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Classiques Garnier

Amore e matrimonio ai tempi dell’Unità d’Italia Beatrice Speraz

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Amore e matrimonio
ai tempi dellUnità dItalia

Beatrice Speraz

Lirrilevanza dellamore

La trasformazione del divorzio in tema letterario comporta una riflessione più generale sul rapporto tra amore e matrimonio. In età postunitaria, contrarre un vincolo coniugale era lunico modo per legittimare lamore e la sessualità da un punto di vista sociale e legale. Di fatto, però, i rapporti di potere che si stabilivano allinterno della coppia poco avevano in comune con le dinamiche di un rapporto amoroso. La definizione giuridica del matrimonio suggeriva una sostanziale irrilevanza dellamore, poiché le ragioni che lo legittimavano erano altre, ovvero “la stabilità sociale, la procreazione, la prosecuzione della specie, leducazione dei figli” (Rodotà, 2015, p. 26). Queste priorità erano state modificate dallascesa del nucleo coniugale intimo, che riconosceva invece nellappagamento sessuale e affettivo un elemento essenziale del rapporto. Accentuare il benessere del singolo coniuge significava decentrare i fini del matrimonio. Oggi, a cinquanta anni dalla legge sul divorzio, è naturale ritenere che “se il benessere della coppia, la qualità della relazione di coppia, diventa un valore e un fine, il venire meno di questa qualità, o la sua insussistenza, legittima la rottura” (Saraceno, 2012, p. 60). Allindomani dellUnità di Italia, invece, una simile visione del mondo sovvertiva, almeno potenzialmente, un ordine sociale che vedeva nella famiglia indissolubile la cellula fondamentale dello Stato.

Il legame tra amore e matrimonio è al centro dei romanzi Nellingranaggio (1885) e Numeri e sogni (1887) di Beatrice Speraz, nota con lo pseudonimo di Bruno Sperani1. Tali opere permettono di mettere a 94fuoco alcuni aspetti della ricezione del tema del divorzio, in quanto sono incentrate su due matrimoni tradizionali, osservati però con attenzione specifica per le implicazioni di genere e i significati sociali e simbolici del vincolo coniugale. Non sono questi gli unici testi in cui lautrice riflette sul matrimonio; anzi, “il tema centrale dellopera della Sperani è il confronto uomo-donna dove esso è più ravvicinato e impietoso, la famiglia” (Colummi Camerino, 1994, p. 77).

Nei due romanzi Nellingranaggio e Numeri e sogni Sperani rappresenta il modo in cui le norme sociali e legali influivano sulla vita degli individui, impedendo loro di esprimere appieno la propria sfera emotiva e di perseguire i propri desideri. La visione meccanicista della società caratterizza sia gli ambienti altoborghesi di Nellingranaggio, sia quelli di livello inferiore di Numeri e sogni. In entrambi i casi, la società è ritratta come

un enorme e mostruoso congegno pieno di ruote, di seghe, di punte di ferro che gira ciecamente intorno a sé stesso, senza scopo né meta, portando sopra di sé una immensità di creature tutte affannate per mantenersi nel piccolo posto sicuro che sono arrivate a conquistare o che hanno avuto in eredità, per non cadere nel vuoto, dove le ruote cigolano, e gli ingranaggi implacabili lacerano le carni, stritolano le ossa degli infelici che vi sono precipitati (Sperani, 1885, p. 197).

È partendo da questo presupposto che Sperani riflette, e con grande finezza, sul rapporto tra amore e matrimonio, introducendo il divorzio quale elemento destabilizzante.

Nellingranaggio del matrimonio borghese

Per lindissolubilità:
un messaggio rovesciato

Nellingranaggio è ambientato a Milano, dove Gilda Mauri lavora come istitutrice della piccola Lea nella casa del banchiere Giovanni Pianosi e di sua moglie Edvige, un tempo attrice teatrale. I due coniugi si sono sposati in Russia, e questo garantisce loro il diritto di divorziare. Sia per 95questo, sia per le sue oscure origini, la donna non viene accettata pienamente dallambiente altoborghese in cui il marito la introduce. Durante il matrimonio, dopo una breve rottura, Edvige riprende una relazione amorosa con Paolo Anselmi, che aveva incontrato durante la gioventù. Anselmi è un avventuriero e tenta, senza successo, di truffare Giovanni. Linganno e ladulterio vengono scoperti da Gilda, infatuata di Giovanni, che per questo motivo viene licenziata da Edvige ed è costretta a tornare presso la povera famiglia di origine che disprezza e alla quale sente di non appartenere più. Dopo un breve periodo, però, Edvige chiede a Gilda di tornare: Giovanni, ormai a conoscenza del tradimento, è gravemente ammalato e Edvige spera di rientrare nelle sue grazie riavvicinandolo a Gilda. I due si innamorano profondamente e Giovanni considera la possibilità di divorziare. Gilda però non è daccordo e, per diventare più indipendente, intraprende la carriera teatrale. Da questo momento, i due amanti si allontanano progressivamente, anche perché Giovanni, favorito dalla rete sociale della moglie, si è dedicato alla politica. La famiglia Pianosi decide quindi di trasferirsi a Roma. Gilda, informata da una laconica lettera dellamante, prende lo stesso treno di Giovanni e, scesa alla stazione di Melegnano, si suicida gettandosi nel Lambro.

In Nellingranaggio Sperani rappresenta due tipologie di matrimonio che definiremo rispettivamente senza amore e divorziabile. Per capire il loro funzionamento bisogna soffermarsi sul personaggio che ne teorizza gli estremi, Edvige, l“ipocrita” per eccellenza nella produzione speraniana: quella che “pur non essendo più innamorata del marito che tradisce, e pur potendo divorziare essendosi sposata in un paese straniero, non lo lascia per mantenere i privilegi che la condizione matrimoniale le offre” (Colummi Camerino, 1994, p. 78). Attraverso il ricorso allanalessi, Sperani ricostruisce la vita di Edvige, dalle umili origini alla fuga con Paolo, dalla carriera teatrale al matrimonio con Giovanni. Proprio le affinità tra la sua biografia e quella dellantagonista Gilda spingono a riconsiderare la definizione di Colummi Camerino: la vita della donna e le sue stesse idee sembrano infatti dimostrare come, nella società messa in scena da Sperani, solo la capacità di interiorizzare regole e convenzioni garantisca il successo e la sopravvivenza. Sebbene non perfettamente integrata nella società, Edvige è lunico personaggio in grado di manipolare a proprio vantaggio lingranaggio sociale: non solo utilizza il matrimonio per cambiare status sociale ma, razionalizzando 96la sfera emotiva (la propria e quella altrui), realizza pienamente il suo legame ideale, il matrimonio senza amore.

È importante mettere a fuoco il modo in cui Edvige interiorizza i meccanismi e le norme della società per comprendere appieno il messaggio veicolato da Nellingranaggio. Infatti, le riflessioni sui temi del matrimonio e del divorzio, una misura temuta e apertamente stigmatizzata, sono elaborate nel romanzo quasi esclusivamente dal suo punto di vista e in riferimento alla sua esperienza personale. La persuasività del messaggio di Sperani affonda proprio nella caratterizzazione di Edvige e dellambiente nel quale si muove: se questo, sostiene lautrice, è il risultato dei tradizionali rapporti tra i sessi, allora è necessario operare un cambiamento. Il punto di vista di Edvige andrà quindi considerato come inaffidabile e interpretato come un rovesciamento delle opinioni di Sperani. Ad esempio, laddove Edvige radicalizza lestraneità tra sentimento e vincolo teorizzando un matrimonio senza amore, bisognerà riflettere invece sul tema degli obblighi matrimoniali e, in particolare, quello alla fedeltà. Inoltre, quando Edvige legge lindissolubilità matrimoniale come una forma di tutela per le donne, allora si dovranno riesaminare i rapporti di potere e i significati identitari che tale istituto determina. Matrimonio senza amore e matrimonio divorziabile andranno dunque intesi come contro-narrazioni, o meglio “countermarriage possibilities” (Emens, 2011, p. 239), e cioè come immagini di modi alternativi per gestire le relazioni coniugali. La loro messa in scena permette così di riflettere, attraverso il paradosso, sui significati culturali del matrimonio postunitario, significati talmente naturalizzati da risultare altrimenti invisibili.

À la Edvige: il matrimonio senza amore

Le riflessioni di Edvige sul matrimonio senza amore non riguardano la dimensione legale del vincolo, ma la natura del rapporto tra moglie e marito. In particolare, il discorso sulla fedeltà e sullindissolubilità comporta una desentimentalizzazione di questi due aspetti del nucleo familiare, regolati anche dalle norme legali: in realtà, “law and its institutions have been a vehicle not just for sustaining but for strengthening the patriarchal, property-based dynamics that underpin the traditional nuclear family” (Dayton, 1997, p. 132). In Nellingranaggio la proposta teorica del matrimonio senza amore si colloca in uno snodo importante dellintreccio: dopo la crisi coniugale tra Edvige e Giovanni, che ha 97scoperto ladulterio della moglie e il tentativo di truffa del suo amante, quando il rapporto amoroso – ancora non consumato – tra il banchiere e Gilda è giunto al suo apice emotivo. È a questo punto del disfacimento del rapporto coniugale, con tutte le sue conseguenze simboliche dal punto di vista della stabilità dello status quo, che Edvige rivendica una decisa scissione tra sfera amorosa e matrimoniale:

[Edvige si era messa a dire] che lamore e il matrimonio non avevano fra loro altro che una comunità materiale, con due caratteri assolutamente opposti: il matrimonio grave, serio, pieno di obblighi e di noje e assolutamente volontario, come un contratto civile: lamore, tutto raggiante di bellezza, pieno di sogni, di capricci e assolutamente fuori della volontà, come una vera necessità della vita (Sperani, 1885, p. 204).

La dicotomia tra amore e matrimonio, in realtà, trova riscontro nella definizione giuridica di questultimo, in cui la logica degli affetti giocava un ruolo molto limitato. Gli obblighi matrimoniali alla coabitazione, allassistenza e alla fedeltà – sul quale sarà necessario fare un distinguo – potevano infatti essere assolti anche allinterno di una relazione non amorosa. Tali obblighi non rispondevano, se non apparentemente, alle dinamiche degli affetti, poiché facevano capo ad una concezione dellistituto matrimoniale come “legittimo coacervo di interessi diversi” (Rodotà, 2015, p. 27). Da questo punto di vista la condotta di Edvige è esemplare: malgrado il legame pluriennale con Paolo, per non parlare di altre esperienze sessuali cui il romanzo accenna, la donna assolve brillantemente i compiti e i ruoli muliebri propri del contesto matrimoniale. Significativo in questo senso si rivela il modo in cui si confronta con lobbligo allassistenza. La cura degli elementi più deboli della famiglia (dai bambini ai malati fino agli anziani) era unattività tradizionalmente attribuita alle donne, in virtù di quelle che erano considerate loro doti naturali: lattitudine allaccudimento, la compassione, lo spirito di sacrificio. Edvige teorizza linconciliabilità tra matrimonio e amore proprio durante la malattia di Giovanni, di cui si prende cura diligentemente, giungendo persino ad accettare la presenza costante della rivale Gilda. Questo gesto, che il lettore e la lettrice sanno essere motivato da un preciso calcolo utilitaristico,2 imita quellatteggiamento di acquie98scenza ai desideri maschili, prescritto e desiderato nelle mogli in età postunitaria. Lesempio, e il modo in cui il comportamento di Edvige viene discusso nel romanzo, evidenziano lambiguità che gli obblighi matrimoniali assumono nel testo di Sperani: essi sono assolti perché parte integrante di un rapporto convenzionale che permette ai suoi membri di soddisfare i propri interessi personali. Tuttavia, tali obblighi sono anche percepiti dagli altri personaggi – a torto o a ragione – come parte della sfera emotiva. La contessa Vimercati, unintima amica della famiglia Pianosi e confidente di Edvige, stenta a credere al fatto che questa avesse curato Giovanni con tanta attenzione durante la malattia non per amore, ma per mero interesse:

– Come! aveva esclamato [la contessa Vimercati], tu dici questo [di non amare Giovanni] Edvige? … tu? Non puoi dirlo che per farci ridere! Non ci hai dato forse, non ci dai tuttora la più grande prova del tuo amore per Giovanni? Ma avresti tu sopportato con questa adorabile rassegnazione, il torto che egli ti fa, causa quella civetta di Gilda Mauri, se tu non lo amassi? … Ti saresti sacrificata così, questi due mesi, fino al punto di metterti a studiare il commercio e gli affari se tu non volessi riconquistare il suo cuore? (Sperani, 1885, pp. 205-206).

Il comportamento di Edvige è ricondotto a una dimensione sentimentale, e interpretato sulla base di parametri prettamente di genere, come il sacrificio e l“adorabile rassegnazione” femminile. Insomma, nel romanzo viene rifiutata ufficialmente (per essere però poi ufficiosamente accolta) lidea del matrimonio senza amore, perché incompatibile con il modello del nucleo coniugale intimo, attraverso cui viene riletto il rapporto tra Giovanni e Edvige. Latteggiamento di Edvige, in particolare verso il legame tra Gilda e Giovanni, è interpretato come un segno di amore e come un tentativo di riconquistare il marito. Edvige invece ribalta questo modello: al centro del rapporto non vi è laspetto sentimentale, bensì quello contrattuale. La sua condotta è motivata da una visione del matrimonio come patto sociale, e non come spazio di appagamento affettivo:

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[Edvige] aveva detto che non capiva perché avessero bisogno di crederla innamorata di suo marito e smaniosa di riavere il suo amore, per trovare che quello che faceva era ben fatto.

Se lo avesse fatto soltanto per rispetto al matrimonio come istituzione sociale, come contratto al quale aveva sottoscritto, non sarebbe stato lo stesso? (ibid., p. 206).

Edvige giustifica la netta cesura tra istituto matrimoniale e sfera amorosa ricorrendo allesempio illustre del matrimonio a tre settecentesco.3 Il fenomeno del cicisbeismo era visto, in età postunitaria, come sintomo di una degenerazione della famiglia che si sarebbe tradotto, necessariamente, in un indebolimento dello Stato. Il fatto che Edvige proponga questo tipo di relazione come modello esemplare è un segnale della distanza che esiste tra le opinioni attribuite al personaggio e il messaggio reale che Nellingranaggio intende trasmettere. Non a caso, infatti, la separazione tra sfera erotica e matrimoniale conduce la stessa Edvige a contestare uno degli elementi portanti del matrimonio postunitario: il partner sessuale unico: “Poiché la natura umana è quello che è [] non si sarebbe dovuto tener conto delle infedeltà, né delle mogli, né dei mariti se non quando offendevano gli interessi della famiglia” (ibid., p. 205). Da questo punto di vista, anche lobbligo alla fedeltà può essere rispettato, poiché si tratta di una fedeltà relativa e non assoluta: gli adulteri sono da tollerarsi finché non ledono la stabilità del nucleo e la garanzia della legittimità della prole. Proprio perché imperniato su una sessualità svincolata da finalità di procreazione e da pastoie legali, il modello del matrimonio senza amore può essere inserito nel processo di sovrapposizione tra dispositivo di alleanza e dispositivo di sessualità intuito da Michel Foucault. Il matrimonio non amoroso porta infatti con sé una nuova attenzione al corpo e alle pulsioni sessuali, rivolte però al di fuori dei confini matrimoniali. Le due forme di relazione, luna istituzionale e laltra sessuale, ricordano le definizioni dei due dispositivi foucaultiani, poiché “per il primo [il dispositivo di alleanza], è il legame fra dei partner con uno statuto definito che è pertinente; per il secondo [il dispositivo di sessualità], sono le sensazioni del corpo, la qualità dei piaceri, la natura delle impressioni, per quanto sottili o impercettibili possano essere” (Foucault, [1976] 2014, p. 95).

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Edvige, inoltre, riconosce un diritto alla felicità sentimentale e sessuale dellindividuo a prescindere dal suo sesso. Ciò implica lestensione alle donne della generalizzata tolleranza sociale di cui godeva “ladulterio maschile, a patto che fosse saltuario e nascosto, che non mettesse in pericolo il decoro e le finanze della famiglia” (Scaraffia, 1988, p. 225). La diversa penalizzazione delladulterio maschile e femminile nel codice Zanardelli poggiava sul disciplinamento del matrimonio, che rispondeva alle logiche del diritto patrimoniale fondate sulle categorie di proprietà (i diritti che ciascun coniuge assumeva sul corpo dellaltro) e credito (il diritto maschile di esigere prestazioni sessuali: il cosiddetto debitum coniugale).4 Tali categorie riguardavano però in maniera diversa uomini e donne, e generavano una società coniugale gerarchica, a netto svantaggio delle mogli. Queste logiche motivano inoltre la scarsa attenzione attribuita, nellordinamento giuridico sul matrimonio, alla dimensione amorosa, che “viene individuata, per default diremmo oggi, nel pieno riconoscimento della libertà sessuale del marito con lunico limite che non si trasformi in concubinato stabile e notorio” (Rodotà, 2015, p. 43). Il fatto che ladulterio maschile e quello femminile fossero punibili in modo diverso metteva in crisi la definizione del matrimonio come spazio dellamore legittimo, poiché determinava “una sorta di allocazione del diritto damore solo a vantaggio del marito” (ibid., p. 44). In questo senso, la paradossale proposta di Edvige di equiparare ladulterio femminile a quello maschile può essere intesa sia come una critica alla struttura gerarchica del rapporto matrimoniale, sia come una richiesta di legittimare il diritto damore femminile.

Mogli, mariti e amanti:
scegliere il partner nel matrimonio senza amore

Il ménage dei Pianosi può essere considerato come una sorta di laboratorio del matrimonio senza amore. Entrambi i coniugi sono adulteri e condividono un simile approccio allamore extraconiugale. La passione tra Giovanni e Gilda si sviluppa davanti agli occhi del lettore e della lettrice, mentre il legame tra Edvige e Paolo nasce prima del matrimonio della donna e prosegue dopo le nozze; in nessuno dei due casi la relazione adulterina rappresenta una vera alternativa al rapporto matrimoniale, ma piuttosto una sua appendice, sempre descritta come un “capriccio”.

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La differenza tra Giovanni e Edvige sta nel fatto che solo luomo ha un ruolo attivo nellabbandono del coniuge; ciò rinvia nuovamente alla diversa suddivisione del potere tra marito e moglie, e al modo in cui tale squilibrio influenzava la costruzione e levoluzione della coppia. Come Cordelia, anche Sperani tratta del differente significato che il matrimonio aveva per luomo e per la donna: era infatti proprio il matrimonio a determinare lo status sociale della donna, permettendole avanzamenti o regressioni a seconda del ceto del marito. I parametri in base ai quali uomini e donne sceglievano il proprio coniuge non potevano quindi essere gli stessi. Edvige, per esempio, sposa Giovanni per ragioni utilitaristiche, spinta dal miraggio di una scalata economica e sociale. Del tutto opposti, perché riconducibili alla sfera dei sentimenti e della sessualità, sono invece i motivi per cui la donna si sente attratta da Paolo. Anche nella scelta dei partner, Edvige conferma così la differenza tra amore e matrimonio:

Non aveva fortuna quelluomo [Paolo], né con lei, né solo. E il suo fine giudizio di zingara le diceva chiaramente che era un debole – una vanità impotente e piagnolosa condannata alle mille piccole vigliaccherie che danno appena il pane – e il suo buon senso di avventuriera le consigliava di voltargli le spalle; ma il cuore le batteva con violenza, il sangue era salito alle guancie e un desiderio irresistibile, reso poetico dalla pietà e dai ricordi, la trascinava verso di lui (Sperani, 1885, p. 47).

Di tuttaltro ordine lattrazione di Giovanni verso la moglie, che sembrerebbe motivata soltanto dalla bellezza della donna, secondo quanto si deduce dalle frammentarie notizie offerte nel romanzo:

[Giovanni] come la grande maggioranza dei mariti, [] non conosceva sua moglie che assai superficialmente. La vedeva bella, poiché laveva sposata appunto per questo; e capiva che aveva molto spirito; ma per lui era una donna fredda, dal sangue nordico più gelato; incapace daccendersi, altro che per sé stessa, per la sua vanità e per il suo orgoglio (ibid., pp. 72-73).

Certo non casualmente, Giovanni e Edvige si fidanzano allapice della carriera teatrale della donna; la dimensione sessuale gioca un ruolo fondamentale in questa fase, come lascia intuire il commento del padre di Giovanni:

– Poi mi spiegava che il signor Giovanni aveva preso il domicilio in una città della Russia, [disse Sabina, la domestica dei Pianosi] dove la diva sera 102incontrata col suo vero genitore “uno zingaro!” esclamava il signor Angelo diventando tutto rosso, e che là quellimbecille del suo figliolo – lui diceva proprio imbecille – si era lasciato ingarbugliare e laveva sposata. “Come se ci fosse stato bisogno!” masticava fra i denti (ibid., p. 185, enfasi nelloriginale).

Dinamiche simili accompagnano la nascita dellamore tra Giovanni e Gilda, inizialmente concepito come avventura sessuale.5 I rapporti di Giovanni con la moglie e lamante evidenziano come, nella società rappresentata da Sperani, il corpo sia utilizzato dalle stesse donne come strumento di ascesa sociale. Nel corso del romanzo Edvige e Gilda fanno un uso diverso del proprio corpo: per la prima, il sesso è un oggetto di scambio e, in quanto tale, è separato dalla sfera del piacere, vissuta solo al di fuori del rapporto coniugale. Nel caso di Gilda, la sessualità si sviluppa invece ai margini di un rapporto matrimoniale già esistente e nel seno di una relazione, quella adulterina, imperniata sulla sfera sentimentale e amorosa. Il corpo della giovane, una volta deflorato, perde la sua forza attrattiva, decretando la fine del sogno matrimoniale:

Lamore le aveva rivelato ora tutti i suoi misteri: ella [Gilda] apparteneva a Giovanni. E oramai una voce intima le diceva che egli non lavrebbe sposata mai più, che mai più avrebbe avuto il coraggio di affrontare lopinione pubblica con un divorzio di cui ella stessa aveva analizzate e fatte spiccare le difficoltà, quasi per giustificarlo ai suoi propri occhi, in un momento di pessimismo generoso (ibid., pp. 235-236).

Gilda e Edvige condividono alcuni tratti biografici rilevanti: entrambe sono di origini oscure e di bassa estrazione sociale; entrambe sono attratte dalle possibilità di avanzamento legate al matrimonio; entrambe si dedicano alla degradante carriera teatrale. Le analogie tra le due rivali devono essere tenute in conto nel valutare se e come il rapporto tra Gilda e Giovanni sia il frutto di unintegrazione tra sfera emotiva e matrimoniale. A ben guardare, infatti, i due amanti non modificano il significato e le dinamiche del matrimonio, né tantomeno i rapporti di potere; invece di creare uno spazio degli affetti, la loro relazione riproduce le logiche del rapporto coniugale, come testimoniano i motivi che spingono Gilda a opporsi allidea di Giovanni di divorziare:

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– Non disperarti, non essere crudele con te. Se non lo hai fatto [divorziare], vuol dire che non potevi nemmeno allora [alla scoperta delladulterio di Edvige]. Ora perdi di vista le circostanze. Non era forse giusto che tu pensavi prima di tutto a salvare il tuo onore, la tua casa, il nome e lavvenire di tua figlia, glinteressi di quelli che ti avevano affidato il loro patrimonio o tutto o parte? [] Per fare altrimenti bisognava che tu non fossi un banchiere, a capo di tanti affari, di tanta responsabilità, con tanto bisogno di mantenere il tuo credito; bisognava che non fossi padre, o che Lea non fosse la figlia di quella donna (ibid., p. 224).

Marinella Colummi Camerino (1994, p. 83, n. 53) interpreta come un “segno della sensibilità della Sperani per la psicologia femminile [il fatto che] la protagonista che beneficerebbe del divorzio fa propri i dubbi del compagno che non vuole separarsi dalla moglie”. Certamente Gilda, mantenendo il ruolo ingrato di amante, intende sacrificarsi per amore e, daltro canto, le conseguenze sociali di un divorzio per Giovanni, convalescente e alle prese con i danni causati dalla tentata truffa di Paolo, sono evidenti:

Che subisso di chiacchiere si sarebbe levato! Come si sarebbero schierati contro di lui tutti gli invidiosi, tutti i vigliacchi, che nel momento del trionfo, si erano inchinati con maggior deferenza alla sua fortuna! E che riflesso sinistro tutto questo chiasso avrebbe gettato sullonore della sua firma, chegli voleva serbare intatto! (Sperani, 1885, p. 196).

È però importante notare che, nellassecondare il banchiere, Gilda utilizza lo stesso linguaggio del matrimonio non amoroso già osservato nel discorso di Edvige, e valorizza il vincolo nel suo significato sociale: lamore è subordinato a salvare lonore, la casa e il nome. Il calcolo è, almeno parzialmente, di natura economica e sociale: per riabilitarsi agli occhi della società, Gilda può fare affidamento solo sulla posizione di Giovanni. È dunque evidente che il modo in cui le donne scelgono il proprio partner nel romanzo non è mai libero o astratto da calcoli utilitaristici, a causa delle minori possibilità di autonomia e disponibilità economica loro concesse rispetto agli uomini.

Malgré Edvige: il matrimonio divorziabile

Per funzionare, il matrimonio senza amore deve essere indissolubile:

[Edvige] aveva voluto spiegare come ella ammettesse la indissolubilità del matrimonio nelle condizioni presenti della società, perché troppi interessi vi erano legati, e poi perché il divorzio aveva qualche cosa di puritano, di 104pretenzioso, di crudele. Ella voleva il matrimonio indissolubile, perché la famiglia non si doveva potere scindere a capriccio (ibid., pp. 204-205).

Come abbiamo visto, questa contro-narrazione del matrimonio si articola esasperando il valore sociale del vincolo, che deve essere indissolubile per difendere gli interessi non solo dei coniugi, ma di tutta la società. Se tale prospettiva è la stessa che caratterizza il dibattito parlamentare sul divorzio, inedito è il punto di vista utilizzato da Sperani: quello di una moglie che vive un matrimonio divorziabile. Proprio per questo Edvige è un soggetto vulnerabile e precario allinterno del suo ménage. Al contrario di quanto avviene nel romanzo Dopo il divorzio di Grazia Deledda (cfr. cap. V), Sperani non mette in scena un matrimonio dissolubile per immaginare quali sarebbero gli effetti di una legge sul divorzio: Giovanni sceglie di non divorziare, facendosi, seppure suo malgrado, “garant[e] della tradizione, interpret[e] più o meno spregiudicat[o] o debol[e] di unidea di matrimonio come valore sociale” (Colummi Camerino, 1994, p. 78). Anche in questo caso, però, “la riflessione storica ci mostra che al riparo dalla costrizione giuridica non si è per ciò più liberi” (Rodotà, 2015, p. 18): il matrimonio divorziabile di Giovanni e Edvige dimostra come le norme extra-legali possano neutralizzare gli effetti della legge. Il legame tra i due coniugi, malgrado la sua non convenzionalità, si conforma ai divieti del matrimonio civile postunitario; la dissolubilità è sì legalmente possibile, ma socialmente impraticabile:

E se, in quei momenti [pensava Giovanni], il divorzio fosse stato nella legge, nelle abitudini e nelle convenienze, se egli non avesse dovuto affrontare lodiosità della eccezione, o se, almeno, le antipatiche formalità fossero state già vinte e sorpassate, egli avrebbe sposato Gilda con entusiasmo. Ma il divorzio non lo aveva fatto, e ora non poteva più farlo; doveva rimanere tutta la vita con lanimo sospeso sopra un abisso di rimpianti e di recriminazioni contro sé stesso? (Sperani, 1885, p. 299).

Anche in questo caso la descrizione del matrimonio divorziabile può essere letta come una contro-narrazione utile per riflettere su caratteristiche considerate intrinseche e connaturate al vincolo coniugale. Sperani problematizza infatti lindissolubilità del matrimonio nella società postunitaria, riflettendo in più passi del romanzo sulla dicotomia tra la validità legale del matrimonio dei Pianosi e la sua legittimazione sociale. Appena dopo le nozze del figlio, il padre di Giovanni “diceva che quel 105matrimonio non contava un bel nulla. Che poteva sciogliersi quando uno voleva. [] Poi, quando si voleva rasserenare, tornava a dire: Meno male che là cè il divorzio! Quando ne avrà abbastanza, potrà mandarla al diavolo” (ibid., p. 186). Queste parole sono rivolte alla cameriera Sabina, che le ripete poi pedissequamente a Gilda:

– Ma se non è neppure sua moglie! – si lasciò sfuggire [la cameriera Sabina] un giorno [] – Ebbene! – ribatté Sabina: – mettete moglie posticcia! Se questo vi pare meglio. O non è posticcia una moglie che si può mandare via quando si vuole? Non è posticcio un matrimonio che da un giorno allaltro si può disfare? (ibid., pp. 17-18).

Sebbene senta di “poter assicurare la cameriera che il matrimonio divorziabile era ugualmente valido” (ibid., p. 18), e sia del tutto consapevole delleffettiva validità legale del vincolo,6 Gilda dimostra in realtà di avere interiorizzato la visione del matrimonio dissolubile condivisa dal padre di Giovanni e da Sabina. Infatti, trovando i due coniugi in atteggiamenti affettuosi, la giovane non può fare a meno di chiedersi se “era quella una maniera di contenersi? Lasciarsi sorprendere così da una ragazza con un uomo… che poteva anche diventarle estraneo da un giorno allaltro!” (ibid.).

Il fatto che un matrimonio valido dal punto di vista legale possa non essere legittimato sul piano sociale penalizza soltanto la moglie. La critica dellautrice è quindi diretta alla posizione di debolezza delle donne nella società. Se, come osservato, le donne vedevano nel matrimonio lunica possibilità per cambiare ceto e, di conseguenza, sceglievano partner dalla posizione sociale stabile e superiore alla propria, non era tuttavia automatico che le mogli fossero poi accettate nellambiente dei mariti. Edvige, infatti, riesce a integrarsi solo parzialmente a causa della sua bassa estrazione e della non convenzionalità del vincolo contratto. Questultimo aspetto è inoltre esplicitamente utilizzato per umiliarla:

Adriani, che in fondo sapeva il gioco di questa donna [Edvige] e non poteva vincere un certo rancore, approfittò del momento per investirla furiosamente. []

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– Comunque sia – disse Adriani a un certo punto della disputa – ella non arriverà, spero fino a negare lutilità, la necessità del divorzio? … Sarebbe troppo strano da parte sua!…

Edvige sentì tutta la perfidia di questa insinuazione e il lieve mormorio che corse fra gli astanti, seguito subito da un involontario silenzio, la fece accorta che lintenzione offensiva delluomo politico non era sfuggita a nessuno (ibid., pp. 30-31).

Va detto che non solo Edvige, ma tutte le mogli, nella società descritta da Sperani, sono precarie. Come ricordato, la vera dote delle donne (almeno, di quelle povere e di bassa estrazione sociale) era rappresentata dal loro corpo, dalla loro bellezza e dalla loro verginità; tanto i trascorsi di Edvige quanto quelli di Gilda dimostrano però la caducità di tali beni e la necessità di assicurarsi una solida e duratura posizione di moglie. Non stupisce allora che Edvige intenda lindissolubilità matrimoniale come una tutela non solo per le mogli – e, quindi, per se stessa –, ma anche per le donne nubili. Edvige invita, infatti, a pensare “alla sorte di tante povere fanciulle che resistono allamore come martiri, se questamore non è sanzionato dalla sicurezza del matrimonio; [] dopo tanti affanni e battaglie segrete, queste povere fanciulle, se finalmente si sposano, sanno chè per sempre” (ibid., p. 32).

A causa del matrimonio divorziabile, la posizione precaria della donna allinterno del nucleo familiare è radicalizzata; diversi personaggi del romanzo considerano infatti Gilda una sorta di sostituta di Edvige: la servitù di casa Pianosi, ad esempio, borbotta che “si avvicina il momento tanto aspettato: la zingara se ne dovrà andare: il padrone è stufo: vuole la giovine adesso” (ibid., p. 79). Il problema non è ladulterio di Giovanni, un “capriccio” nelleconomia del matrimonio senza amore, bensì linvecchiamento della moglie:

Così volgeva al tramonto la sua giovinezza [di Edvige], così andava a finire nella miseria quel tesoro immenso di forza e di venustà, che le era parso inesauribile! Quelli che lavevano adorata, chella aveva creduto di dominare per sempre, ora le sfuggivano, la tradivano, labbandonavano. Tutto le sfuggiva; tutto, vale a dire la giovinezza, la bellezza, lamore (ibid., p. 93).

Il matrimonio deve essere indissolubile perché la precarietà della moglie aumenta con il tempo, anziché diminuire: con lintroduzione del divorzio “la povera fanciulla che avrà combattuto coraggiosamente per la sua virtù 107e la sua pace, potrà essere ripiombata nella tristezza e nellabbandono dopo un solo giorno di amore, o cacciata dalla casa in cui avrà vissuto ventanni consacrando ad essa tutte le sue forze sacrificandovi tutta la sua giovinezza!” (ibid., p. 32). Tutto si tiene, nelle contro-narrazioni matrimoniali messe in scena da Sperani: una volta eliminato il peso degli affetti, a cementare la coppia rimane solo il valore sociale del vincolo che deve essere salvaguardato. Riaffermandone lindissolubilità, Edvige torna a legare la funzione civile del matrimonio ai ruoli che definivano il genere femminile nellItalia postunitaria, quelli di moglie e madre:

– Il divorzio, voi dite, è una necessità!… Vi saranno dei casi, io non nego… posso farmi giudice di questi casi, io, mio caro amico?… Pur troppo vi sono tante mogli infelici! Ma almeno non sono in balìa del capriccio; la loro vita scorre tranquilla nelle pareti domestiche! Se il marito le tradisce, se perdono lamore, hanno i figli e la casa! E noi donne, se abbiamo cuore, se siamo vere donne, amiamo la casa quasi quanto i figli, e molte volte perdoniamo facilmente linfedeltà alluomo, che ci fa bella e dolce la casa. Voi invocate il divorzio! Voi volete chio lo approvi! Oh no, mai (ibid., pp. 31-32).

Nel prendere in esame questa idea dellindissolubilità come forma di tutela per le donne è opportuno ricordare che il punto di vista di Edvige e quello di Sperani non coincidono. È proprio sottolineando lipocrisia e degenerazione dellambiente sociale che sostiene lindissolubilità del matrimonio e la sua struttura patriarcale che Sperani può promuovere persuasivamente il divorzio. Cè tuttavia un personaggio marginale cui lautrice sembra attribuire il proprio punto di vista: il professor Rachelli. Su richiesta di Edvige, il professore interviene sul tema del divorzio, affermando:

– Quando sento dire che la soggezione in cui la società moderna vuole ancora tenute le donne, e quindi la indissolubilità del matrimonio, sono nellinteresse delle donne stesse, non posso fare a meno di pensare a ciò che mi fu detto una volta da un Musulmano. Si parlava della posizione delle schiave che hanno le donne in Turchia, ed io, come qualunque buon Europeo, non potei trattenermi dal dire francamente che quella era una cosa abominevole. Ebbene, il mio Musulmano mi rispose con altrettanta franchezza che avevo torto, e cercò di provarmi con molto sottili argomenti che la legge turca era tutta in favore delle donne, poiché altrimenti molte di esse sarebbero cadute in balìa dei più furbi e violenti, per essere poi abbandonate vigliaccamente alla miseria e al vituperio, come in Europa (ibid., p. 35).

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Il riferimento alla “soggezione” delle donne nella società rimanda al saggio The Subjection of Women di John Stuart Mill (1869), tradotto in italiano nel 1870 dalla già citata Anna Maria Mozzoni con il titolo La servitù delle donne. Questo richiamo non solo inserisce le affermazioni di Rachelli nel solco dellemancipazionismo lombardo, ma le lega alle critiche che la stessa Mozzoni rivolge alle istituzioni, e in particolare al codice Pisanelli (Dickmann, 2013, pp. 156-164). Altro elemento su cui richiamare lattenzione è poi il confronto tra due differenti culture: attraverso il Musulmano, Sperani rappresenta in modo decontestualizzato la condizione femminile in Italia. Creando un parallelismo tra la “schiavitù” delle donne turche e lindissolubilità matrimoniale – loggetto da cui prende le mosse il dialogo tra Rachelli e Edvige –, il Musulmano propone lambiente poligamico dellharem quale luogo protetto della femminilità.7 Sperani intende così criticare il doppio codice morale dellItalia postunitaria, incapace di affrontare un nodo problematico centrale in Nellingranaggio: quello della sessualità allinterno del matrimonio. Inoltre, il paragone tra la condizione delle donne italiane e quella delle donne turche permette allautrice di mettere in dubbio il concetto di protezione, laddove questa agisca quale limite alle libertà individuali. Lindissolubilità può essere concepibile come forma di tutela per le mogli solo in un contesto sociale che non prevede altri sbocchi oltre al matrimonio. In questo senso, lo scambio di battute tra il professor Rachelli e il Musulmano conduce a identificare lapparato legislativo come il prodotto di un punto di vista maschile che imprigiona le donne fingendo di tutelarle, e spinge a metterne in dubbio la capacità di cogliere e rielaborare eventuali esperienze alternative. Come il Musulmano, sembra dire Sperani attraverso laneddoto del professore, anche quanti si oppongono al divorzio non sono in grado di comprendere le ragioni profonde del disagio sociale femminile, limitandosi a proporre come rimedio la gabbia dorata dellindissolubilità matrimoniale.

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Voci di donne in un romanzo di uomini

Numeri e sogni: contestualizzazione
del tema del divorzio

Numeri e sogni racconta la storia di Adriano Superti, originario di Cafinardi nel bergamasco, che nel 1868 si trasferisce a Milano per completare gli studi di pittura e perseguire i propri sogni artistici. Il tema del romanzo è la mercificazione dellarte e, soprattutto nella prima parte, offre uno spaccato dellambiente scapigliato, che Superti frequenta assiduamente. In questo periodo il giovane incontra colleghi artisti, ma anche due donne: la modella Marietta, con cui ha una relazione sporadica ma intensa, e la stiratrice Carolina, molto sensuale e infedele, che convive more uxorio con il pittore Gadda. Superti deve però rientrare a Cafinardi dopo la morte del padre, da cui eredita la bottega di famiglia. Luomo accantona i propri sogni e sposa Filomena, pur ritornando frequentemente a Milano per sfuggire ai fastidi della vita domestica e non abbandonare del tutto la pittura. Dopo qualche tempo, Margherita, la sorella di Adriano, torna a vivere con la famiglia di origine: la donna infatti si è separata dal marito Enrico Gaetani dopo aver scoperto i suoi numerosi tradimenti. Qualche tempo dopo, Adriano accoglie in casa anche la nipote Eugenia Méry, di cui è tutore e con la quale condivide la passione per la pittura. In crisi con Filomena, Adriano si innamora della sua pupilla e le confida i suoi sentimenti, ma Eugenia rifiuta il suo amore e si trasferisce a Parigi, dove sposa un lontano cugino. Adriano soffre molto labbandono e Filomena gli propone, senza successo, di separarsi. Numeri e sogni si chiude così con una riflessione sulluniversalità del dolore e con una nota di speranza sulla possibilità di raggiungere la felicità.

La stessa Beatrice Speraz, nel redigere il proprio profilo biografico per Cronaca rossa di letteratura, scienza ed arte nel 1887, parla di Numeri e sogni affermando “di non aver voluto scrivere [] un romanzo basato sulla tesi del divorzio; daver voluto, invece, ritrarre un artista nobile e superiore, al quale la Natura aveva fatto dono di unanima appassionata e nobile, e ritrarlo nei suoi rapporti con la società e con la famiglia” (cit. in Zambon, 2016, pp. 404-405). In realtà, il tema del divorzio 110in Numeri e sogni non solo è presente, ma è espresso con più chiarezza che in Nellingranaggio. Tale argomento è affrontato attraverso le due figure secondarie di Margherita e Filomena: pur collocata su un piano secondario rispetto alla trama principale, la riflessione sul divorzio non è però trascurabile né accessoria, ma viene anzi, in questo modo, inestricabilmente collegata allanalisi della condizione femminile.

Lo sguardo che filtra il racconto è quello (maschile) di Adriano Superti: il romanzo è infatti incentrato sul suo percorso e soprattutto sul conflitto tra le sue inclinazioni artistiche e le necessità pratiche ed economiche che lo costringono a lavorare in bottega. Lincapacità di Superti di perseguire i propri ideali e integrarsi nellambiente piccolo borghese è cifra della sua inettitudine. Per dirla con le parole di Sperani, Superti è uno spostato, condannato dalla propria profonda sensibilità ad una condizione esistenziale di (auto)esclusione.8 Su questo sfondo prende corpo una riflessione sul matrimonio, ancora una volta inteso non come spazio degli affetti, ma come istituto sociale. Di qui lambiguità dimostrata da Superti, che da un lato rigetta la società tradizionale, ma dallaltro aspira a farne parte: anche se delegittima il matrimonio indissolubile ed è convinto che, “se una legge era stimata necessaria, essa avrebbe dovuto proteggere soltanto lamore condiviso” (Sperani, 1887, p. 186), Superti non prende alcuna iniziativa in relazione al proprio rapporto coniugale.

Il punto di vista maschile nella narrazione acquista un significato importante, perché fraintende o mette a tacere la soggettività femminile. Quello rappresentato in Numeri e sogni è un mondo abitato unicamente da uomini, un mondo in cui le donne entrano non come soggetti, ma come espressioni di ruoli, sociali o familiari. Da questo punto di vista, la realtà messa in scena da Sperani è leggibile sulla falsariga della teoria del dominio elaborata da Catharine MacKinnon (1987 e 2012), che legge la differenza di genere come una differenza di potere. Secondo questa prospettiva, la disparità tra uomini e donne è sistematicamente erotizzata: “con la supremazia maschile la reificazione in chiave sessuale è ciò che definisce le donne come sessuali e come donne” (MacKinnon, 2012, p. 11). La sessualità è da intendersi come luogo primario dellesercizio del potere maschile e “il contenuto della sessualità è lo sguardo che rende le 111donne oggetto del piacere” (ibid., 15). Le donne vengono quindi definite in base ai desideri e alle aspettative maschili, che influiscono anche sulla loro auto-percezione. Ad esempio, riflettendo sulla frequenza e la diffusione del tradimento maschile, Superti lo considera una sorta di “fatalità” (Sperani, 1887, p. 161). A supportare lidea dellinfedeltà come appendice necessaria al matrimonio concorre anche la saggezza popolare che “per secoli e secoli [] aveva divise le donne in oneste e disoneste, e niente altro” (ibid.). Questi due tipi di donne vengono ugualmente desiderati dagli uomini, anche se per ragioni diverse:

[Gli uomini avevano bisogno] delle oneste a tutta prova, incapaci di tradire il marito anche se non lo amano, per la sicurezza delle famiglie; e di quelle altre, per vivere, per sollevarsi dalle noie della vita moderna, borghese, monotona, per liberarsi dalleterno tormento dei desideri insoddisfatti (ibid.).

Matrimonio e sessualità non vanno daccordo: per questo agli uomini servono le “oneste” e le “disoneste”, per soddisfare i loro doppi desideri, sociali e sessuali. Come Edvige – ma con una problematicità a lei estranea –, Superti evidenzia la distanza tra amore e matrimonio. Tuttavia, se in Nellingranaggio ciò rappresentava un punto di partenza per rivendicare il diritto delle donne ad amare, in Numeri e sogni Adriano giustifica ladulterio maschile e ne getta “la colpa, o almeno una parte della colpa, sulle donne in generale” (ibid., pp. 160-161). Sia sulle “oneste” che, come la moglie Filomena, non sono in grado di risvegliare il desiderio; sia sulle “disoneste”, come lamante Carolina, che, invece, ne risvegliano troppo. Una simile prospettiva comporta un appiattimento dellidentità femminile perché, “meno rare eccezioni, tutte le qualità femminili erano andate sommerse in quelle due caratteristiche [onestà e disonestà], considerate essenziali” (ibid., p. 161). A questa visione del mondo si oppongono proprio i personaggi di Filomena e Margherita, due “oneste” che disattenderanno il modello muliebre loro imposto.

Il divorzio e Margherita:
una legge troppo giusta

In Numeri e sogni Margherita agisce unicamente in vicende di carattere matrimoniale o amoroso: i lettori e le lettrici la conoscono il giorno delle sue nozze con Enrico Gaetani, la incontrano ancora quando, esasperata dagli adulteri del marito, decide di separarsi, e ne seguono la liaison 112col pittore Alberto, che verrà consumata dopo il suicidio del marito. Separandosi, e quindi uscendo dalla sfera matrimoniale per affermare la propria volontà, però, Margherita destabilizza la sovrapposizione tra personaggio femminile e ruolo sociale e familiare:

Rientrando in casa, Margherita disse risolutamente che ritornava per rimanervi. Suo marito la tradiva e la insultava: ne aveva le prove: era finita. E non cercassero di persuaderla a un perdono impossibile. Se la lasciavano fare a modo suo, prometteva di essere tranquilla, di non dar noia a nessuno, ma se la tormentavano, non sapeva neppure lei a quale eccesso sarebbe potuta arrivare (ibid., p. 142).

La risoluzione di Margherita è un unicum in un romanzo in cui tutti i personaggi, Superti compreso, scelgono soluzioni di compromesso tra desideri individuali e norme sociali. Si tratta, dunque, di una vera e propria ribellione, non solo allordine familiare, ma anche allordine socio-legale rappresentato dal matrimonio. Al di là di questo episodio, però, il personaggio di Margherita continua a essere rappresentato mediante riferimenti a caratteristiche ritenute tradizionalmente femminili, quali la remissività, la dolcezza e la domesticità. Dopo la separazione “Margherita [] completamente guarita dal suo amore per Enrico, e quindi anche da ogni gelosia, ritrovava la grande indulgenza delle donne belle e buone” (ibid., p. 176). La nota stonata, in questa atmosfera serena, è lamore che Margherita prova per Alberto, che non può avere nessuno sbocco legittimo. Soprattutto in una società come quella descritta in Numeri e sogni, in cui è tanto netta la separazione tra donne oneste e disoneste, la sessualità femminile non può esprimersi al di fuori della sfera matrimoniale:

Ella [Margherita] non voleva cedere [allattrazione verso Alberto]. Il disonore le faceva spavento. Aveva paura di discendere alla pari di quelle donnaccie che erano le ganze del suo marito. Il linguaggio della provincia conosce poche transazioni; e il giudizio è rigido là dove gli uomini sono generalmente grossolani e prepotenti, e dove le donne vivono sottoposte a una legge ferrea, che non le salva dal disprezzo. In tale frangente, Margherita si attaccò a una nuova speranza, che le parve sicura (ibid., p. 257).

Per uscire da questa impasse, infatti, Margherita segue attentamente liter di una legge sul divorzio di recente presentata in Parlamento. Si tratta di uninvenzione letteraria di Sperani, priva di riferimenti specifici, 113volta a riflettere sul modo in cui le donne parteciparono in maniera solo marginale e inefficace al processo di legiferazione. Significativi sono il lessico e il tono con cui lautrice rappresenta gli sforzi, a un tempo ingenui e ridicoli, con cui Margherita tenta di comprendere la vicenda parlamentare:

Lei [Margherita], che della politica sapeva appena il nome, si mise a leggere improvvisamente, con avidità, tutti i giornali che arrivavano al caffè Superti. Non erano molti, ma abbastanza da darle da fare. Era pietoso e comico nel medesimo tempo, laccanimento con cui quella dolce creatura leggeva i resoconti della Camera, notava i nomi dei deputati più radicali, quelli, su cui aveva imparato che poteva contare; e lattenzione con cui teneva dietro ai programmi, alle commissioni, a tutti gli avvenimenti politici; affaticandosi per intendere: meditando, pigliando dei granchi sorprendenti (ibid., p. 258).

Le donne come Margherita, con una scarsa cultura, pochi mezzi e ancora minore conoscenza del mondo, sono incapaci di seguire un iter legislativo e comprenderne lo svolgimento: è questo un primo scoglio che impedisce loro di partecipare, anche solo passivamente, ai processi di formazione delle leggi. Eppure, la loro prospettiva offre una visione inedita del divorzio e dei suoi effetti:

Con una ingenuità veramente femminile e provinciale, [Margherita] cominciò a sognare una vera trasformazione delle leggi sul matrimonio; e simmaginò di aspettare questa riforma. [] Pensava, che in Italia vi dovevano essere tante donne, a cui la legge aveva accordato la separazione, né libere, né maritate, infelici e sempre in pericolo di far del male; pur troppo anche di mettere al mondo… dei disgraziati! … (ibid., p. 257).

La legge discussa è vista da Margherita come unoccasione per una rilettura del matrimonio e, soprattutto, per un miglioramento della vita delle donne separate. Tuttavia, fa notare Sperani, si tratta di una speranza scarsamente aderente alla realtà in cui il personaggio si muove. Ciò però non impedisce una riflessione sulle funzioni dei rappresentanti istituzionali, riflessione che per diversi aspetti ricorda quella formulata da Cordelia in Catene. In entrambi i romanzi si discute della necessità che la classe dirigente intervenga a favore delle categorie emarginate. A differenza di Catene, in Numeri e sogni la questione è affrontata da una prospettiva ingenua: inizialmente Margherita guarda al corpus di leggi come un prodotto oggettivo e neutrale, ispirato da una giustizia inclusiva:

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“Non era già assai strano, che non vi avessero pensato prima?”, si chiede la donna informandosi sullandamento della legge sul divorzio: “Certo che era in causa del gran da fare che avevano sempre!… Almeno, così si sentiva dire… Ma un giorno o laltro vi dovevano pensare: era troppo giusto!… E quello che era giusto un giorno o laltro lo si faceva. Come dubitarne?” (ibid.).

Nelle prime riflessioni di Margherita, le autorità appaiono come figure demiurgiche fuori dalla realtà e dai poteri illimitati: si parla del “Re”, del “Governo”, di “quei grandi personaggi che facevano e disfacevano le cose” (ibid.). A frustrare questa visione ideale dei legislatori e della loro opera è proprio il fallimento della proposta di legge sul divorzio:

Ella [Margherita] si dovette persuadere che la legge sul divorzio non premeva a nessuno di quegli uomini politici, a nessuno di quei mariti, a nessuno di quegli amanti, abituati a godere le comodità e i privilegi del matrimonio indissolubile. E i giornalisti che ne parlavano, se mai dava il caso che ne parlassero! Per alcuni era un delitto, un sacrilegio, un attentato alle istituzioni; per gli altri… una cosa assolutamente inutile e noiosa di molto! (ibid., p. 258).

Il disinteresse della classe politica e dellopinione pubblica è dunque spiegato attraverso una prospettiva di genere. Nella classe dirigente si riconosce una microcomunità formata unicamente da uomini, il cui sguardo situato sulla realtà è influenzato dai loro ruoli sociali di “mariti” e “amanti”, dunque diretti beneficiari dei privilegi del matrimonio indissolubile. “Equal access to divorce for women struck at the heart of masculine privilege in marriage” (Seymour, 2005, p. 299): promuovere il divorzio significava, nella realtà postunitaria ritratta in Numeri e sogni, rinunciare a una parte del potere maschile e rivedere la costruzione culturale dei generi sessuali.

“La moglie predestinata”:
Filomena e il matrimonio

Anche in Numeri e sogni, Sperani evidenzia limpostazione gerarchica del matrimonio borghese, che esiste a prescindere dalle ragioni che hanno condotto allunione. Lo testimonia la descrizione del festeggiamento per i matrimoni di Margherita e Luisina, le due sorelle di Adriano Superti, che si conclude proprio accentuando le nuove facoltà acquisite dai mariti: “E i due mariti esercitarono il primo atto di autorità coniugale, obbligando le loro spose a seguirli, non senza un forte senso di orgoglio” (Sperani, 1151887, p. 70). Per rappresentare il consueto allontanamento delle spose dalla casa paterna Sperani ricorre al campo semantico della coercizione, legato al tema dell“orgoglio” maschile. Lepisodio, nella sua banalità, evidenzia come assumere lo status di marito significasse acquisire un potere patriarcale sulla propria moglie (Seymour, 2005, pp. 300-301). Inoltre, questo dato permette di guardare da una diversa prospettiva limportanza dellatto della scelta dello sposo: sebbene entrambi i matrimoni siano contratti in conformità ai desideri delle due sorelle,9 nei fatti questa scelta non implica una possibilità di emancipazione per le spose, bensì un passaggio dallautorità del padre a quella del marito.

Inoltre, il binomio protezione/obbedienza crea dinamiche coercitive allinterno della coppia, perché il marito, che ricopre la funzione di protettore, ha il diritto di stabilire le modalità con le quali la moglie, che gli deve obbedienza, deve adempiere i suoi compiti (Pateman, [1988] 2015, pp. 103-105). Tali dinamiche impediscono una piena espressione della personalità della donna nel ménage. Questultimo aspetto è centrale nella costruzione del personaggio di Filomena, che subisce profondamente gli effetti della centralità del punto di vista maschile. La donna è ritratta solo nelle sue funzioni sociali di moglie e madre, e non appare mai compiutamente come soggetto della narrazione, finché non si confronta con la possibilità di separarsi. Prima di quel momento è “la moglie predestinata nella istituzione sociale del matrimonio” (Sperani, 1887, p. 95): a tale investitura concorrono le sue virtù private, che sono quelle passive della docilità, della mitezza e della modestia, e la sua formazione: “anche qui [come ne Il marito], dietro le strutture del romanzo sentimentale emergono i temi tipici della Sperani: [tra cui] il 116problema dellineducazione della donna nella famiglia, ovvero i rischi di uneducazione solo nei sentimenti” (Colummi Camerino, 1994, p. 82). Educata a una visione stereotipata del rapporto tra i sessi e a una rigida religiosità, Filomena non è una figura di moglie inconsueta o isolata, ma “un modello di quelle donne, che la società educa per il mantenimento della razza legale, con la consegna di passare traverso la vita, rimanendo sorde e cieche alla verità” (Sperani, 1887, p. 166). In Numeri e sogni, lautrice evidenzia linadeguatezza del bagaglio formativo delle donne per penetrare la complessità dei rapporti tra i sessi. La distanza fra i precetti interiorizzati e la realtà è una delle cause dellinfelicità femminile, in questo caso, in ambito matrimoniale: “un giorno o laltro [quelle donne] aprono gli occhi: ma è quasi sempre troppo tardi e la società ha vinto il giuoco” (ibid.).

Sperani si riferisce anche alla sfera sessuale, sulla quale Filomena non ha “alcun concetto adeguato del vero: nessuna idea del continuo bisogno di sensazioni vive, di gioie intense, o di distrazioni, che tutti gli uomini hanno; nessun sospetto delle battaglie intime e dolorose, che assalgono i più onesti e così spesso li vincono” (ibid.). Le parole sono di Adriano, e vanno contestualizzate allinterno della sua riflessione sulladulterio: Filomena non è in grado di comprendere quei bisogni maschili – pulsionali e sociali – che trovano sfogo, rispettivamente, nelle donne “disoneste” e “oneste”. Ciò ha a che fare anche con lesperienza femminile della sessualità: il sesso, nel matrimonio, è finalizzato alla procreazione, e non al piacere: le pulsioni di Filomena non trovano spazio nel narrato, che è filtrato dal punto di vista di Adriano, perché la società ritratta in Numeri e sogni non contempla il piacere delle donne e insegna loro a vergognarsi del proprio desiderio.

Nel romanzo cè una figura femminile che fa da contrappunto a quella di Filomena e, in qualche modo, ne prefigura il destino: Irene Superti, la madre di Adriano. Irene ha infatti un percorso simile a quello della nuora: le due donne condividono la stessa educazione ed entrambe vivono il rapporto con i mariti nel segno di una “devota sottomissione”, di un “pudore tenace” e di una “tenace riservatezza” (ibid., p. 117). La loro sfera emotiva si manifesta non nelle pulsioni sessuali, ma nellamore materno:

Lamore materno consacrato dalla leggenda, esaltato fino allesagerazione dai poeti e dai moralisti può mostrarsi in tutta la sua gloria: è il solo sentimento, dopo lamore figliale da cui deriva, che le donne educate severamente, 117impregnate di religiosità, che hanno la coscienza piena di scrupoli, e lo spirito pieno di tortuosità, osino manifestare liberamente, sinceramente, se occorre anche esagerare un pochino (ibid.).

Irene Superti incarna le figure della femme nerveuse e della madre, considerate da Michel Foucault ([1976] 2014, p. 92) come i due estremi del processo di isterizzazione del corpo della donna. Dopo il matrimonio dei tre figli, la vedova esibisce comportamenti isterici, che vengono ricondotti allabusata categoria della malattia di nervi:

Malattia di nervi, era la frase accettata: in fondo, quello stato morboso non era che il risultato visibile di varie cause complicate. Si trattava di tutta una vita sbagliata. Impossibile indovinarne i particolari. Lei sola avrebbe potuto dirli, se lei avesse compreso. Era un temperamento sfortunato: fibra sensibilissima, immaginazione ardente, carattere scontroso, fiero: principii solidi, pregiudizi intangibili. [] Ma il peggio, secondo il dottore, era di essere rimasta vedova troppo presto. Bastava che si fosse rimaritata, oppure che fosse stata una donna… come tante altre; per esempio come la vedova Santini! (Sperani, 1887, pp. 125-126).

Nelleziologia delle crisi isteriche di Irene ha un forte peso lelemento sessuale. Il rapporto tra medico e paziente in Numeri e sogni può infatti essere letto alla luce della progressiva medicalizzazione della sessualità che, secondo Foucault, si sviluppa proprio nel corso del XIX secolo. Questa è definita come qualcosa che “è per natura un territorio aperto a processi patologici e che invoca dunque interventi terapeutici o di normalizzazione; un campo di significati da decifrare; [] una parola oscura che bisogna contemporaneamente stanare ed ascoltare” (Foucault, [1976] 2014, pp. 63-64). Irene è la sola a essere a conoscenza degli eventi che lhanno condotta allisteria, ma non ha gli strumenti adatti per comprenderli: la sessualità è fonte di verità a cui lindividuo può accedere solo attraverso la fusione tra scienza, rituali e pratiche di confessione. Nel caso di Irene Superti, questa verità non solo è latente, ma è sgradita. Nel sentire la diagnosi del medico, ad Adriano

venne in mente che se sua madre avesse sospettato quello che il dottore diceva di lei, non gli avrebbe perdonato mai più; lei, che parlava di bruciare vive le donne troppo inclinate allamore; lei, che sentendo raccontare di suicidi, o di altri delitti, commessi per questa passione, soleva esclamare con la più alta espressione di disprezzo: Per quello stupido amore! (Sperani, 1887, p. 126).

118

Il presente di Irene anticipa il futuro di Filomena, scelta dalla suocera come sua erede ideale:

[Irene] aveva cercato di dargli moglie [ad Adriano], perché non andasse lontano, e Filomena le era parsa inoffensiva e sottomessa. Daltra parte, Adriano non aveva mai mostrato per quella giovane una inclinazione troppo viva, capace di destare la materna gelosia. Anzi, la Irene si era persuasa, che suo figlio facesse un matrimonio serio – come ella diceva – un matrimonio di ragione, molto anche per deferenza verso la volontà della saggia e buona madre, che lei era (ibid., p. 118).

Laffinità tra le due donne, inserita in un contesto di profonda rivalità,10 come accadeva in Nellingranaggio, permette a Sperani di rappresentare gli effetti che un certo modello muliebre può esercitare sulla vita femminile. È così che la decisione di Filomena di separarsi radicalizza il rifiuto non solo del suo nucleo familiare, ma anche della tipologia del matrimonio borghese più in generale.

“Ho la moglie, ma non la donna”:
matrimonio e sessualità

Lidea che il discorso sul sesso possa produrre o esplicitare verità sullindividuo non riguarda solo Irene, ma anche allo stesso Superti. Filomena vive infatti una vera e propria epifania quando ascolta di nascosto Adriano che si lamenta del proprio rapporto matrimoniale:

Discorrevano [Adriano e Chelucci] delle solite cose, di arte, di artisti, di Milano; ella non vi badava nemmeno. Ma Adriano parlava con accento doloroso. Dio! Come doveva essere triste quella sera! Questo la impressionò: ascoltò con maggiore attenzione. Egli si lagnava della vita che faceva, di sua madre, della bottega… E tutto a un tratto, come se gli fossero sgorgate direttamente dal cuore disse queste parole: “E poi, io ho la moglie, ma non ho la donna!” (ibid., p. 198).

La figura della “moglie” e quella della “donna” non coincidono perché Filomena è stata desessualizzata. Ciò è anche conseguenza 119dellatteggiamento assunto da Adriano verso la sessualità durante il suo soggiorno giovanile a Milano. Gli incontri con la modella Marietta e la stiratrice Carolina gli permettono infatti di vivere il sentimento amoroso nelle sue valenze destabilizzanti di amour-passion. Se la provvidenziale scomparsa di Marietta conduce a una purificazione post mortem delle pulsioni provate nei suoi confronti,11 ciò non avviene per Carolina, che rappresenta invece un esempio di seduttività perturbatrice.

Attraverso il personaggio di Carolina viene inoltre messo in scena un esempio di convivenza more uxorio, esperienza verso la quale Adriano prova un certo disagio, dimostrando di riuscire a conciliare solo in parte la sua visione del mondo borghese con la realtà scapigliata. Si tratta tuttavia di un tipo di relazione importante perché differente da quella matrimoniale, caso tanto più interessante perché raro nella letteratura delle donne di questo periodo.12 Adriano, invitato da Carolina e dal pittore Giulio, si stupisce per “lordine, il benessere che regnavano nella loro casa”, laddove “egli si era sempre figurato che a tali amori dovesse essere compagno il disordine, lozio, la decadenza!” (ibid., p. 40); tuttavia, lartista non può non guardare la convivenza con sospetto, pensando “che lui, al posto di Giulio, non se ne sarebbe fidato [di Carolina]”, a causa dellimmagine erotizzata che ha della donna: “Laveva seduta di fronte e la guardava negli occhi, certi occhi umidi, luccicanti, di gatta in amore. Come dovevano baciar bene, però, quelle sue labbra sottili e vermiglie! Quei dentini, come dovevano mordere!” (ibid., p. 41).

Gli esiti della relazione more uxorio gli daranno ragione, poiché si concluderà proprio a causa dellinfedeltà sessuale di Carolina (che rimane, però, implicita nel romanzo). Lallontanamento della donna conferma, agli occhi di Adriano, una sorta di dicotomia tra la seduttività femminile incarnata da Carolina, e le caratteristiche di una buona moglie, possedute invece da Filomena. Di qui la scelta di sposare questultima, come spiega Adriano al collega Chelucci:

120

– Lami dunque adesso questa Filomena? – poté [Adriano] rispondere con un certo orgoglio:

– Che vuoi! Almeno è una ragazza onesta, e non mi preparerà mai una brutta sorpresa! … (ibid., p. 100).

Lorgoglio che connota le parole di Adriano sottolinea il rapporto profondo che nel matrimonio postunitario esisteva tra onore maschile e condotta sessuale femminile. Si comprende, su queste basi, perché lo scarso trasporto provato dal pittore nei confronti della fidanzata sia non solo una rassicurazione, ma la garanzia di una ragionevole impostazione del rapporto matrimoniale. Eppure, almeno inizialmente, “quel matrimonio di ragione prese le apparenze di un matrimonio di passione” (ibid., p. 111). I primi mesi del rapporto tra Adriano e Filomena rappresentano il punto ideale del processo di sovrapposizione tra i dispositivi di alleanza e di sessualità. Quanto di destabilizzante era presente nellesercizio della vita sessuale viene integrato con successo nellambito istituzionale: Adriano non soltanto può “posseder[e] [Filomena] senza vergogna”, ma può “gloriarsene” (ibid., p. 112). In questo momento, la donna e la moglie sono coincidenti, proprio perché la sfera sessuale è legittimata nel contesto matrimoniale: “Adriano trovava in essa la donna, che il destino finalmente accordava al suo cocente desiderio, col consenso della società e della legge” (ibid.).

Levoluzione del rapporto conferma però come la sovrapposizione teorizzata da Foucault non sia né lineare né definitiva, ma soggetta a continue contrattazioni anche allinterno dello stesso nucleo familiare: larmonia tra i due dispositivi si interrompe infatti dopo la prima gravidanza di Filomena. Come Irene, anche Filomena canalizza le proprie pulsioni nellamore materno e dà segni di freddezza che Adriano le rimprovera acerbamente. In realtà, lintensità degli affetti di Filomena non diminuisce, ma viene rifunzionalizzata dallesperienza fisica e simbolica della maternità. È a questo punto che la moglie, “tutta compresa della propria importanza fisiologica” (ibid., p. 121), si distacca definitivamente dalla donna. La maternità influenza la vita sessuale della coppia in base a norme e usi socialmente stabiliti, che definiscono i comportamenti dei coniugi:

[Filomena] rammentava gli entusiasmi dei primi mesi; ma non le faceva senso che fossero passati. Questo entrava nellordine: un padre di famiglia non poteva contenersi come uno sposino. Anzi, sarebbe stata mortificata, se il suo 121Adriano avesse ancora fatto delle ragazzate, compromettendo la sua serietà, e ridestando la sopita gelosia della madre (ibid., pp. 165-166).

Al contrario di Filomena, Adriano inizia invece a percepire il matrimonio come un tranello: “prima di sposarsi non gli era mai balenato che il vivere insieme, il dormire nello stesso letto, il dare la vita a dei figli, senza essere trasportato luno verso laltro da un desiderio irresistibile, potesse recare tanta noia e tristezza nellanimo nostro” (ibid., p. 119).

Linfelicità matrimoniale:
strategie di rappresentazione

Si è fatto riferimento al momento epifanico in cui Filomena ascolta, non vista, le confessioni di Adriano. La verità di Adriano che Filomena non riesce a cogliere ha anche un altro significato, che riguarda la sfera sentimentale:

Ah! Come laveva voltata e rivoltata [Filomena] quella terribile frase!

Che cosa voleva dire?

Che lei non era una donna… vale a dire che non era bella… che era brutta, che non gli piaceva, a lui! … Forse anche, che non capiva le cose, la vita, come egli avrebbe voluto! Che non intendeva i suoi desideri? … Forse? … (ibid., p. 199).

Lo scollamento tra la “moglie” e la “donna” è effetto non soltanto della freddezza sessuale, ma anche del crescente tedio che Adriano prova nei confronti di Filomena:

Lamore finiva. Ovvero, quel raggio di amore che li aveva illuminati un istante, li abbandonava. Ricadevano fatalmente nelle tenebre di una vita muta, fredda. Egli [Adriano] non poteva più nasconderselo: sua moglie aveva ben poche attrattive per lui. Lo annoiava. Che peccato! Avrebbe pianto per langoscia. Sentiva tutta lamarezza di quello stato di cose. Ma perché lo annoiava? In che cosa era cambiata? Prendeva tutto su un tono tragico… Era forse questo? Non aveva abbastanza cura di sé… Durante lallattamento, qualche volta non era neanche abbastanza pulita… Questo era! … [] Filomena era anche fredda di indole. Non possedeva lintelligenza della voluttà (ibid., p. 126).

La profonda incomunicabilità che caratterizza il rapporto tra i due coniugi è resa attraverso lassenza di dialoghi tra loro. Da un punto di vista sociologico, il nucleo Adriano-Filomena si colloca agli antipodi della 122coppia-conversazione, costruita sul confronto dialogico tra membri che mantengono la propria individualità, e si presenta invece come un esempio di coppia fusionale: con questa espressione si intende una particolare forma del nucleo coniugale intimo “in cui ciascuno si dona (e perde) nellaltro a favore della coppia e della famiglia” (Saraceno, 2012, p. 53). Questa fusione, che comporta la rinuncia a una parte della soggettività dei partner per il bene della coppia, presenta asimmetrie di genere determinate dal diverso valore che uomini e donne attribuiscono al legame. Nel ménage di Filomena e Adriano, questa asimmetria è amplificata dalla struttura giuridica e sociale del matrimonio in età postunitaria. Se per Margherita e per Luisina la costruzione autoritaria del matrimonio si concretizza nellabbandono della casa paterna, per Filomena si definisce mediante i rari scambi dialogici con Adriano, riportati in forma indiretta. Le sue battute, inoltre, sono sempre introdotte da lemmi che rinviano alla coercizione prima, e al silenzio poi. Nei primi tempi del matrimonio, Adriano “interrog[a]” e Filomena “confess[a]” (Sperani, 1887, p. 120); alla fine del rapporto, Adriano riprende il pianto della moglie commentando: “Maledette femmine! [] Non sapete che gemere” (ibid., p. 220). Inoltre, lassenza di scambio dialogico è esplicitamente interpretata da Filomena quale segnale di irrimediabile degrado della coppia: “Non si parlava mai fra quelle pareti; chi sa da quanto tempo quelle belle tappezzerie, quei mobili dalle forme voluttuose, per cui la vedova Superti aveva tanto brontolato nei primi anni, aspettavano una scena allegra, un dialogo animato” (ibid., pp. 300-301).

Attraverso il silenzio tra i coniugi, Sperani introduce il tema dellincompatibilità caratteriale, fonte di sofferenza e umiliazioni per la moglie, e quindi simile almeno in parte agli adulteri subiti da Margherita. Mettere sullo stesso piano gli effetti dellinfelicità matrimoniale e quelli delladulterio comporta unattenzione per il dato umano che non si registra, invece, nel coevo dibattito parlamentare. Tra le proposte di legge discusse in Parlamento prima delledizione di Numeri e sogni, infatti, solo quella di Salvatore Morelli del 1878 prevedeva lincompatibilità come possibile causa di divorzio; tuttavia, per poter essere preso in considerazione, tale motivo avrebbe dovuto essere comprovato da contrasti e disordini che impedissero una regolare convivenza fra i coniugi. Torna in evidenza il modello del divorzio-sanzione: lo Stato, chiamato a giudicare e a distribuire le colpe tra i coniugi, doveva potersi basare 123su dei dati quantificabili, mentre era impossibile valutare il grado di incompatibilità. Lassenza di dialogo in Numeri e sogni evidenzia invece come le dinamiche generate dallinfelicità matrimoniale, seppure non violente, possano comunque defunzionalizzare i diritti e gli obblighi matrimoniali.

A proposito di Nellingranaggio si è osservato come la coabitazione, la mutua assistenza e financo la fedeltà potessero sottrarsi, nella loro espressione giuridica, alla logica degli affetti. Allo stesso modo, Filomena deve riconoscere che lobbligo degli sposi a “vivere insieme, invecchiare insieme, fino a che luno dei due fosse morto” (ibid., p. 199), non era in alcun modo legato al loro effettivo benessere. Anzi:

Intanto, nulla di più triste della vita che lei stessa [Filomena] conduceva. Adriano la trattava come un vecchio mobile di casa, a cui era avvezzo e non badava. In certi momenti forse riesciva a dimenticarne perfino lesistenza. Il “talamo” come la “mensa”, li avvicinava senza unirli. Non osavano parlare di una separazione di camera, sebbene tutti e due ci pensassero (ibid., p. 300).

Non è un caso che Filomena faccia riferimento alla communio tori et mensae della tradizione giuridica e canonistica: il richiamo esplicito ai due luoghi e momenti della condivisione intima coniugale sottolinea come, malgrado lininterrotta relazione tra i due sposi, il rapporto sia ormai puramente formale.

Il recupero della voce femminile

La proposta di separazione costituisce il culmine del percorso che porta Filomena a prendere coscienza di sé, percorso caratterizzato da una radicale revisione di “tutto quello che ella aveva imparato a conoscere coi nomi di virtù, di diritto, di colpa, di dovere” (ibid., p. 294). È questo un ribaltamento importante perché, in Numeri e sogni, Filomena non esiste come soggetto in sé, ma è rappresentata sempre come un modello muliebre. È solo quando prende atto delle conseguenze profonde di questo modello e, sconfessandolo, mette in dubbio la propria unione, che Filomena riesce ad esprimere la propria soggettività altrimenti negata. Magistrale e crudele è la scena del ballo che spinge Filomena a prendere coscienza della verità: spinta dal desiderio di riconquistare Adriano, la donna indossa il vestito delle nozze per partecipare a una festa paesana. La scelta dellabito non è priva di significato se si tiene a mente la felicità 124che aveva caratterizzato linizio del rapporto tra i due sposi. Sperani, non a caso, rievoca il ricordo per i suoi lettori e le sue lettrici:

Ora voleva vestirsi, farsi bella… Anche alla festa da ballo voleva andare. Ma che abito si sarebbe messa? Non aveva che labito da sposa, di seta color rubino; era un colore che stava bene alle brune; glie lo aveva fatto prendere la sua matrigna, che se ne intendeva… Difatti, quel giorno, Adriano aveva trovato che le stava dincanto. Dio! … Quel giorno! … Non erano passati che quattro anni e mezzo, ed era già così lontano! … Perché mai il tempo era così breve, eppure così lungo? Perché la felicità appena cominciata cadeva come se fosse stata decrepita? … Ma non doveva cadere: non doveva. Voleva farla rifiorire” (ibid., pp. 200-201).

Daltro canto, il gesto indica anche il desiderio di tornare a prendersi cura di sé, pratica che Filomena aveva trascurato per attendere alle necessità dei figli e della bottega. Al ballo, Adriano inizialmente non riconosce la moglie; quindi:

Egli capì, e provò un senso di disagio. Una doppia corrente di intenerimento pietoso e di inesplicabile paura lo paralizzò. Impallidì e chinò la testa con un movimento rapido, quasi involontario.

Subito la rialzò, sorrise…

Troppo tardi!

Senza capir tutto, Filomena aveva ricevuto il colpo. Le sue ginocchia si piegavano; fece un passo falso, perdette il tempo, e si fermò (ibid., pp. 208-209).

La vergogna provata da Filomena sarà poi il motore della riflessione che la condurrà a volersi separare. Malgrado la separazione sia rappresentata come un sacrificio (in questo modo la donna intende favorire lamore tra Adriano e Eugenia), alcuni elementi permettono tuttavia di riconoscere in tale atto qualcosa di più. Separandosi Filomena infatti si allontanerebbe dai principi ai quali era stata educata e sarebbe in grado di sviluppare un personale piano di indipendenza economica;13 inoltre, la separazione è rappresentata attraverso un dialogo, che vede per la prima volta i due coniugi interagire “da buoni amici” (ibid., p. 304). Insomma, da oggetto dello sguardo, Filomena diviene interlocutrice, riempiendo con la propria voce le lacune di una realtà (femminile) fino a quel momento solo parzialmente narrata:

125

Allora ella ritornò sul passato: narrò quello che aveva sofferto, compreso, pensato negli ultimi anni della loro penosa esistenza, dalla sera in cui aveva udite per caso quelle parole: “Ho la moglie, non ho la donna!”. Confessò le lagrime, le ribellioni, le sorde collere, i rancori, i progetti di vendetta, le speranze, i sogni, indi la pietà, limmensa pietà e i nuovi pensieri sorti con essa (ibid., p. 305).

Numeri e sogni si chiude con il rifiuto di Adriano di accettare la separazione e con una generale nota di speranza e pietà. Felice Cameroni, recensendo sul Sole il romanzo, afferma che solo a coloro che sono “miopi dintelligenza, o senza cuore” sfugge la confortante conclusione di Numeri e sogni. In essa Sperani si eleva “ai vasti e generosi ideali altruistici del Tolstoi. Aiutare i sofferenti e perdonare gli errori di quelli, che inconsciamente fanno soffrire” (Cameroni, 1974, pp. 286-287). Uno dei significati del romanzo, e la consapevolezza cui Adriano in chiusura giunge, è certamente la relativizzazione del confine tra vittima e carnefice, perché “quello che forma la nostra più grande miseria” è “il male che si possono fare a vicenda le creature buone, quelle che si amano, quelle che si vogliono bene” (Sperani, 1887, p. 294). E tuttavia, leggendo Numeri e sogni dal punto di vista delle sue protagoniste femminili, si comprende che questa morale è del tutto insufficiente. Se Adriano riesce a superare il proprio dissidio interiore, ciò non accade invece per Filomena:

Inutile! Lei [Filomena] non doveva sperare alcun risarcimento per la sua vita perduta: il premio della virtù era una derisione!

Questo pensiero amaro, tanto contrario alla sua indole, le parve intollerabile. Tutto a un tratto si scosse:

– Bisogna che ritorni a casa: i ragazzi mi cercheranno. Del resto, non ho più niente a dirti. Torneremo a fare la stessa vita, forse più sconsolata di prima.

[] Che cose fredde le toccavano a lei, sempre… Stima, ammirazione… Ah! Perché non un po damore? … Ora capiva perché era tanto mutata: aveva imparato che nessun sentimento supplisce lamore, che la felicità è nellamore o in niente (ibid., p. 309).

Sebbene Numeri e sogni, come Nellingranaggio, si concluda con la conferma delle logiche sociali del matrimonio borghese, Sperani valorizza il sentimento amoroso come prerogativa della felicità individuale. È questa nuova consapevolezza che permette a Filomena di distaccarsi dalla propria educazione e di formulare una nuova visione del rapporto matrimoniale e di se stessa. Sotto questo punto di vista, il personaggio di Bruno 126Sperani è ancora distante dalla presa di coscienza della Nora ibseniansa, con la quale, tuttavia, condivide il tentativo di esprimersi al di fuori del proprio ruolo sociale di moglie e madre.14 Per una rappresentazione lucida e non ambigua di questo desiderio sarà necessario aspettare il 1906 e ledizione di Una donna di Sibilla Aleramo: romanzo che, non a caso, Sperani recensirà entusiasticamente, definendolo un “documento in favore del divorzio” e un “atto di protesta contro le inique leggi e i più iniqui pregiudizi che gravano sul destino femminile” (Sperani, 1907, p. 2).

1 Sulla figura e lopera di Bruno Sperani cfr. Colummi Camerino, 1994, Baio, 1999, Fonda, 2000, Zambon, 2004, 2011 e 2016.

2 “Se ella [Edvige] – senza parere – gli [a Giovanni] avesse offerto il mezzo di soddisfare il suo capriccio di cuore, senza disagio, né chiasso?… Gilda tornava al suo posto, la zia era guarita; non cera nulla di strano. La vicinanza avrebbe fatto il resto, ella li avrebbe lasciati liberi, sorvegliandoli però attentamente, per essere sempre padrona dintervenire. Col tempo, se la piccina diventava troppo invadente, ella avrebbe certo trovato il mezzo di sbarazzarsene, e allora, daltra parte, linfedeltà del marito le avrebbe fornito unarma di difesa, che ora le mancava” (Sperani, 1885, p. 130).

3 Sul punto si veda Bizzocchi, 2008. La valenza simbolica del cicisbeismo nel contesto dellItalia preunitaria è trattata anche da Tatiana Crivelli (2012) attraverso lanalisi della disputa letteraria tra Lady Morgan e Ginevra Canonici Fachini.

4 A queste logiche sono riconducibili anche gli atti di violenza domestica esercitati dal marito sulla moglie: cfr. Cavina, 2010 e 2011, e Novarese, 2014.

5 “A tavola egli [Giovanni] la [Gilda] guardò due o tre volte con quei suoi occhi grigi e freddi, che le penetravano nel cervello, come due sottilissime punte dacciajo. Erano di quelle occhiate che spogliano una donna, e a lei facevano unimpressione penosa, mista di soggezione e inquietudine” (ibid., p. 13).

6 “Se [Sabina] era tanto sciocca da voler far passare per nullo un matrimonio legittimo, soltanto perché lo avevano contratto in un paese dove si ammetteva il divorzio, era chiaro che pure le altre storie [le maldicenze su Edvige] dovevano essere false: niente più che invenzioni assurde e maligne” (ibid., p. 18).

7 Lharem trova posto nellimmaginario collettivo italiano, fin dal Rinascimento, come simbolo di una radicale alterità culturale (cfr. Formica, 2012) e conosce diverse rielaborazioni letterarie, tra cui quella offerta da Cristina Trivulzio di Belgiojoso nei reportage La vie intime et la vie nomade en Orient (1855) e Asie Mineure et Syrie, souvenirs de voyage (1858).

8 Altri esempi di questo tipo umano rappresentati da Sperani sono: Fausto Lamberti in Il romanzo della morte (1890), Leopoldo Mandelli in Emma Walder (1893), e Paolo Venturi in Signorine povere (1905).

9 A proposito di Luisina cfr.: “Quello [il marito] della Luisina era un droghiere di Bergamo, certo Paolino Rinaldi, uomo di trentanni, dotato di una parlantina facile e di un istinto commerciale pronunciatissimo; accanito al lavoro. [] Dal lato dellinteresse, questo della Luisina era adunque un matrimonio eccellente. Lorenzo Superti [il padre] ne era soddisfattissimo. La Luisina aveva confessato a suo fratello Adriano che lei era felice. [] Senza essere ancora avara, ella amava il denaro. Nei suoi occhietti grigi brillava una fiamma sottile di concupiscenza, accesa dalla visione delloro” (ibid., p. 58); e per Margherita cfr.: “Lorenzo Superti non approvava questo matrimonio. Avrebbe preferito che Margherita avesse sposato un lavoratore, come Luisina. Ma la passione della fanciulla si era imposta” (ibid., p. 59); “Se la passione di Margherita non si fosse imposta anche a lui [Adriano] come al padre, se ella non fosse stata una ragazza così nervosa e delicata, egli avrebbe cercato di mandare a monte quel matrimonio. Ora si rammaricava di non essere stato più forte, di non aver parlato più risolutamente con sua sorella. Ma era troppo tardi” (ibid., p. 61).

10 Cfr. gli scontri nel primo periodo del matrimonio tra Adriano e Filomena: “Ed ora il rancore sepolto nella sua anima tenace [di Irene], rinasceva; e il timore che la nuora usurpasse il suo posto nella casa e la privasse di ogni ascendente sul figlio si complicava con le gelosie retrospettive della sua vita di moglie. [] Nel caso di suo figlio, la donna da bruciare non poteva essere, in quel tempo, che Filomena. Era lei la ipocrita, la svenevole, la viziosa… Viziosa!… E tutto questo perché avrebbe saputo ispirare al marito un affetto più tenero di quello che lei – la madre – si era intesa permettere!” (ibid., pp. 118-119).

11 Per unanalisi dei temi della seduttività femminile e della malattia nella narrativa scapigliata, in cui si inserisce perfettamente il personaggio di Marietta, dapprima rappresentata come femme fatale e poi progressivamente desessualizzata con laggravarsi della tisi, cfr. Curreri, 1992.

12 Tra gli esempi di rappresentazione di una convivenza more uxorio basterà ricordare i due romanzi La nuova Eva (1904) di Flavia Steno, che dedica una sezione alla quotidianità dei due amanti Violetta e Maurice, e Dopo il perdono (1905) di Matilde Serao.

13[Filomena] sarebbe andata subito a Milano coi suoi ragazzi e avrebbe rilevata la prima bottega che le si offriva. Adesso sapeva come si doveva condurre una bottega per farla rendere. Aveva avuto il tempo di impararlo. In fondo era un buon progetto il suo: a Milano i ragazzi avrebbero studiato meglio” (Sperani, 1887, p. 301).

14 La pièce Casa di bambola (1879) venne tradotta e allestita da Luigi Capuana tra il 1889 e il 1891, anno della sua prima rappresentazione a Milano. Per alcuni esempi di riscrittura della figura di Nora nella letteratura delle donne tra Otto e Novecento cfr. Iaconis, 2016.