata gradualmente riscoperta dalla critica. Per il suo profilo bio-bibliografico si veda la descrizione del fondo Anna Franchi conservato presso la Biblioteca Labronica di Livorno, e il fondamentale articolo di Tiziana Noce (2007), che si è occupata anche dei rapporti tra lautrice e Livorno (Noce, 2005); cfr. inoltre i due profili biografici rispettivamente raccolti in Italiane (Isastia, 2003) e nellantologia Le interviste impossibili (De Troja, 2013). Dellimpegno politico di Franchi si è occupata a più riprese Lucilla Gigli (2008 e 2014), mentre Daria Arduini (2016) si è soffermata sul suo atteggiamento in merito alla Prima Guerra Mondiale. Il romanzo Avanti il divorzio è stato riedito da Sandron nel 2012 a cura di Elisabetta De Troja (gli interventi sono poi confluiti in De Troja, 2016); sul romanzo cfr. anche i lavori di Cristina Gragnani (2008 e 2011).

2 Anche Sharon Wood (2003), Cristina Gragnani (2011) e Valentina Pinoia (2019) propongono di leggere Avanti il divorzio come un romanzo di formazione al femminile. Su questo genere letterario rimando a Fraiman, 1993 e al volume di Bono – Fortini, 2007, e in particolare, ai contributi di Chemello, 2007 e Fortini, 2007.

3 Per una ricostruzione storica degli abusi e delle violenze sessuali anche nel contesto matrimoniale dellItalia dellOttocento si vedano Cavina, 2010 e 2011, Taricone, 2013, Novarese, 2014, Feci – Schettini, 2017; per uno studio dello stupro e della molestia sessuale dalla prospettiva della giurisprudenza femminista cfr. MacKinnon, 1987.

4 Tale convenzione è esplicitamente formulata nei manuali di comportamento: ad esempio, Il galateo della borghesia impone a qualunque persona che “commetta unazione per cui si pone fuor di legge (uno scandalo, una fuga, che so io)” di “cansar gli amici; se la si incontra, si può far un lieve cenno del capo, per non infliggerle un affronto, ma nulla più” (Nevers, 1906, pp. 16-17).

5 “Il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre e dalla madre tanto congiuntamente, quanto separatamente” (Codice civile, art. 179).

6 “Il marito può anche ricusare di riconoscere il figlio concepito durante il matrimonio, se nel tempo decorso dal trecentesimo al centottantesimo giorno prima della nascita viveva legalmente separato dalla moglie. Questo diritto non gli spetta, quando vi sia stata una riunione anche soltanto temporanea tra i coniugi” (Codice civile, art. 163).

7 Cfr. Scattigno, 1997, Arslan, 1998, Buttafuoco, 1998, Babini, 2015.

8 “Se il marito ricusi lautorizzazione alla moglie, o se trattisi di atto nel quale siavi opposizione di interesse, ovvero se la moglie sia legalmente separata per sua colpa, o per colpa sua e del marito, o per mutuo consenso, sarà necessaria lautorizzazione del tribunale civile. Il tribunale non può concedere lautorizzazione, se prima il marito non fu sentito o citato a comparire in camera di consiglio, salvi i casi di urgenza” (Codice civile, art. 136).